Giovanna Marini – Te Deum per un amico (i dischi di Angelica, 2022)

Figura centrale del canto di protesta e della ricerca sul campo in ambito entomusicologico, Giovanna Marini ha segnato una lunga stagione musicale e politica in Italia, diventando una delle protagoniste della nostra storia culturale. Tuttavia, la relegarla unicamente allo stereotipo della folksinger con chitarra a tracolla alle prese con canti di lotta, significa non rendere giustizia alla sua multiforme personalità artistica. Sin dagli inizi della sua carriera, infatti, si è dedicata alla musica contemporanea, componendo musiche per il cinema e per il teatro, ma anche cantate, opere, poemi sinfonici e oratori. Una personalità indomita dal cuore e dal cuore ribelle, ma animata da una profonda umanità, approccio questo che permea il suo approccio allo studio e alla composizione nella quale trasfonde il suo lavoro di ricerca sul “canto naturale” del mondo contadino e le forme canore dei repertori paraliturgici della tradizione. Per la sua attività di compositrice ha raccolto grandi apprezzamenti in Europa ed in particolare in Francia, contrariamente a quanto accade nella sua distratta Italia dove la sua fama è riduttivamente legata al "decennio caldo" della contestazione. Fortunatamente, in Italia esistono delle isole felici come il Festival AngelicA che, da lungo tempo, rappresentano importanti baluardi di resistenza culturale in ambito musicale e proprio quest’ultimo, sin dal 1991, ha ospitato Giovanna Marini più volte all’interno della sua illuminata programmazione, dando vita anche ad una importante collaborazione con il Coro Arcanto sotto la direzione di Giovanna Giovannini. Negli anni, infatti, sono stati portanti in scena il concerto sulle “Musiche di scena” con brani tratti da “Troiane” di Euripide, “Orestea” di Eschilo, composta per lo spettacolo di Thierry Salmon, e “Turcs tal Friül” di Pasolini nel 2004, oltre alle prime assolute come “Dentro e fuori al Pentagramma” e “Le ceneri di Gramsci” nel 2005, quest’ultimo realizzato in occasione del Trentesimo anniversario dalla scomparsa di Pier Paolo Pasolini e portato in scena il 2 novembre 2005 con la messa in scena curata da Luisa Grosso e Giuseppe Bertolucci. Lavorando fianco a fianco con il regista parmigiano, prese vita l’idea di comporre una cantata liberamente ispirata al libro “Dialoghi delle Carmelitane” di Georges Bernanos (1888-1948), dal quale fu tratto il libretto per l’opera composta da Francis Poulenc nel 1953 e successivamente il film omonimo del 1960 con Jeanne Moreau e Alida Valli. Ambientato nel luglio 1794, durante il regime del Terrore, il racconto ripercorre le vicende di sedici religiose francesi, note come le "martiri di Compiègne", che si erano rifiutate di rinunciare ai loro voti. A colpire Giovanna Marini erano i risvolti antropologici e sociali che l’autore aveva inserito nella sua opera, mettendo in luce le divisioni sociali e di classe nel descrivere lo scontro che si consuma, all’interno del microcosmo del convento, tra Constance, la monaca di estrazione contadina, e Blanche, la nobile, mentre sullo sfondo il mondo esterno stava per essere travolto dalla Rivoluzione Francese. Alla morte della superiora, le suore scelgono come loro guida una consorella di famiglia contadina, segno evidente di un cambiamento radicale dei tempi. Sull’onda emotiva per la morte di Giuseppe Bertolucci al quale era legata da grande amicizia e stima, Giovanna Marini ha ripreso in mano il progetto di riattualizzare l’opera di Bernanos, ma il lavoro ben presto si è indirizzato in maniera ancor più decisa verso la contemporaneità con il dramma dei migranti che attraversano il Mediterraneo alla ricerca di un futuro migliore trovandovi la morte, la pandemia e la guerra. Da una lunga ed articolata gestazione, ha preso vita “Te Deum per un amico”, cantata sacra a tema profano in tre quadri, dedicata a Giuseppe Bertolucci, per 3 voci femminili, coro di bambini, coro femminile, due cori misti, portato in scena per la prima volta nel 2015 dal Coro Arcanto, diretto da Giovanna Giovannini, i Cori Stella e San Giorgio e un gruppo di voci bianche. Nel 2015, Giovanna Marini scriveva: “Mi è venuta voglia di cantare questo: l’avvicendarsi di mutamenti, tempi, segmenti di vite umane, in situazioni che ormai dovremmo tutti conoscere o meglio riconoscere, ma per noi sempre nuove, terribili, e siamo incapaci di affrontarle con il giusto atteggiamento mentale, evitando eccessi, angosce, forse dovrei dire “Facendo ricorso a un po’ di buon senso”, ma questo è veramente troppo meschino rispetto all’importanza degli eventi”. L’opera è stata riproposta durante l’edizione 2018-2019 del festival e, tra il 4 e il 5 aprile 2019, si sono tenute le sessions di registrazione del disco presso il Centro di Ricerca Musicale/Teatro San Leonardo, con la produzione di Massimo Simonini. A distanza di due anni, finalmente l’album ha visto la luce, accompagnato da un corposo booklet di quaranta pagine che riporta il testo integrale del libretto, oltre a foto e note di copertina. L’ascolto ci svela un’opera di struggente intensità, da ascoltare con grande attenzione cogliendone ogni dettaglio, ogni cluster di voci, ogni ricercatezza timbrica e melodica, e in parallelo seguire l’intreccio narrativo in cui ai dialoghi delle religiose nel convento, fanno da contraltare i canti popolari provenienti dalla piazza, tra canti di lavoro e canti di lotta. Si attraversano epoche, stili musicali e vocali dalla musica liturgica all’opera lirica, ma anche linguaggi differenti con il testo che mescola latino, francese e italiano, il tutto magistralmente orchestrato in un flusso emotivo di grande impatto. Il finale è svelato dalla stessa Giovanna Marini nelle note di copertina: “Solo sul finale le donne, le monache dei Dialoghi delle Carmelitane tornano ad essere protagoniste andando insieme a morire, raffigurando in modo poetico la fine del vecchio mondo. Questa immagine chiude la Cantata perché in fondo parla di un sacrificio (….) Trovo interessante delle Carmelitane proprio la discussione fra Blanche (nobile) e Constance (contadina) sull’idea di quest'ultima che si può morire per far vivere qualcun'altro ed è proprio l'immagine del nostro momento, sentiamo di morire e daremo vita a quelli che vengono e sono per ora i derelitti”. Insomma “Te Deum per un amico” è uno dei vertici compositivi delle opere di musica contemporanea di Giovanna Marini, non solo per la profondità del tema trattato e il sostrato storico-culturale che la caratterizza, ma per la cura della scrittura rappresenta il più alto e compiuto esempio di osmosi tra la musica colta e quella legata alla tradizione popolare. 


Salvatore Esposito

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