Fatoumata Diawara – Maliba (Wagram Music/3ème Bureau, 2022)

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“Maliba” è il terzo di sette brani che Fatoumata Diawara ha composto e interpretato per la piattaforma Google Arts & Culture per presentare i “manoscritti di Timbuktù”, una collezione di valore inestimabile, con testi risalenti al XIII secolo, sempre più in pericolo nel corso del XX secolo, quando si sono verificate vendite e razzie e, in particolare, nel 2012 quando le milizie Ansar Dine hanno preso il potere nel Mali settentrionale e quindi a Timbuktù. La specifica interpretazione islamista di Ansar Dine vedeva nel rapporto con questi testi del passato un rischio di “idolatria” e ne aveva promosso la distruzione. Varie opere erano state quindi messe in salvo dai residenti portandole fuori dalla città. Con la partenza di Ansar Dine da Timbuktù nel 2013, è cominciata un’attività di ricostituzione del patrimonio culturale della città. Fatoumata Diawara era già stata la protagonista del film “Timbuktu” di Abderrahmane Sissako in cui incarnava lo spirito della città di fronte all'occupazione del 2012. Racconta Diawara: “Questo progetto significa molto per me. Venire coinvolta nel preservare i manoscritti di Timbuktù è un grande onore. La condizione dell’uomo e della donna in Mali è molto diverse: per una donna essere coinvolta in quest’attività di conservazione culturale è molto importante. È incredibile farne parte, mi sembra un sogno. Ne sono orgogliosa e felice. Sono una persona che è molto in contatto con il passato ancestrale. Molte delle immagini e delle idee che uso mi vengono in sogno, riguardano i miei antenati. Avere la possibilità di aiutare a proteggere la nostra eredità ancestrale e culturale è davvero qualcosa di unico per me"
Il suo legame con antenate e antenati e l’importanza che attribuisce al tenere viva la comunicazione con loro è evidente nel brano che chiude l’album, “Yankadi” in cui canta in dialogo con Tenin Nayan Diawara e con i Biwôrô Gang, incalzata da percussioni, basso e chitarra elettrica: “Stiamo tutti bene quando i fratelli sono in pace fra loro / quando i parenti sono in pace / quando c’è armonia in un matrimonio / quando fiorisce la vera amicizia / Compagni maliani, vengo insieme alle mie madri a salutarvi / a conversare con voi / Djin, protettrici del villaggio, mi inchino di fronte a voi”. Alla chiusura elettrica e in crescendo, fa da contraltare il brano che apre l’album, “Save it”, che lascia spazio alle melodie dei violini all’interno di una cornice in cui prevalgono gli strumenti acustici e un generale senso di armonia così come nel seguente, “Kalan”. Se i versi che canta nel primo brano interrogano l’ascoltatore su quale sia la parte di eredità culturale da salvare, “Kalan” risponde con un’esortazione a favore dell’educazione delle donne: “Madre, lascia che le nostre ragazze possano istruirsi / Che possano diventare ministri / Che un giorno possano diventare dottoresse / E perfino presidentesse”
Il brano permette di cogliere l’abilità e l’espressività nel dar forma alle linee vocali a partire da un accattivante giro melodico sulla chitarra acustica su cui ricamano kamele ngoni e coro femminile, mentre in un registro molto più grave naviga sicura la linea del basso. Poi, nel finale, il synth stende un tappeto per l’assolo di pianoforte in linea con lo spirito di speranza che permea tutto il brano. L’anima più rock entra con “Maliba”, chitarra elettrica con wah-wah e le strofe ben ritmate anche da Master Soumy (già fra i protagonisti di “Mali Blues”), lasciando spazio anche al canto in Tamasheq, invito ad un’unità maliana che comprende anche le popolazioni nomadi. Il ritmo scandito anche dalle palme delle mani rende tutto più corale nella prima parte di “An Ka bin”, divisa fra ritmi ipnotici e ritornelli fusion, con finale cantato in inglese, col pensiero rivolto al futuro dei bambini. La sezione d’archi torna protagonista sia in “Sinbi” sia in "One Day" dove, mentre il kamele ngoni fa da controcanto; l’inglese e il bambara si dividono le strofe per cantare con solennità che un giorno "ci renderemo conto che i manoscritti di cui disponiamo hanno un grande significato"


Alessio Surian

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