Slagr – Linde (Hubro, 2022)

Espressione dell’antico norreno che sta per sintonia o melodia, originariamente usata per indicare musiche suonate su strumenti a pizzico, Slagr è il nome scelto da Anne Hytta (Hardingfele), Amund Sjølie Sveen (vibrafono e bicchieri accordati) e Katrine Schiøtt (violoncello). Formatisi nel 2004 (con il violoncello di Sigrun Eng fino 2014, quando è subentrata Schiøtt), hanno pubblicato cinque album, di cui “Short Stories” (2015) è stato premiato con lo Spellemannprisen (il Grammy norvegese) nella categoria “Open”. Dalla combinazione timbrica, si avverte che il trio predilige un’estetica di impianto cameristico che, però, in questo sesto lavoro, “Linde”, pubblicato per la versatile etichetta Hubro (www.hubromusic.com, fondata da Andreas Meland, sub-label dello storico marchio indipendente norvegese Grappa Musikkforlag), si connota per le atmosfere iterative, meditative e fluttuanti: “Slagr è arcaico, ma allo stesso tempo radicale”, dicono con enfasi le note di presentazione, per niente fuorvianti. Il fatto è che le otto composizioni sciorinate in questa nuova produzione sono state “concepite” da Katrine Schiøtt nel periodo del suo congedo per la maternità: “Postparto – mancanza di sonno, vulnerabilità emotiva, concentrazione estrema su qualcosa al di fuori di se stessi; fornire nutrimento e amore al neonato. Un piccolo stato di emergenza dove piccoli momenti possono ispirare frammenti musicali e contemplazione sull’inizio della vita, l’eternità e la transitorietà”, così il trio svela la genesi di queste tracce senza tempo, che fanno convivere la versatilità espressiva del violoncello con le composite risonanze del violino popolare norvegese a corde simpatiche in contrasto con la lucentezza del vibrafono e dei bicchieri accordati. L’apertura, “Glimmerskyer” (Nuvole luccicanti) parte con una lunga procedura iterativa, si mantiene tenue ed eterea, accentua la tensione quando si manifestano sequenze dissonanti, per poi svilupparsi ancora con il violino che si muove all’unisono e in contrappunto con il violoncello. I due strumenti a corde si scambiano ripetutamente i ruoli nella successiva “Tåke” (Nebbia), motivo dagli umori folklorici boreali: uno dei pezzi di punta dell’album. È una sorta di battito costante e persistente a dominare le inquietudini notturne di “Søvnløs” (Insonne); un magico senso di sospensione prevale nelle successive “Etterglød” (Riverbero) e “Kime”. Oltre, emozionano le trame narrative di “Legende”, dove è l’Hardanger a prendere con decisione la scena. Invece, “Linde” è una miniatura translucente. Chiude in bellezza “Voggesang” (Ninnananna), una melodia diretta, toccante e delicata con archi e vibrafono che procedono appaiati. Un lavoro che infonde vitale serenità. 


Ciro De Rosa

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