Djelem do mar – Voci oltre (Maremmano Records, 2021)

È charmant “Voci oltre”, il debutto in coppia di Sara Marini e Fabia Salvucci, cantanti e autrici che hanno intrapreso la loro ricerca comune nel 2016, essendosi conosciute all’Academia Percento Musica di Roma. Nel dare nome al loro progetto fanno incontrare due parole: “djelem”, che in romaní si traduce con “camminare, viaggiare e andare”, e “do Mar”, ossia “del mare” in portoghese: insomma, una confluenza lessicale che sottende l’idea del viaggio nel mare degli idiomi. È noto come le due musiciste brillino di propria vita artistica: Sara Marini, con origini umbro-sarde, ha pubblicato nel 2020 “Torrendeadomo”, disco dai lusinghieri successi e apprezzamenti di critica, mentre la frusinate Fabia Salvucci, già accanto ad Ambrogio Sparagna nell’Orchestra Popolare Italiana, è oggi un punto di forza dell’ensemble di Tosca. L’album vanta la produzione artistica di Stefano Saletti (ospite al bouzouki e al guambri), che di peregrinazioni sonore e di convivenze e incroci di idiomi se ne intende e che si è adoperato per conferire un suono omogeneo a un lavoro incentrato su due voci-strumento che, come detto, attingono a tradizioni, registri espressivi e colori musicali eterogenei. Per di più, le due primedonne possono contare su un variegato stuolo di musicisti: Lorenzo Cannelli (pianoforte, laouto cretese, symphonia medioevale e voce), con cui condividono il lavoro di composizione delle musiche, Paolo Ceccarelli (chitarra elettrica, classica, cavaquinho), Franz Piombino (basso elettrico e fretless) e Michele Fondacci (batteria e percussioni). Tra gli ospiti ci sono altri autori delle musiche: Pietro Cernuto (zampogna, friscaletto e voce), Theo Melissinoupoulos (voce) e, ancora, Pejman Tadayon (daf, kamancheh, ney e setar), Alessia Salvucci (tamburi a cornice), Sinda Helal (voce araba in “Se guardi qui”). “Voci oltre” si compone di undici tracce, quattro tradizionali e sette originali che portano in scena un ampio campionario di lingue e repertori. Nella scrittura si intravede certamente il debito nei confronti dei laboratori di Officina Pasolini con l’approccio a vestire di arrangiamenti contemporanei e popular, accessibili e patinati i repertori tradizionali, rendendoli fruibili per un pubblico – passatemi il termine – world generalista. In sostanza, Djelem do Mar propone un suggestivo navigare tra continenti, iniziando dal tradizionale armeno “Khorodig Morodig”, subito uno dei punti di forza dell’album. Di grande impatto è anche “A Babbu Mannu”, un testo sardo di Pietro Fadda, commento allo sfruttamento e alle depredazioni inflitte ai Paesi del Sud del mondo. Il musicista greco Theodori Melissinopoulos entra in voce nella sua “I Zoì Pali”, mentre di origine bulgara è il canto tradizionale “Dilmano Dilbero” (celebre anche dalle nostre parti per l’operazione parodica condotta da Elio & Le storie Tese), in cui si impongono innesti progressive. Il canto d’amore “Gole Gandom”, in farsi, inizia con le sole voci, segue l’ingresso dei tamburi a cornice a sostenere ritmicamente le armonizzazioni vocali di Sara e Fabia. “Se guardi qui”, dalla penna del drammaturgo Riccardo Tordoni, accomuna due storie in cui lo sguardo narrativo è rivolto alla tragedia umana di chi migra attraversando il Mediterraneo per raggiungere l’Europa e chi, nel nostro Paese, deve affrontare la disoccupazione; la musica di Cannelli giustappone una chitarra elettrica di umore “africano” al ritmo della pizzica che si impone nella parte finale del brano. Dalla lingua nazionale alla lingua della Calabria grecanica nel canto enumerativo “Ena Dio Tria”, in cui le armonizzazioni vocali richiamano il canto a tenores. Invece “Ey Gome” (un dono di Pejman Tadayon) avvolge i distici in farsi di Rumi di tempi dispari con le coordinate sonore sparse moduli anatolici, arabi e incisi pop-rock prog. Un’altra canzone in italiano, “La vita oltre”, che porta ancora la firma di Tordoni, è il racconto di una donna che nel canto trova la forza di sfuggire a storture e costrizioni familiari. Si cambia registro attraversando l’Oceano e raggiungendo la Bahia di “Negrume Da Noite”, ben noto motivo scritto da Paulinho Do Reco, cantato in portoghese, in cui la bellezza ‘negra’ bahiana, paragonata a quella dell’oscurità della notte, deve lottare per essere riconosciuta nel suo splendore. Si chiude con le tenerezze di “L’Amuri Di Na Matri”, testo siciliano di Carnuto, che entra con zampogna e friscaletto. “Voci oltre” si rivela un’affacciata di finestra sul mondo da parte di due personalità artistiche dotate di appeal in virtù della cura nella mescolanza dei suoni che esaltano i loro timbri vocali. 


Ciro De Rosa

Posta un commento

Nuova Vecchia