Radicanto – Alle radici del canto (Visage Music, 2022)

Nel titolo del nuovo album, è chiara l’allusione alla scaturigine del nome adottato dalla band barese poco prima della soglia del nuovo millennio. Era il 1996, infatti, quando Giuseppe De Trizio e i compagni di viaggio d’allora si riproponevano in chiave originale le musiche tradizionali del sud Italia e dei Sud del mondo, riplasmandole in forma di canzone d’autore. Una continuità poetica che in poco meno di tre decenni ha messo sempre al centro della scena il lirismo, la ricerca su melodia e armonizzazione, ha puntato l’attenzione sul dettaglio derivante dalle procedure compositive improntate al ‘less is more’, che hanno accompagnato negli anni il suono del gruppo barese. Con “Alle radici del canto”, primo lavoro realizzato con l’etichetta Visage Music e che conta il contributo di Puglia Sounds, i Radicanto hanno prodotto un itinerario sentimentale, delineando una mappa di tesori che “ci appartengono”, “generi di conforto”, perché parte del vissuto musicale, delle influenze, dei punti fermi della tradizione orale ai quali si ritorna inevitabilmente perché imprescindibili: “La storia non smetterà mai di insegnarci il futuro”, è il motto che accompagna la loro filosofia sonora. Un disco accolto con interesse dalla critica internazionale che conta: il lavoro è entrato tanto nella World Music Chart Europe che nella Transglobal World Music Chart. Si disvela un compendio acustico a carattere diacronico in cui si rintracciano i “tòpoi della tradizione viva pugliese e del Mediterraneo”; le une accanto alle altre si succedono canzoni di autori e di voci dirompenti della ricerca e del folk revival meridionale e composizioni più recenti. Ne parliamo con Giuseppe De Trizio, compositore e arrangiatore, nonché frontman dell’ensemble.

Si rinnova lo sguardo d’autore verso la sponda sud a partire dalla Puglia: quale il senso comune di questo lavoro?
Questo è un album curato finemente dal punto di vista degli arrangiamenti, della ripresa dei suoni e del missaggio, ogni dettaglio è stato affrontato con la dedizione e la consapevolezza dei quasi ventisette anni di musica che accompagnano il percorso dei Radicanto. Il titolo stesso del lavoro discografico “Alle radici del canto” ne riporta la vestigia, ricordando la suggestione che ha dato origine al nome della band che, a ben vedere, rappresenta il suo manifesto artistico. È un CD maturo, consapevole e al tempo stesso leggero e solare, realizzato quasi in “surplace”, per come tutto si è collocato al posto giusto in modo naturale. Forte è la traccia della nostra “poietica”: micro melodie che concorrono a formare armonia, con una spiccata vocazione autoriale come riluce nei brani “Soj ciardine” e “’A devozione” in cui la tradizione è analizzata attraverso l’esercizio del pensiero storico e diventa pretesto per dire: una vera e propria filosofia del linguaggio e del pentagramma.

Quali fasi ha attraversato la fase di selezione e di composizione e arrangiamento?
Abbiamo realizzato un percorso geografico e sentimentale attraverso una raccolta di brani che “ci appartengono”, che fanno parte del nostro vissuto, per fascinazione e che hanno saputo rappresentare al meglio il senso del nostro viaggio: un omaggio e un costante ringraziamento alla vita per tutto quello che ci sta donando. Per poter ottenere la freschezza esecutiva, abbiamo inciso il nuovo lavoro con sessioni live in studio, su tracce separate, organizzando una registrazione delle esecuzioni in presa diretta su click, lavorando con cura per avere un suono perfetto, metronomico e in griglia come da marchio di qualità della band.  La struttura principale delle composizioni è la forma canzone, la ballata, fortemente incentrata sulla vocalità e sui timbri sia delle percussioni che degli strumenti a corda, fiato e a plettro. Al canto delle splendide voci di Maria Giaquinto, Raiz (ospite in “Tu sola”) e Nando Citarella (ospite in “’A Devozione), si sono unite le armonie affidate principalmente alla mia chitarra, alle parti tematiche e solistiche che
hanno visto protagonisti i timbri di Adolfo La Volpe (chitarra elettrica, bouzouki), i fiati di Claudio Carboni (sax), new entry della band, Giovanni Chiapparino (fisarmonica), Giorgio Vendola (basso e contrabbasso). I timbri percussivi sono stati affidati alle sapienti mani di Francesco De Palma. Stefano Saletti è ospite al saz in “Ebla”. 

Avete cercato di costruire un pensiero sonoro convergente? O avete lasciato che i brani si impossessassero di voi?
I brani si sono impossessati di noi attraverso il pensiero convergente che sottende all’identità dell’album. Desideravamo realizzare un disco di caratura internazionale per aprire una nuova stagione dei Radicanto, dopo anni di lunghe e fortunate tournée italiane desideriamo dare vita, suono e voce all’epopea internazionale della band: gli accadimenti ci stanno dando ragione. L’indagine culturale, filosofica e storiografica che ci ha portato ad immaginare il nuovo lavoro discografico “Alle radici del canto“ come il compimento della nostra musica, nasce dal motto che da sempre contraddistingue il viaggio musicale intrapreso: “La storia non smetterà mai di insegnarci il futuro”. Il percorso musicale scelto alimenta la principale caratteristica dei lavori discografici dei Radicanto, un percorso diacronico attraverso i tòpoi della tradizione viva pugliese e del Mediterraneo, pennellando canzone d’autore e polifonia, suoni acustici e digressioni narrative. Sguardi d’autore che superano ogni confine, storie non ufficiali, voci assolate, luoghi dell’anima, itinerari sonori. La ballata, la forma canzone, scelte come vettori, pretesti per raccontare le memorie di una terra che si fa frontiera ad ogni approdo. Il nostro viaggio musicale si propone di riportare alla luce suoni e storie di terra e di mare, attraverso la ricerca e la rielaborazione del patrimonio della tradizione popolare che da essi deriva. Canti di stagioni che si alternano in un incessante dialogo con la vita di uomini e donne che si muovono sui bordi, sui confini, in un tempo in cui la produzione culturale è l’unico antidoto alla discordia e alla guerra.

