“Osmosi” è questo il titolo dell’opera prima del trio composto da Fabio Marconi (chitarra e chitarra fretless), Ivo Barbieri (basso elettrico) e Alberto Pederneschi (batteria) tra strumentisti di grande talento e dai diversi background artistici, ma accomunati dal desiderio di esplorare l’universo sonoro del bacino del Mediterraneo, rielaborando in una originale veste jazz-rock dai colori psichedelici le melodie tradizionali albanesi, greche, ebraiche e turche. La world music è, dunque, la base di partenza per una esplorazione a tutto campo, attraverso i linguaggi del jazz e delle avanguardie in cui non mancano sperimentazioni nel campo della musica microtonale, così come la tensione continua nell’esaltare le identità tra le diverse espressioni musicali, anche tra quelle in apparenza molto distanti. La ricercatezza dei timbri, delle ritmiche, e delle soluzioni melodiche e cromatiche hanno consentito al trio di raccogliere un grande apprezzamento da parte del pubblico come dimostrano le fortunate partecipazioni ai principali festival jazz nazionali. A cristallizzare l’intenso lavoro compiuto sul palco, dove hanno rodato il repertorio ed affinato l’intesa, sono i dieci brani del disco che, nel loro insieme, catturano in modo efficace il loro percorso di ricerche e la fluidità dell’interplay. In questo senso, non casuale ci sembra anche la scelta del titolo nella cui duplice lettura si coglie non solo ai continui scambi tra le diverse culture che si affacciano sul Mediterraneo, ma anche all’osmosi come intesa come approccio alla world music e all’improvvisazione. A colpire è certamente l’utilizzo della chitarra elettrica e della fretless che unita all’e-bow genera ambientazioni sonore di grande suggestione, supportata magistralmente dalla sezione ritmica ad esaltare il tutto. Aperto dal breve frammento “Incarnation” con le percussioni in evidenza il disco entra nel vivo con la superba rielaborazione del tradizionale “Yaram Sızlar Ağrır Başım”, proveniente da Şanlıurfa, città situata nel Sud Est della Turchia nella quale la chitarra fretless suonata con l’e-bow evoca un visionario dialogo tra ney e saz declinato al futuro, il tutto sostenuto da una ricercata architettura ritmica. Le atmosfere notturne di “Soundscape I” fanno da preludio alla riscrittura del tradizionale “Elif Dedim Be Dedim”, una antica melodia anatolica, proveniente da Kütahya nella Turchia Occidentale, il cui tema danzante è intessuto dalla chitarra di Marconi che guida la dinamica del brano lasciano spazio ai soli di percussioni e basso. La meditativa “Soundscape II” per piastre sonore e gong ci schiude le porte alla melodia di “Kırmızı Paltolu Kız”, del pianista e compositore turco Yiğit Özatalay e proposta in una imperdibile versione jazz rock. La chitarra suonata come fosse un oud di “Taksim” dedicata alla piazza principale di Istanbul fa da preludio per “Eklil” dal songbook del cantante e polistrumentista tunisino Dhaffer Youssef con la chitarra contrappuntata dagli interventi del basso e sostenuta dalla batteria suonata con le mani. Il travolgente crescendo in tempi dispari del tradizionale albanese “Besa Shqiptare” e la rarefatta “Ubiquity” chiudono una disco da ascoltare con grande attenzione per cogliere tutte le particolarità che caratterizzano l’approccio alla world music di questo imperdibile power trio.
Salvatore Esposito
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