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Il suo legame con antenate e antenati e l’importanza che attribuisce al tenere viva la comunicazione con loro è evidente nel brano che chiude l’album, “Yankadi” in cui canta in dialogo con Tenin Nayan Diawara e con i Biwôrô Gang, incalzata da percussioni, basso e chitarra elettrica: “Stiamo tutti bene quando i fratelli sono in pace fra loro / quando i parenti sono in pace / quando c’è armonia in un matrimonio / quando fiorisce la vera amicizia / Compagni maliani, vengo insieme alle mie madri a salutarvi / a conversare con voi / Djin, protettrici del villaggio, mi inchino di fronte a voi”. Alla chiusura elettrica e in crescendo, fa da contraltare il brano che apre l’album, “Save it”, che lascia spazio alle melodie dei violini all’interno di una cornice in cui prevalgono gli strumenti acustici e un generale senso di armonia così come nel seguente, “Kalan”. Se i versi che canta nel primo brano interrogano l’ascoltatore su quale sia la parte di eredità culturale da salvare, “Kalan” risponde con un’esortazione a favore dell’educazione delle donne: “Madre, lascia che le nostre ragazze possano istruirsi / Che possano diventare ministri / Che un giorno possano diventare dottoresse / E perfino presidentesse”.
Il brano permette di cogliere l’abilità e l’espressività nel dar forma alle linee vocali a partire da un accattivante giro melodico sulla chitarra acustica su cui ricamano kamele ngoni e coro femminile, mentre in un registro molto più grave naviga sicura la linea del basso. Poi, nel finale, il synth stende un tappeto per l’assolo di pianoforte in linea con lo spirito di speranza che permea tutto il brano. L’anima più rock entra con “Maliba”, chitarra elettrica con wah-wah e le strofe ben ritmate anche da Master Soumy (già fra i protagonisti di “Mali Blues”), lasciando spazio anche al canto in Tamasheq, invito ad un’unità maliana che comprende anche le popolazioni nomadi. Il ritmo scandito anche dalle palme delle mani rende tutto più corale nella prima parte di “An Ka bin”, divisa fra ritmi ipnotici e ritornelli fusion, con finale cantato in inglese, col pensiero rivolto al futuro dei bambini. La sezione d’archi torna protagonista sia in “Sinbi” sia in "One Day" dove, mentre il kamele ngoni fa da controcanto; l’inglese e il bambara si dividono le strofe per cantare con solennità che un giorno "ci renderemo conto che i manoscritti di cui disponiamo hanno un grande significato".
Alessio Surian
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