Nonostante tutto, è “La Zampogna”. In poche parole, è il senso di una manifestazione che da quasi tre decenni è uno dei sentieri più affascinanti di attraversamento del mondo variegato delle musiche di ispirazione tradizionale. Meritoria la volontà di mantenere battuta questa pista del folk, che negli anni ha dato grande impulso alla ripresa dello studio e della pratica degli aerofoni a sacco in area aurunca e non solo, aprendo l’orizzonte folk a nuove generazioni che apprendono a suonare zampogne, ciaramelle, organetti e tamburelli.
Il Festival è organizzato dall’Associazione Archivio Aurunco con il Contributo della regione Lazio e del Comune di Formia e il Patrocinio del Parco Naturale dei Monti Aurunci. Dopo la forzata sosta dovuta alla crisi pandemica, il Festival è stato spostato dalla collocazione invernale al principio della primavera, e come altre analoghe manifestazioni si è ritrovato alle prese con
i tagli di budget che colpiscono progetti di più ampio respiro culturale rispetto a quelli spettacolari di massa e, non da ultimo, con i cavillosi regolamenti che rendono sempre più complicata la gestione di concerti in luoghi pubblici, accentuati dalle incongrue normative anti-Covid.
Ciò ha portato a concepire un’edizione “light”, rinunciando di fatto alla mostra mercato di strumenti, che sebbene diventata meno frequentata negli ultimi anni, è sempre un alto punto di interesse per il mondo delle zampogne. Si è scelta una collocazione diffusa, con concerti in diverse località del Lazio: a partire dall’anteprima, il 14 aprile, all’Auditorium Parco della Musica di Roma, che ha visto di scena una band di grane appeal, i siciliani Unavantaluna, e da due incontri, rispettivamente a Esperia e ad Itri nell’entroterra, dove si sono svolte una parata di zampogne e campanacci, “Fra, Fre, Fro”, e una
conferenza sonora sui “Suoni degli Aurunci”. È stato, nondimeno, il week-end del 23 e 24 aprile il focus centrale del Festival in sinergia con una nuova rassegna, “Bizantina: tra Occidente e Oriente”, organizzata sempre dall’Archivio Aurunco in collaborazione con il Collettivo Teatrale B. Brecht e le istituzioni regionali. Così a Formia, il teatro Iqbal Masiq ha accolto il concerto di Antonio Smiriglia (canto e chitarra acustica), “Amanti, Santi e Naviganti”, che è anche il titolo dell’album (Opensound/Aventino Music) dell’autore di Galati Mamertino, paesino dei Nebrodi. Un lavoro e uno spettacolo di cui si apprezzano l’eleganza artigianale con cui il musicista siciliano e la sua band fanno convergere cifra folk autoriale, che ha nobili modelli in terra siciliana (Carlo Muratori e Mario Incudine, su tutti), ma che si fa forte di una
componente evocativa che segna la narrazione poetica dialettale e del richiamo a forme popolari di tradizione in dialogo con jazz, prog, canzone d’autore e a ambientazioni world. Smiriglia è stato anche tra i protagonisti a Maranola nel pomeriggio di domenica 24 aprile, con l’esecuzione di un “Salve Regina” tradizionale, nella rituale processione che dalla porta d’ingresso al borgo antico raggiunge l’edicola votiva della Madonna degli Zampognari. Nello stesso spazio devozionale, che di solito officia l’inizio della manifestazione festivaliera, si sono esibiti Damiano e Valentino Palazzo (zampogna e ciaramella), appartenenti a una famiglia di rinomati suonatori tradizionali di Esperia, e Kataryna Zarkova, in arte Eka, artista ucraina di Zaporizhzhya, trapiantata da molti anni a Firenze, la quale, pizzicando la sua bandura (il cordofono di 64, derivato dalla Kobza, con alcuni elementi del liuto e della cetra, diventato icona identitaria della musicalità ucraina post-sovietica e soprattutto i rivolgimenti politico-sociali del 2014), ha portato nella suggestiva via di Maranola e poi nella chiesa di San Luca un saggio dei repertori tradizionali del suo Paese (canzoni storiche, ballate cosacche e canzoni patriottiche). Eka ha ricevuto il Premio “La Zampogna/Diego Carpitella” 2022, annualmente assegnato a protagonisti della musica italiana ed internazionale che, con la loro pratica artistica, contribuiscono in maniera originale al variegato mondo della musica tradizionale. Quest’anno gli organizzatori hanno voluto premiare Kataryna Zarkova, segnando il momento terribile che sta vivendo l’Ucraina.
Con il sole che, finalmente, splendeva sul borgo aurunco (e che ha di fatto costretto ad annullare i previsti seminari di studio, che per consuetudine affiancano i concerti: tale era la voglia del pubblico – non foltissimo rispetto alle passate edizioni festivaliere – di stare all’aperto ad ascoltare musica senza esibire green pass), il piazzale di Torre Cajetani ha accolto le session di suonatori convenuti, mentre a San Luca ci sono state le brevi esibizioni
dei suonatori locali, tra i quali Oreste Minghella e Gaspare de Luca, celebri suonatori di Monte San Biagio,
il più giovane Silvio Forte alla ciaramella e il veterano Fernando Aceto alla zampogna, del già citato Antonio Smiriglia (voce e tamburo) in coppia con Michele Piccione (zampogna) e degli abruzzesi del Quartetto Petra. Si tratta di un originale ensemble di zampogne a chiave e ciaramelle (Marcello Sacerdote, Manuel D’Armi, Christian Di Marco e Luigi Varalli, che hanno inciso “L’eco dei Monti” nel 2019), ispirato dalla lezione del musicista Antonello Di Matteo (oggi con la Philadelphia Orchestra), che in guisa di quartetto da camera esalta le possibilità dei timbri tradizionali nel suonare repertori eterogenei, che spaziano dalle espressioni popolari abruzzesi alla composizioni di Berlioz a Paisiello).
In chiusura, il Festival è approdato di nuovo al teatro di Formia, dove Davide Ambrogio (voce, lira calabrese, chitarra, chitarra con matite, tamburo a cornice, zampogna a paru, flauto armonico, live electronics) è stato
insignito del Premio “Giovani Musicisti ACEP-UNEMI”. Con il polistrumentista aspromontano, che era in compagnia del sound engineer Walter Laureti (live electronics, tastiere), ci si è immersi nelle “Evocazioni e Invocazioni”, il progetto (e disco con ampi riconoscimenti della stampa italiana e internazionale) che esplora le molteplici funzioni del canto. Ambrogio è corpo e voce strumento, è canto intimo e collettivo, inquieto e drammatico, studio performativo di melodia e ritmo, ricerca sui timbri tra memoria popolare e presente: è la contemporaneità della tradizione. In definitiva, è stato importante che questa primavera concertante ci abbia riportati a Maranola ma non solo (forse, la proposta di rassegna diffusa fa intravedere interessanti sviluppi), che Erasmo Treglia e Ambrogio Sparagna abbiano “tenuto su” la manifestazione, che è luogo di incontro e di elaborazione, un baluardo coraggioso all’impronta del “fai da te” ma lontano da logiche effimere. Seguite le iniziative del Festival su https://www.lazampogna.it.
Ciro De Rosa
Contributi video a cura di Carla Visca
Foto 1-4 Ciro De Rosa
Foto 5-6 Angelo Viglienti
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