Tom Zé – Língua Brasileira (Sesc, 2022)

Viene da lontano questo nuovo album di Tom Zé, appena uscito a cinque anni di distanza da “Sem Você Não A”. Il compositore e cantante aveva già composto la canzone che dà il titolo al nuovo lavoro per l’album “‘Imprensa Cantada” (2003) e, a inizio del 2018, ne aveva presentato in una versione acustica e domestica, dal suo appartamento al decimo piano di un grattacielo di São Paulo. Nel frattempo, attraverso la collaborazione per i testi con Elifas Andreato, sono maturate altre dieci canzoni, nate inizialmente per uno spettacolo teatrale diretto da Felipe Hirsch, previsto per inizio 2020 e poi presentato a gennaio di quest’anno nel teatro Sesc Consolação di São Paulo con il Coletivo Ultralíricos (Amanda Lyra, Danilo Grangheia, Georgette Fadel, Laís Lacorte, Pascoal da Conceição e Rodrigo Bolzan), attivo dal 2013. Non a caso Hirsch è il direttore artistico dell’album, prodotto da Daniel Ganjaman e Daniel Maia. Rispetto al portoghese “europeo” che accentua le consonanti, con “Língua Brasileira” Tom Zé mette in rilievo il carattere indigeno e africano (in particolare quimbundo) della lingua brasiliana, che privilegia le vocali, e intreccia la sua poetica con le ricerche del linguista Caetano Galindo, dell’antropologo Viveiros de Castro, dell’etnolinguista Yeda Pessoa de Castro e di Eduardo Navarro, studioso della lingua Tupi. L’album si apre con “Hy-Brasil Terra Sem Mal”, collegando i Tupi-Guarani e la narrazione della Terra Senza Male con l’isola mitologica della cultura celtica Hy-Brasil: un pezzo di terra nell’Oceano Atlantico (identificata da Abraham Ortelius in una carta del 1572) famosa perché dopo ogni ciclo di sette anni in cui è nascosta agli occhi di tutti da una fitta nebbia, si rivela per un solo giorno agli occhi di chi solca l’Atlantico, pur rimanendo sempre inaccessibile alle navi. La successiva “Pompeia - Piche no Muro Nu” (Graffiti sul muro nudo di Pompei), nasce dal suo “stupore per la scoperta di graffiti in latino volgare sui muri della città di Pompei”. Per Tom Zé cercare di avere maggiore conoscenza della propria lingua è un atto di resistenza: “La cultura di un popolo erano le sue leggende. Hanno unito le tribù e le hanno tenute insieme per secoli e secoli. Questo popolo abbandonò le proprie leggende, smise di cantare per le sue muse e così via, e continuò a decadere culturalmente. Ma decadde a tal punto da raggiungere la barbarie: finirono per combattere l'uno contro l'altro e distruggersi a vicenda. Sembra esserci una certa somiglianza con il Brasile. E infatti c’è”. Comporre avendo in mente le voci del Coletivo Ultralíricos e come stella polare la musicalità della lingua brasiliana ha dato forma a canzoni cantabili e accessibili, senza rinunciare al registro ludico che da sempre accompagna le musiche ed i versi di Tom Zé, a cominciare dai titoli, per esempio attraversando la città dove vive con “San Pablo, San Pavlov, San Paulandia”. Volentieri tesse dialoghi fra la voce solista e il coro o, come nel caso di “Língua Brasileira”, con un’invitata speciale, Maria Beraldo. “Secondo Felipe Hirsch, portare il tema della lingua a teatro, avrebbe potuto far emergere tanti questi preziosi segreti. Una cosa curiosa è che, se oggi molto giornalismo e tanta comunicazione di massa si battono molto contro il razzismo, è interessante notare come proprio il fatto di parlare portoghese sia razzista, perché è invece la lingua kimbundo, una lingua dell'Uganda, ad essere, fra le lingue africane che più hanno influenzato la lingua brasiliana. Sono stati i neri a influenzare maggiormente la formazione di questa lingua che canta”


Alessio Surian

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