Erlend Apneseth – Nova (Hubro, 2022)

"Il violino Hardanger è tradizionalmente uno strumento solista. Per me, una delle cose più affascinanti di questo strumento è la sua capacità di riempire da solo di suoni tutto lo spazio. Anche se negli ultimi anni ho lavorato in ambito elettro-acustico, non ho mai abbandonato l'approccio acustico al violino Hardanger, e ora sentivo che fosse arrivato il momento di fare di nuovo qualcosa da solo"
. Con queste parole Erlend Apneseth ha commentato le registrazioni effettuate con Fridjof A. Lindeman ad Agosto 2020 e ad aprile 2021 in un luogo molto particolare di Oslo, il mausoleo dedicato a Emanuel Vigeland in Grimelundsveien 8. Lo stesso violinista, insieme a Stephan Meidell e Øyvind Hegg-Lunde, si è preso cura a gennaio 2022 del missaggio del nuovo album solista che è stato pubblicato a nove anni di distanza dal precedente disco da solo (“Blikkspor”) e a due dall’ultimo album in gruppo, “Fragmentarium”. “Nova” si apre chiedendo silenzio a chi ascolta, facendo percepire in lontananza il soffio del vento e le onde del mare; e poi forse mani che si sfregano fra loro; e ancora un rumore di passi che risuonano in uno spazio chiuso e ampio, le serrature di una porta che si muovono e finalmente il violino che, in modo rarefatto e luminoso, percorre per oltre cinque minuti “Ly”, un lyarslått (brano d’ascolto) che rimanda a Sigurd Eldegard (1893-1963), discendente di una famiglia di musicisti tradizionali di Årdal, fra i violinisti che hanno lasciato un segno e composizioni di rilievo nella prima metà del XX secolo norvegese. Un’apertura che rimanda a un violinista tutt’altro che lirico, conosciuto soprattutto per l’intensità del suo suono e la destrezza nello spiccato (ripresa da Apneseth in “Framand”) che gli consentiva di imprimere alle melodie uno speciale soffio, un senso d’ariosità. Si tratta di una scelta mirata che prelude all’attenzione per i timbri e anche per le sonorità inconsuete dello strumento che caratterizza tutte le registrazioni. Gli altri nove brani dell’album sono tutti frutto della penna, anzi, soprattutto dell’archetto di Erlend Apneseth, e sono tutti più brevi, fra uno e quattro minuti. Tutti i primi cinque brani ripartono dall’ecologia acustica che caratterizza l’apertura del primo. Nel caso di “Fall” e “Speglingar” si tratta di un’occasione per farne scaturire innumerevoli dialoghi e variazioni sonore prodotte dal pizzicato che mette in evidenza la differenza nel violino Hardanger fra le quattro corde che vengono suonate come sul violino classico e le restanti cinque (sottocorde o corde di simpatia) che, in genere, entrano in risonanza acustica a partire da quanto viene suonato sulle altre quattro. In altri brani, come “Skuggespel”, dedicata all’ombra, e in “Bestemor Bremen”, la musica sfrutta appieno la potenza melodica dello strumento e la capacità di generare armonici e dinamiche di volume che sembrano dilatare a piacere lo spazio sonoro. Apneseth considera “Nova” come “l’album più personale che ho realizzato finora. La maggior parte dei titoli riflette quindi la mia vita. Il suono della stanza conferisce al tutto un carattere quasi cosmico, una sensazione di levitazione o di essere in un’altra sfera. Per me ‘Nova’ è innanzitutto un simbolo dell'essere umano. In Cina le chiamano stelle ospiti: piccole luci appena sorte nel cielo notturno, visibili per un breve periodo, che poi si ritirano nella loro forma originale. Inoltre, dalle mie parti ‘Nova’ è il termine che indica la cima di una montagna, e anche gli angoli che uniscono la casa di legno in cui vivo"


Alessio Surian

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