Paolo Marrone, Massimo Germini – E invece non finisce mai (Logo/Self, 2022)

Paolo Marrone e Massimo Germini incontrano la canzone d’autore di Roberto Vecchioni. 

Vivono entrambi a Milano, ma fino alla primavera scorsa si erano incontrati di rado; si erano già scambiati i numeri di telefono in qualche occasione che non riescono a ricordare, ma se ne sono accorti solo quando se li sono scambiati di nuovo sul Messenger di Facebook; li accomuna l’amore per la canzone d’autore e per Roberto Vecchioni, in particolare, al quale hanno dedicato un omaggio con tredici ballad, dal titolo: “E invece non finisce mai…”; uno le canta con timbro di voce intimo e profondo, l’altro le suona con maestria e lo fa da un tempo infinito, perché è il chitarrista storico proprio del cantautore milanese; uno è Paolo Marrone, cantautore e frontman del gruppo foggiano Favonio, l’altro è Massimo Germini,  musicista, compositore e produttore che ha collaborato con l’universo mondo. È la prima volta che degli artisti scelgono di realizzare un tributo per Vecchioni; Blogfoolk ha cercato di scoprire i segreti di questo progetto.

Pur essendo a tutti gli effetti uno dei “padri” della canzone d’autore italiana e uno dei cantautori storici più noti e amati, sembra proprio che questa sia la prima volta che viene realizzato un disco omaggio a Roberto Vecchioni. Come vi spiegate questa strana anomalia?
Massimo Germini - Penso dipenda dal fatto che Vecchioni nelle sue canzoni è estremamente autobiografico.
Paolo Marrone -
E poi, probabilmente, si è più propensi ad affrontare il repertorio di autori o cantanti non più in vita con l’obiettivo di tributarne l’arte.  L’omaggio a Roberto Vecchioni, in questo caso, è invece conseguenza della mia necessità personale di cantare questi brani. 

E come è nata questa necessità, questa idea?
Massimo Germini -  L’idea è appunto di Paolo. Quando sono andato la prima volta a casa sua con la chitarra e abbiamo cominciato a provare, ho pensato fosse un’ottima idea!
Paolo Marrone -  Tutto è nato durante un piccolo viaggio in giornata: andata e ritorno Milano/Mantova - a marzo di quest’anno - con il mio cane Muffin. Quella mattina sono entrato in macchina, ho collegato il cellulare e messo in modalità “casuale” l’ascolto dei brani di Vecchioni. Per sintetizzare, dopo quattro ore circa d’ascolto ininterrotto, sono tornato a casa e ho sentito il desiderio smisurato di realizzare un album monografico. La sera stessa ho mandato un messaggio a Massimo Germini dicendogli che avrei voluto parlargli di un progetto… Non avevo un “piano B”: questo disco l’avrei realizzato esclusivamente con lui, perché la mia volontà era vivere questi brani in totale pienezza, e Massimo Germini era l’unico in grado di trasmettere tutta la conoscenza e tutto l’amore delle canzoni realizzate.

A Massimo in particolare chiedo che effetto ti fa suonare queste stesse canzoni con qualcun altro che non sia l’autore. Hai scoperto qualcosa di “nuovo” che non ti aspettavi?
Massimo Germini -
 È stata una bellissima esperienza, sia dal punto di vista artistico che da quello umano: tra noi c’è stata fin da subito intesa. Ho dovuto riadattare tutti i brani: Paolo ha un vocione che non credevo così profondo…

Avete scelto una linea di arrangiamento molto scarna ed essenziale. Perché?
Massimo Germini - Quando una canzone è bella - e qua abbiamo tredici perle - non serve costruirci cattedrali sopra. Del resto, anche Gaber diceva che sperava sempre che l’arrangiatore di turno non rovinasse la magia del “chitarra e voce”. Io adoro l’essenzialità e con Paolo ci siamo trovati perfettamente in sintonia.
Paolo Marrone - È vero, la volontà era mettere in risalto la completa armonia che esiste fra melodia e parole: è stato un lavoro di sottrazione, certamente aiutati dalla scrittura sublime di ogni singola canzone. 

Quali sono stati i criteri di selezione delle canzoni? Cosa cercavate?
Paolo Marrone - Ho proposto a Massimo una selezione di venti, venticinque canzoni incentrate sull’amore, declinato in tutte le sue forme. L’amore raccontato da Vecchioni non è mai banale e soprattutto non ha barriere di alcun tipo; da sentimento si eleva a valore universale.
Massimo Germini - … e alla fine abbiamo scelto quelle che ci emozionavano di più; è stata una scelta difficile, ma piacevole.

E come avete scelto il titolo del disco?
Massimo Germini -  La copertina e il titolo con il conseguente brano sono state le condizioni di partenza di Paolo: prendere o lasciare (scherzo)!
Paolo Marrone -  “E invece non finisce mai” era un brano che non conoscevo, e nel significato stesso del titolo si riassume tutto: l’unico mezzo che abbiamo per affrontare la vita è l’amore che, nonostante tutto, esiste e resiste… non finisce mai.

