Festival Ethnos, XXVII edizione, Comuni Vesuviani (Napoli), dal 9 Settembre al 3 novembre 2022

Consueta finestra aperta sulle musiche del mondo, neppure quest’anno il Festival Ethnos, che ha spento la ventisettesima candelina, ha deluso le aspettative di un ampio pubblico di cultori della world music che hanno la fortuna di assistere a concerti nelle storiche ville vesuviane. Organizzato da La Bazzarra, sotto la direzione artistica di Gigi Di Luca, il Festival si svolge con il sostegno della Regione Campania e del Comune di San Giorgio a Cremano, in collaborazione con le amministrazioni locali di Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata, la Fondazione Ente Ville Vesuviane e il Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dallo scorso anno è finanziato dal Ministero della Cultura (FUS) e ciò ha reso necessario predisporre un ingresso a pagamento con prezzi che sono stati mantenuti davvero molto contenuti. 


Inaugurazione a Villa Vannucchi, a San Giorgio a Cremano (9 settembre), con le polifonie occitane dei San Salvador o “coro popolare del Massiccio Centrale”, come amano definirsi. Voci a più parti, alto tasso ritmico portato da vocalese, tamburi e battito delle mani. Il sestetto trasfigura i repertori locali, è eredità e creazione (non esiste tradizionalmente una radicata di polivocalità nella loro area elettiva), trance e vigore di impronta punk. A guidare il combo è Gabriel Durif (figlio d’arte: suo padre Olivier è stato uno dei paladini del primo folk revival dell’Esagono). Polifonie eretiche ed eterodosse che sono entrate nel loro magnifico disco d’esordio, “La grande folie”. I corréziens raccontano di ritualità, di guerre e di storie di povera gente. Nell’intenso “La Liseta” – la brutale vicenda omicida narrata nel canto conosciuto in Italia come “I tre capitani” – raggiugono l’apice con un lungo tema potente e cangiante, tra pianissimo e crescendo, tra esplosioni ritmiche, armonizzazioni e parti soliste, con emissioni e articolazioni canore che rimandano a differenti espressioni polivocali di tradizione orale ma non solo. Il sortilegio è compiuto, ma c’è tempo anche per un bis nel quale traspongono anche le terzine di Dante dal “Canto di Ulisse”. 
Altro scenario (10 settembre), Villa Parnaso di Torre Annunziata, per l’esibizione di Ana Carla Maza. Il suo è sapiente intreccio di suoni e stili che sono il portato delle sue origini e del suo vissuto: il Cile del padre, Cuba, dov’è nata, Parigi, dove ha studiato, Barcellona, dove vive. Le corde del violoncello, sono sfregate, pizzicate e percosse, Ana Carla canta e suona, combinando con raffinatezza, sensibilità e perfvino un’ammiccante comunicativa classicismo e danzanti passeggiate per L’Avana (“Bahia”, il suo più recente album non è la città brasiliana ma il quartiere della capitale cubana dove ha trascorso l’infanzia), attraversa le Ande a ritmo di huayno e chácara, incontra il tango, il jazz, chanson francese e ti invita a “Tomar cafè”. Il pubblico apprezza con convinzione la sua verve e il suo ampio orizzonte compositivo. In un certo senso l’onda latino-americana ha pervaso questa edizione di Ethnos, perché nella leopardiana Villa delle Ginestre (Torre del Greco, 11 settembre) Alessandro D’Alessandro e il suo organetto preparato che si avvale anche dell’elettronica nella sua esplorazione di celebri “Canzoni”, trova sponda nella voce duttile della siciliana-catalana Margherita Abita, partner con cui fa viaggiare anche lungo coordinate ispaniche. 
Da uomo di teatro Gigi Di Luca ha voluto che sul palco sul mare di Villa Favorita (16 settembre) andasse in scena “Appassionata”, un reading teatrale-musicale che è in sé un altro viaggio (coprodotto con il Festival Adriatico Mediterraneo, diretto da Giovanni Seneca), tra parole e musica che attraversa tempi e luoghi mediterranei con il contributo musicale dello stesso Seneca (chitarra classica e chitarre battente), Mario Crispi (fiati etnici) e Francesco Savoretti (percussioni). Ethnos sa sorprendere il suo pubblico attento e fidelizzato: erano tanti al pomeriggio inoltrato del 17 settembre nelle Fonderie di Villa Bruno per la performance per solo kouxian (scacciapensieri) e in alcuni temi per solo hulusi (un flauto composto da un risuonatore di zucca e canne di bambù) di Wang Li, cinese di Tsinghao, residente in Francia, vorticoso virtuoso solista e visionario dello strumento a bocca. Si è trattata di un’esibizione fascinosa e sbalorditiva per l’abilità del musicista di sfruttare riverberi, risonanze ed armonici. E il pubblico rapito da tanta abilità lo ha generosamente richiamato tre volte in scena. La serata ha ospitato a Villa Vannucchi, la finale di Ethnos Generazioni, un concorso che si divide in tre sezioni (Musica, Teatro e 
Danza) riservato agli artisti under 35, che nella propria creatività si ispirano al dialogo interculturale, alla sperimentazione alla contaminazione. La serata musicale ha visto il successo dei Brigan, trio acustico-elettronico non di primo pelo, che già si è fatto strada, anche discograficamente. Francesco di Cristofaro (voce, flauti, gaita e fisarmonica), Gabriele Tinto (percussioni), Andrea Laudante (elettronica, synth) hanno pienamente convinto la giuria per la loro solida proposta live. Il loro sound attinge alle tradizioni popolari (atellane e iberiche), ma dialoga con l’improvvisazione e con un uso mirato e mai pervasivo dell’elettronica. 