Come avvicinarsi ancora a capisaldi della tradizione poetica del Sud: Del Re, Salvatore e Balistreri?
L’ascolto della musica è ascolto interiore, ascolto dell’altro: luogo del dialogo e del confronto interculturale, sotto il segno della antica dottrina dell’ethos che nella Magna Grecia ha il suo naturale luogo di risonanza. La nostra ricerca del patrimonio delle culture musicali del Mediterraneo propone un ponte verso la valorizzazione delle pratiche e dei saperi identitari. Nel nostro quotidiano questo messaggio diviene dirompente attraverso “le voci” delle autrici e degli autori che ci stanno a cuore da Enzo Del Re a Matteo Salvatore per giungere a Rosa Balistreri: la strada della cultura, della bellezza quale antidoto alla separazione, al razzismo, all’assenza di senso civico ad un nuovo oscurantismo che avanza. Alla “caccia alle streghe” noi intendiamo opporre l’insegnamento di Gustav Mahler: “Coltivare la tradizione vuol dire alimentare un fuoco e non venerare le ceneri”.

In un lavoro precedente avete affrontato il canzoniere di un altro vostro conterraneo Modugno? Cosa ti ha colpito del Modugno, che metteva il suo sentire su motivi o su elementi della tradizione orale?
La nostra sensibilità artistica si unisce al prorompente dettato autoriale e melodico di Domenico Modugno, dall’uso del dialetto alla carica narrativa dei suoi guizzi teatrali, dalla collaborazione con Pasolini alle liriche di Pazzaglia. Dobbiamo molto a questo autore, infatti, sia il disco che lo spettacolo “Trapunto di stelle” continuano incessantemente a donarci grandi soddisfazioni che sono la testimonianza palpabile di quanto sia stato “immenso” questo artista. Il connubio con la poetica di Modugno, principia dalla passione per la musica d’autore e popolare: i suoi melismi riescono a far viaggiare la musica e la sua poetica frizzante unita ai nostri arrangiamenti carichi di pathos, conducono il suo repertorio attraverso le sponde
del Mediterraneo.  Le impennate vocali di Domenico Modugno celebrano la terra, il senso dello stare insieme, la lingua del mare, un racconto che si snoda tra la bellezza paesaggistica, la memoria storica e la forza evocativa, capace di produrre un forte impatto in cui suono, immagine e racconto si sviluppano attraverso sovrapposizioni e innesti, contrasti e chiaroscuri. Con i Radicanto su un tappeto di arrangiamenti preziosi in chiave “sudamericana”, realizziamo questo itinerario sonoro, spinti dal desiderio di amplificare la consapevolezza musicale regalataci dal maestro.

Non ti risparmi in progetti collaterali: uno è quello che ti ha coinvolto con Sarita, cantante italo-argentina. Ce ne parli?
Ho conosciuto Sarita, giovane e talentuosa cantante italo-argentina, proprio in occasione di un concerto dei Radicanto di omaggio a Domenico Modugno: abbiamo deciso di incontrarci per una prova casalinga spinti dalla nostra comune passione per il tango e, in generale, per il Sudamerica. Anche in questo caso con una semplicità e naturalezza incredibili sono nati gli arrangiamenti e la scaletta del nostro percorso musicale, abbiamo coinvolto i musicisti con cui lavoro stabilmente e che sanno dare suono alle mie digressioni musicali e sono nati un disco ed un concerto che non stento a definire “adamantini”. Il debut album è una rivelazione per chiunque ami la composizione d'autore e la world music. Edito dalla casa discografica Le Vele Egea Records e sostenuto dal contributo di Puglia Sounds, “A flor de piel” è il disco che rivela la straordinaria bravura di Sarita, che volge lo sguardo ai grandi del passato. Dovendo affrontare un repertorio importante – che si sposta da Armando Tejada Gómez a Federico García Lorca, da Simón Díaz a Tomás Méndez, dalla tradizione messicana a quella catalana – si è scelto di lavorare con cura a degli arrangiamenti armonici e melodici, in grado di esaltare la carica espressiva della voce di Sarita. Un disco “blue”, intenso, estatico, sempre in bilico tra jazz, raffinata canzone d’autore e world music, accostando timbri sonori e pastose evoluzioni accordali.  Il proposito di questo progetto è quello di omaggiare nel linguaggio della musica e dei ricordi, della nostalgia e della memoria storica, tutta quella comunità che oggi si ritrova a doversi confrontare e a dover condividere le medesime difficoltà culturali, legate ad un passato fatto di contaminazioni culturali, di influenze migratorie e di crescita sociale, nonché un futuro che deve basarsi sulla forza e sulla costante ricerca di affettuoso contatto nel passato.

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