La copertina, realizzata dal fotografo Renzo Chiesa, non rappresenta solo un volto molto particolare di uomo; è anche un volto che fa pensare - a chi è nato e vive altrove, ma conosce la città e ha vissuto a livello culturale certe atmosfere, passando da Gaber a Dino Buzzati - a una certa Milano. Così come ovviamente fa pensare a Milano lo stesso Vecchioni. In quasi tutte queste canzoni si canta l’amore, è vero, ma lo si canta pensando “in milanese”. O magari sbaglio totalmente?
Massimo Germini -  Sono assolutamente d’accordo. Sia io che Vecchioni siamo molto legati alla nostra città e ne abbiamo parlato spessissimo. Lui poi ha vissuto la Milano fantastica degli anni Sessanta, quella di Fo, Gaber, Jannacci, Cochi e Renato, quella del Derby e delle sale di registrazione sparse ovunque, eccetera… Paolo è foggiano ma gli voglio bene lo stesso!
Paolo Marrone - La foto di Renzo Chiesa “racconta” il valore dei segni del tempo e dell’ambiente tipicamente legato a Milano e fa parte di una serie di ritratti scattati per strada a gente comune, una ventina d’anni fa. Ho ritenuto che potesse rappresentare al meglio questo lavoro… e naturalmente ho condiviso con Massimo la mia scelta. 
Per quanto riguarda i testi delle canzoni che abbiamo scelto, a parte “Luci a San Siro”, io però trovo che siano descritte situazioni nelle quali tutti si possano ritrovare, senza riferimenti particolari a Milano, alle sue abitudini o ai suoi luoghi… ma è vero che sono foggiano: da “milanese acquisito” potrei sbagliarmi. 

Il vostro è stato un incontro particolare. Avete intenzione di andare avanti? Immaginate nuove collaborazioni?
Paolo Marrone - Con Massimo è nata una bellissima amicizia, ci fa piacere passare momenti insieme anche al di fuori del tempo che dedichiamo alla musica, e questo potrebbe facilitare la realizzazione di altri progetti.
Massimo Germini -  Sì, è vero e ne abbiamo parlato: ne sarei felice.

Vecchioni è ancora in attività, così come molti altri cantautori italiani, da De Gregori a Paolo Conte. È di qualche giorno la notizia di un nuovo disco di Francesco Guccini, che a suo tempo si era ritirato. Per quanto a livello di popolarità non sembra esserci stato mai un avvicendamento con loro, noi sappiamo che esiste un grande fervore underground. Voi pensate che siano solo rantoli o invece sperate in un futuro per la  musica d’autore?
Paolo Marrone - La canzone d’autore, a partire dagli anni ’50, si è espressa in varie forme con sorti alterne; la “popolarità” non è certo mai stata una sua prerogativa, ma una conseguenza, così come lo è
stata per i cosiddetti “Cantautori”. La funzione e la fruizione della musica sono cambiate radicalmente negli ultimi anni, così come la “popolarità”, che ora arriva con criteri differenti, legati ad una divulgazione omologata a mode e suoni distanti dalla canzone d’autore. Ritengo però che la canzone d’autore continuerà ad esistere a prescindere dalla risonanza mediatica che potrà avere.
Massimo Germini -  A me in realtà sembra che la musica vada altrove, che stia cambiando tutto, grammatica compresa. Ciò non toglie che esistano cantautori e cantautrici  bravissimi e bravissime, e a tutti loro auguro di raccogliere i successi che meritano.

E per voi che cosa è una canzone d’autore?
Paolo Marrone - Per me è uno stato d’animo, è una canzone legata all’approccio con la musica e con la vita stessa: non si possono scindere questi elementi. La musica è l’espressione di chi la fa, di come la fa, di come la condivide sul palco e fuori dal palco. 
Massimo Germini -  Per me ha rappresentato tantissimo. Ci sono canzoni che mi commuovono fino alle lacrime, che stimolano la mia indignazione, che si “guardano” come un film e potrei andare avanti all’infinito… una cosa l’ho imparata: se l’operazione è autentica, abbiamo a che fare con un prodotto artistico e quindi con una canzone d’autore.

Se ora vi trovaste di fronte Roberto Vecchioni a domandarvi: “perché l’avete fatto?” come rispondereste? O magari, Massimo, è già accaduto?
Paolo Marrone - Io gli direi che in realtà questi brani li ha scritti per me! (È una bugia: non glielo direi mai… però mia madre che ha 84 anni, all’ascolto di questo disco mi ha detto che Vecchioni le aveva scritte per me, ed io chi sono per contraddire mia madre…?!). 
Massimo Germini -  Quando ho consegnato il cd a Vecchioni e presentato il progetto come un omaggio a un grande cantautore, lui laconicamente mi ha detto: “…e io sono contento.”