Di grande interesse anche le altre due proposte del contest (i finalisti sono stati scelti tra una trentina di proposte pervenute alla direzione artistiche e selezionate da una giuria). Il duo femminile Racines (Rokeya e Anissa) frulla elettronica e canto in un dialogo tra ritmiche dance e voci che richiamano le diverse sponde mediterranee. Un amalgama che merita di essere un po’ asciugato per acquisire una direzione più sicura sempre con la barra sulla rotta del mare nostrum. Si intitola “Piedi ‘n terra, Musica meccanica di tradizione orale”, il concertino di Hiram Salsano, voce-strumento, credibile per formazione e studio della danza e delle espressioni musicali tradizionali dell’entroterra napoletano e dell’area cilentana. Interazione tra canto, loop, fiati e tamburi a cornice, quella di Hiram è una creatività che mantiene fortemente il legame con la madre terra, sebbene anche per Salsano si avverte la necessità di affinare la massa sonora che prende forma usando le macchine. Dopo la premiazione dei vincitori Brigan, sono entrati in scena gli argentini Aguamadera: Marco Grancelli (voce e chitarra), María Cabral (voce, cuatro venezuelano) e Vanesa Garcia (percussioni), che hanno presentato l’album “Las historias que han dejado”,
registrato a Buenos Aires sotto la direzione artistica di Elizabeth Morris. Un programma che spazia tra espressioni popolari come chacarera, zamba, huayno, joropo e valzer peruviano. Vivaci, leggeri ma espressivi e consapevoli dei propri mezzi: vedremo Aguamadera con piacere a Lisbona agli showcase del WOMEX. Sempre a Villa Vannucchi molto atteso il concerto della cantante di origini capoverdiane Carmen Souza. Un viaggio raffinato nel vasto arcipelago sonoro lusofono, un mélange dove affiorano gli stili batuke, morna, samba che flirtano con jazz e soul. Decisivo l’apporto del direttore musicale, il bassista portoghese Theo Pascal e notevole per rigore e inventiva pure il batterista mozambicano Elias Kacomanolis. Non ha certo bisogno di dare conferme Maria Mazzotta, che nel giardino segreto della Reggia di Portici (23 settembre) si è esibita in quartetto, con il fido fisarmonicista messinese Antonino De Luca che intaglia le melodie con il suo mantice e i due “guastatori”: il chitarrista Ernesto Nobili e il percussionista Cristiano Della Monica. Si vira verso un folk più ardito e aspro che incrocia le sonorità post-rock che si infrangono sulla cifra appassionata della cantante leccese. Mazzotta regala emozioni con il repertorio che proviene dal
fortunato e collaudato album “Amoreamaro”, poetica riflessione sui volti dell’amore femminile che ha conquistato molte piazze concertistiche europee. Intimismo e pathos, pizziche (Pizzica di San Vito”), canti d’autore (“Lu pisci spada” di Modugno) e poetica dei sunettë garganici, rivisitati da Roberto De Simone (“Marinaresca”, contenuto in “Quant'è bello lu murire acciso”). Il 24 settembre a San Giorgio a Cremano si è esibita Oumou Sangaré in un concerto in cui ha ripreso il suo recente lavoro “Timbuktu”, confermando la maestosità della diva maliana. Fasciata da un elegante abito azzurro, Sangaré è accompagnata da Abou Diarra al kamelengoni, le coriste Emma Lamadji e Kandy Guira, Julien Pestre alla chitarra, Elise Blanchard al basso, Michee Luc Dibo alla batteria e Alexander Millet alle tastiere. Scorre la scaletta del suo nuovo grande album: ecco “Sarama”, brano che ha lanciato l’album, “Gniani Sara”, canzone sul ruolo delle donne, “Kanou”, Sabou Dogoné” e, infine, “Yala”. Canta in bambara, ma comunica sia nei momenti più intimisti, privati e ancestrali che ci riportano ai suoi luoghi natii nella regione del Wassoulou, sia in quelli più prodighi di consigli per l’emancipazione delle donne maliane o
che sono l’urlo sofferto contro la guerra che martoria il suo paese. Perfetta combinazione tra strumenti elettrici e l’arpa-liuto, la voce di Oumou trova sponda nella risposta del coro, mentre le tastiere pennellano passaggi funky e la chitarra assume sfumature rock. In definitiva, una gran serata. Il 2 ottobre, sempre a San Giorgio, si sono svolte le finali della categoria danza di Ethnos GenerAzioni con il doppio spettacolo di Movimento Danza e Compagnia Tarantarte.  Ethnos 2022 si estende fino a novembre con il ritorno, dopo alcuni anni, della sezione “Ethnos per le scuole”, parte espressiva della rassegna, “rivolta ai giovani per sensibilizzare le nuove generazioni”, dice Di Luca, che sottolinea come si avverta “una crisi di ricambio generazionale di pubblico. L’interesse è avvicinare i giovani alla politica culturale del festival (diversità culturale, intercultura). I concerti non si tengono al mattino nelle scuole, ma di sera, preceduti da un incontro tra studenti e artisti, affinché gli studenti possano venire nel luogo dei concerti, che sono aperti al pubblico più maturo per vedere come avviene realmente un concerto”. Il primo appuntamento si è tenuto il 13 ottobre, sempre a San Giorgio, con Café Loti, viaggio tra lingua sabir, tradizione campana e musica iraniana. Attenzione rivolta al collaudato incontro tra musica popolare e musica ebraica generato da Raiz e Radicanto (il 3 novembre) nella stessa cittadina vesuviana. Ma non finisce qui, perché, intanto Di Luca sta progettando una più ampia sezione invernale dedicata alle scuole della provincia di Napoli. Restate in sintonia: www.festivalethnos.it.


Ciro De Rosa
Foto di Pino Miraglia per gentile concessione di Festival Ethnos

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