Davide Van De Sfroos, Teatro Alessandrino, Alessandria, 2 aprile 2022

Il ritorno di Davide Van De Sfroos con il nuovo disco di inediti è una dichiarazione di intenti fin da quel titolo, “Maader Folk”, che rivendica la madre folk come primaria ispirazione del suo fare musica. La resa live del disco è però incentrata su suoni meno prettamente folk e più contaminati e aperti a sonorità diverse, con brani che spaziano dalla canzone d’autore al pop, dal rock al blues, dal reggae al gospel. Coadiuvato da un’ottima band in cui spiccano il violino di Angapiemage “Anga” Galiano Persico e le tastiere di Daniele Caldarini, il cantautore del lago di Como presenta in due ore di concerto un viaggio tra il rock blues di “Fiaada” e il folk blues di “Hemm Imparaa” (con citazione di Morricone nel finale), tra brani più lenti e intensi (notevole “La Vall (Il Vento e i Fiammiferi)”) e quelli più scatenati (“El Vagabuund” e “Reverse”). Un suono forse apparentemente più leggero, ma certamente adatto ad accompagnare i testi profondi del nuovo disco, che viene presentato praticamente per intero. Dotato di una buona capacità comunicativa, Davide presenta i brani con brevi racconti, passando dai grandi eventi alle piccole cose della vita quotidiana, introducendo i tanti personaggi che popolano le sue canzoni. 
Sono persone comuni, di oggi o del passato, in cui è facile ritrovare un po’ di noi stessi, che insieme creano un immaginario popolare nel senso letterale del termine. Raccontando storie di gente comune, Davide Van De Sfroos descrive stati d’animo in cui ognuno di noi si riconosce, e lo fa con parole semplici e con metafore che richiamano l’esperienza quotidiana di tutti. Capace di passare dall’ironia con cui parla del festival di Sanremo per introdurre la sua “Yanez”, presentata in gara proprio su quel palco, ai momenti più profondi di “Guanto Bianco”, dove il dialetto laghee si unisce all’italiano e all’inglese, Davide Van De Sfroos riesce a tenere desta l'attenzione del pubblico per tutto il concerto. Il folk resta sullo sfondo, come una radice profonda su cui innestare influenze musicali diverse, dal rock al pop, dal blues al gospel, dal reggae al rap, mantenendo sempre quella semplicità che lo caratterizza come artista genuino. E non sarà un caso se i due momenti più emozionanti del concerto sono anche i due in cui le contaminazioni più si allargano. Prima il gospel di “Oh lord Vaarda Giò”, introdotta da un Davide Van De Sfroos in versione “predicatore”, che trasforma il teatro Alessandrino in una chiesa afroamericana, con una bellissima preghiera laica e un’ottima prova vocale. 
E poi una sorprendente “Sciuur Capitan” in versione reggae eseguita sulla base di “War” di Bob Marley, con il palco immerso nelle luci rosso sangue, lanciandosi anche in un freestyle rap in cui si scaglia contro quanto sta succedendo nel mondo, riuscendo a parlare della guerra senza essere scontato, “con la giusta rabbia e senza falso pianto”. E forse questo è proprio li suo punto di forza, riuscire a cantare di temi importanti senza falsa retorica, rimanendo sempre credibile. Gli unici tre brani ripresi dal repertorio degli esordi sono una bella versione di “Ninna Nanna del contrabbandiere” eseguita a metà concerto dal solo Davide alla chitarra, con l’accompagnamento di Daniele Caldarini alle tastiere, e i due classici “Pulenta e Galena Fregia” e “La Curiera”, utilizzati come bis per salutare un pubblico di fedelissimi che lo segue per tutto il nord Italia. Raccontando le storie dei personaggi delle sue canzoni, che con felice intuizione nel nuovo disco ha chiamato “Gli Spaesati”, Davide Bernasconi, con la sua semplicità, è riuscito a parlare di noi, altrettanto spaesati tra una pandemia e una guerra, facendoci pensare e sovente anche sorridere. E ne avevamo bisogno. 


Giorgio Zito

Foto e video di Giorgio Zito

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