Paolo Marrone, Massimo Germini – E invece non finisce mai (Logo/Self, 2022)
In questo nuovo album, nato dalla collaborazione tra Paolo Marrone e Massimo Germini, intorno alle canzoni di Roberto Vecchioni, ci sono alcuni discorsi sussurrati tra le parole e gli accordi, tra la voce e le corde. È importante provare a intercettarli e decifrarli, perché sono il valore aggiunto di questa operazione, magari anche nell’inconsapevolezza degli stessi autori. Ma prima di affrontarli va senza dubbio detto tutto quello che c’è di chiaro, voluto e cercato: si tratta di un lavoro davvero elegante, in alcuni momenti timido come certa bellezza riservata; è un album che non annoia un secondo e che si ascolta con reale gusto e piacere. È, infine, un progetto che di certo può essere gradito anche da chi conosce relativamente la musica e le poetiche di Roberto Vecchioni. Altro passaggio di un’evidenza lineare e chiara è che si tratta di due viaggi: innanzitutto il breve viaggio che Paolo Marrone ha fatto un giorno con le canzoni del cantautore lombardo in macchina, grazie a Spotify o a qualche altra piattaforma digitale assassina (anche chi scrive, sia chiaro, si fa uccidere ogni giorno da questi strumenti di fruizione pericolosissimi) e che gli hanno fatto capire quanto gli fosse necessario ricantarle e farle suonare da Germini, chitarrista storico dello stesso Vecchioni;  e poi il lungo viaggio nel tempo del tema dell’amore – immaginato in tutte le sue forme – nel racconto musicale del Professore più noto e amato del panorama della musica d’autore in Italia.  Marrone e Germini hanno scelto appunto di attraversare la lunga carriera di Vecchioni tirando fuori dal mazzo tredici ballate, tredici perle, nella maggior parte dei casi niente affatto scontate. Lo hanno fatto mostrando l’anima di ognuna di loro, con arrangiamenti essenziali e la voce profonda - e delicata allo stesso tempo - di Marrone (una sua dote specifica niente affatto scontata). Voce e chitarra insomma (e che chitarra!) per favorire l’ascolto. L’ascolto delle parole e di quei discorsi sussurrati a cui prima si faceva cenno. Il primo riguarda ancora una volta il senso delle cover – che in certi casi, come questo, risulta una brutta parola – e quale debba essere il loro scopo. Senza addentrarci nella annosa questione, nel caso specifico l’interpretazione di Paolo Marrone, la nuova voce e la nuova lettura musicale di questi brani, aiutano a riscoprirli nella loro essenza. Se ci pensiamo infatti, qual è il miracolo di una canzone, cosa ne decreta il successo? L’insieme di parole, musica, arrangiamento e… voce! La voce dei nostri beniamini ci crea il primo immediato benessere epidermico, essenziale; chi ama Guccini, tanto per fare un nome, lo amerebbe pure se cantasse l’elenco della spesa. Una nuova versione di un brano, cantata e riarrangiata, invece, dovrebbe come prima cosa far scoprire la canzone: “Luci a San Siro”, per esempio, evoca immediatamente il viso di Vecchioni: provate a sentire la versione di Marrone e Germini e vi accorgerete che era tanto tanto tempo che non ne ricordavate il senso. Questo non è scontato in una cover, quasi mai, perché spesso le cover sono al servizio di chi le fa e non della canzone stessa. Il capolavoro di questo disco è invece dare tutto lo spazio alle parole e alla melodia che con loro si accompagna (e non che le accompagna!); e poi c’è un altro sussurro che pare essere riconoscibile o che perlomeno chi scrive questa recensione si ostina a ritrovare ad ogni ascolto: è Milano. C’è una canzone molto bella e intelligente - una canzone scritta in italiano come quelle di Vecchioni - che Piero Brega dedica alla sua Roma, che dice: “città, che porto nella voce, nella cadenza del parlare, quindi nel modo di ragionare”; in questo esatto senso, che riguarda tutti noi, Roberto Vecchioni ragiona e ama da milanese e permette anche a noi di penetrarne il mistero; questi tredici brani hanno questo linguaggio, questa cadenza, questo incedere, questa idea insita anche loro malgrado; ed è la prima volta che chi scrive se ne accorge ascoltandole, “distratta” altrimenti dal timbro familiare del loro autore. Per questo vale la pena salire in macchina per un nuovo viaggio e mettere “… E invece non finisce mai”, per poi subito dopo andare a ritrovare le versioni originali del maestro Vecchioni e scoprire come le cose belle possono essere lette, guardate, sognate, toccate in tanti modi diversi, uno più affascinante dell’altro.


Elisabetta Malantrucco

Foto 1-4 di Renzo Chiesa e foto 5-6 di Paolo Boriani

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