Iberi – Supra (Naxos, 2022)

I cultori del canto polifonico non si lasceranno sfuggire questa registrazione del coro georgiano Iberi, costituitosi nel 2012, guidato dall’ex rugbista Bidzina ‘Buba’ Murgulia, molto attivo nel portare in concerto la tradizione polivocale del Paese transcaucasico, che è stato il primo “patrimonio immateriale dell’umanità” inserito nel 2001 nella lista UNESCO. Nell’arco di un decennio gli Iberi (il nome deriva dall’Iberia, con cui Greci e Romani designavano il regno di Cartalia che occupava aree orientali e meridionali dell’odierna Georgia) sono diventati tra i più affermati gruppi corali georgiani. In Georgia, la tradizione polifonica si articola in quattro tipologie principali (a bordone, contrappuntistica, parallela e ostinata). Nella parte nord-occidentale, la Svanezia, si pratica la polifonia parallela e dissonante, mentre nelle regioni occidentali è attestata quella contrappuntistica con tecniche di emissione che ricordano lo yodel (conosciuto come krimanciuli). Nella zona orientale, la Cachezia, principale regione vinicola del Paese, due solisti intrecciano i melismi su un bordone condotto dagli altri cantanti. Infine, la forma ostinata è presente in tutte le regioni. L’elemento improvvisativo emerge nella pratica del canto e il coro Iberi (voci alte: Tornike Dzadzamia e Luka Chigvinadze; voci mediane: Buda Murgulia e Alexsandre Birkaia; bassi: Archil Gibradze, George Kanadze, Giorgi Janashia, David Kavtaradze, Vakhtag Rikrikadze) ne fa uso, pur nel rispetto delle modalità esecutive tradizionali. La formazione si esibisce indossando la čocha, un abito nero senza colletto e lungo fino alle ginocchia, stretto in vita, con maniche larghe. Sul petto sono presenti delle "cartucciere" e in vita è portato un pugnale. Nel ricco repertorio canoro sono immancabili i canti da brindisi (mravalzhamier), diffusi con numerose varianti in tutte le regioni della Georgia dove si produce vino, che accompagnano i banchetti cerimoniali attorno a tavole riccamente imbandite; per l’appunto vengono chiamati “supra” e sono solitamente suggeriti dal tamada, il capo brindisi, vero maestro di cerimonia. Così si spiega il titolo dell’album, “Supra”, che dal significato di tovaglia si allarga a indicare metonimicamente la festa stessa, un rituale in cui non mancano libagioni e, naturalmente, canti. La tracklist dell’album, in cui il gruppo si propone con variazioni di organico nelle diverse tracce, presenta tredici canti, tra tradizionali e d’autore, che rappresentano altrettanti brindisi (gloria divina, patria, antenati, persona, amicizia, defunti, nuova generazione, gesta, amore, dolci ricordi, dignità, verità). A dare il benvenuto è “Kutaisi Mravalzhamieri”, brano di grande effetto che si caratterizza per le voci del basso che creano un bordone sui cui si ergono le voci medie e alte. Nella sentimentale “Mkholod Shen Erts”, canzone di epoca novecentesca che segue principi di armonizzazione occidentali (musica di Kote Potskhverashvili su testo di Shlava Dadiani), e in “Sisona Darchia” (nome di un eroe che combatté contro gli Ottomani nel XVIII secolo), il canto è accompagnato, rispettivamente, dalla chitarra e dal chonguri, il liuto di forma quadrangolare dotato di quattro corde. L’incedere si fa solenne in “Harira”, un tema della Mingrelia dalla marcata accelerazione con il ritmo scandito dal battito delle mani e che presenta passaggi in cui è usata la tecnica dello yodel. Spostandosi nella regione di Svaneti, si ascolta “Svanuri Nana”, altra interpretazione notevole per compenetrazione delle voci profonde, questa volta di una ninna-nanna. Si elogia l’amicizia e quindi la socialità del vino con “Kharatia”. Diversamente, è un inno “Shen khar venakhi” (attribuito al re Demetrio I, che regnò tra il 1125 e il 1156), dedicato a Maria, patrona della Georgia: bellezza e raccoglimento. Di nuovo le note del chonguri accompagnano il canto nella ninna-nanna “Vengara”. Si raggiungono vette esecutive con il canto di lavoro “Arkhalalo” dalla regione di Kartli. Si canta l’amore nella canzone di matrice urbana “Kovel Sneulebaze”, composizione dei primi del Novecento delle Sorelle Ishkhneli su liriche di Akaki Tsereteli, influenzata da forme musicali occidentali, in cui le voci sono nuovamente accompagnate dalla chitarra. Da qui è un coinvolgente crescendo interpretativo: il pizzicato del chongori sostiene le voci nella composita melodia di “Utsinares”, dove si canta quanto c’è di buono nell’universo, con splendidi passaggi di yodel; “Varado”, originaria dall’ Abkhazia, inizia sommessa per raggiugere l’apoteosi tra battiti di mani, fischi ed esclamazioni; infine c’è “Saeklesio Mravalzhamieri”, un canto di brindisi, entrato anche nella liturgia religiosa. “Supra”: qui è la festa! 


Ciro De Rosa

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