Richard Galliano, Hermeto Pascoal e Grupo & Friends, Veneto Jazz, Teatro La Fenice, Venezia, 13 luglio 2022

Il bollente luglio padano ha offerto due occasioni di re-incontro fra Richard Galliano e Hermeto Pascoal, già protagonisti, fin dal 1985, di tour in trio con il batterista di Porto Alegre Nenê (qui una registrazione del 1994 a Cully). La prima data, a Carpi l’11 luglio, ha visto sul palco prima Galliano in solo con il progetto “Passion” e poi il sestetto di Pascoal che, nel finale del concerto, ha ospitato anche Galliano. La seconda serata, organizzata il 13 luglio da Veneto Jazz al Teatro La Fenice di Venezia per la XIV edizione del Venezia Jazz Festival, è stata chiamata “A great jazz night” e ha visto la partecipazione anche di Gabriele Mirabassi. Anche La Fenice ha riservato la prima parte del concerto a Richard Galliano, intento a rileggere e ampliare il repertorio della sua fisarmonica a bottoni. Il programma che propone con “Passion” ne conferma le doti e l’intensità lirica, capace di legare, seguendo il registro melodico, brani anche molto distanti fra loro nel tempo e nello spazio, con omaggi all’opera e alla canzone italiana, così come a quella degli Aznavour e di Gainsbourg, con un occhio di riguardo per Nizza, sua città natale, e le opportunità del musette di
attraversare armonie jazz, blues e latine, territori in cui miscela volentieri le sue ance con quella di Gabriele Mirabassi, particolarmente ispirato e in sintonia con Galliano anche nelle transizioni verso nuove forme-canzone. Per l’ultima parte, in solo, Galliano sposta ancora il baricentro a richiamare il suo incontro con il maestro Piazzolla e fa sentire ancora una volta tutta la potenza e la capacità di dinamica dei suoi mantici a sospingere una toccante versione di “LiberTango”. La pausa fra un set e l’altro è relativamente breve perché gli strumenti del sestetto sono già stati tutti predisposti, a cominciare dalla tastiera Yamaha DX7 con cui Hermeto Pascoal dirige le danze. Pochi giorni prima il Venezia Jazz Festival aveva portato sullo stesso palco un altro veterano della musica brasiliana, Milton Nascimento, per un concerto memorabile. Il sestetto di Pascoal è quanto di più coeso e vivace si possa immaginare, con un’intesa praticamente telepatica non solo con Itiberê Zwarg, al basso elettrico nel “Grupo” fin dal 1977 (dalla registrazione di “Trindade”), ma anche con i rispettivi figli, Fábio Pascoal alle percussioni e Ajurinã Zwarg alla batteria, e con André Marques al pianoforte, e Jota P. ai sax tenore, alto e soprano e ai flauti. 
Ognuno di questi musicisti vanta straordinarie doti sia come accompagnatore, sia come solista, ma soprattutto è evidente la loro capacità di mettersi in ascolto del gruppo che sembra sempre muoversi come un corpo solo. Un corpo che si dispone a semicerchio e, soprattutto nel finale – quando lascia spazio ai soli fiati e percussioni – sa trovare anche la formazione in cerchio, a testimoniare un’identità sonora che trae linfa dalle forme comunitarie e anche quotidiane del far musica e del danzare. Le registrazioni dei concerti di fine maggio in luoghi storici del jazz europeo come il New Morning a Parigi e il Porgy & Bess a Vienna mostrano come i musicisti non “chiudano” i rubinetti della musica sul palco, ma continuino a suonare in gruppo mentre escono dalla sala del concerto. Questo in Brasile suole sfociare in un’occasione per il pubblico (e anche per chi non è entrato in sala) per ballare intorno ai musicisti, per vivere con tutto il corpo quel che la sala da concerto tende a confinare alle sole orecchie. Questa magia non si ripete in Europa, ma anche senza questa “coda” il sestetto sa trasmettere una sintesi di energia, perizia musicale e
comunicatività che non manca di incantare gli ascoltatori. E di sorprenderli, sia perché l’ascolto reciproco può portare a inediti percorsi che assecondano l’estro di chi improvvisa, ma anche di chi accompagna, sia per lo humor che caratterizza soprattutto gli interventi di Fábio e Hermeto Pascoal, sia perché quest’ultimo sa intervenire improvvisando conduzioni del gruppo con il braccio levato o semplicemente alzando, abbassando, spostando di lato il proprio cappello, creando attesa, mentre sollecita cambi dinamiche di volume e staccati. Con numerosi album all’attivo e la prolifica attività di compositore di Hermeto, il gruppo può scegliere fra un vastissimo repertorio che permette di variare il programma di ogni concerto e di far compiere agli ascoltatori un viaggio molto articolato che a La Fenice ha attinto soprattutto dall’album inciso nel 2017 (“No mundo dos sons”) con “Ilza Nova”, “Viva São Paulo”, autentica suite paulistana, “Carlos Malta Tupizando” (omaggio allo storico flautista del gruppo), “Salve, Pernambuco Percussão” (o “Arranca Toco” come la chiamano i musicisti), intercalate da un brano inedito “Cacau”. “Acuri”, brano che è divenuto un classico, ripreso da varie formazioni, ed è un esempio del sincretismo compositivo di Pascoal,
ha lasciato poi spazio ai soli di batteria e di percussioni, sintesi di abilità poliritmiche e sensibilità melodica, per poi saltare di trent’anni indietro nel tempo, a “Festa dos Deuses”, da cui hanno pescato “Fazenda Nova”, lo spazio agricolo, dai toni danzanti e dalle parti “ostinate”, introdotti proprio dai suoni dei porcellini giocattolo con cui Fábio Pascoal ha chiuso il suo solo. Nel cuore del concerto sono arrivati i brani più noti e spesso ripresi da altri musicisti, quelli in cui ci si aspetta che gli strumenti melodico-armonici ricorrano anche ad uno sguardo alla partitura, cosa che fanno Marques e perfino Zwarg, ma non l’impeccabile Jota P. che sfodera una memoria prodigiosa, sia percorrendo “Airan” e “Joyce/Viva o Rio de Janeiro” sia quando si tratta di affrontare un’elaborata suite che vede protagonista – richiamato sul palco – Gabriele Mirabassi: se è vero che, fra il serio e il faceto, si fa il segno della croce prima di cominciare, è vero anche che si è inserito magnificamente nel gruppo dimostrando un’immediata intesa con Jota P., 
portando idee e colori davvero indovinati ad un gruppo cui non sembrava mancare nulla, anzi. Il gruppo ha fatto dono al teatro e ad uno fra gli spettatori di due composizioni autografe di Hermeto Pascoal ispirate dal soggiorno veneziano e ha mantenuto l’allegra energia dell’intero concerto anche nei tre brani finali “Para Ron Carter”, “Forró Brasil” (l’ultimo album è tutto dedicato a questo genere, “Visão Original do Forró") e “Taynara/Jegue”, con interventi di Pascoal all’organetto e alla teiera cui ha applicato un bocchino da tromba e in cui varia il livello dell’acqua per ritrovare il respiro della sua laguna, della sua terra natale alagoana. Per il bis, “Irmãos Latinos” è poi passato alla melodica, mentre Marques e Zwarg si aggiungevano ai percussionisti per formare l’ensemble di strada che permette alla musica di continuare a camminare.

 

Alessio Surian

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