Bevano Est – Graniglia (Associazione Culturale A14, 2021)

Con il nuovo album, uscito a fine 2021, i Bevano Est celebrano trent’anni di musica e collaborazioni artistiche coltivate avendo per base la Scuola di Musica Popolare di Forlimpopoli. Già il nome segnala l’abitudine al viaggio e all’autostrada, comprese le stazioni di servizio, in questo caso quella dell'autostrada A14. Negli anni hanno prodotto otto album in studio e due a partire da registrazioni dal vivo, con una formazione variabile che ha compreso una decina di musicisti e, da qualche tempo, si è assestata in trio con Stefano “Ciuma” Delvecchio all’organetto diatonico, Davide Castiglia al violino e Giampiero Cignani ai clarinetti. Nel 2019 Bevano Est aveva composto e suonato le musiche dal vivo per lo spettacolo "Preludi all'amore" di Lui D'Elia, poi raccolte nell’album "Cinque racconti di fine estate" del 2020. Bisogna risalire al 2004 per il precedente album in studio, l’ottimo “Ramingo” che comprendeva ancora la formazione in quartetto con la chitarra ed ampio spazio per la voce. A sette anni di distanza, “Graniglia” volta pagina con un approccio tutto strumentale a undici composizioni originali di Stefano Delvecchio. L’ispirazione viene danze popolari e dal desiderio di giocarci. Così la polka diviene “Polkazza” in bilico fra i passi della polka e quelli di un tango e di reminescenze romagnole, come accade anche per la “Quadriglia” (che vede l’aggiunta di un tamburello) e per “Scottito”, che rimanda alle scottish, ma non manca di sorprendere con inserti e cambi di passo. E lo stesso vale per mazurche, valzer, bourrée; nelle parole di Stefano Delvecchio: “presentano nella struttura e nella esecuzione, qualche “disturbo" per eventuali danzatori. Non sono immediati, ma da assimilare e richiedono coreografie personali. Alcuni brani non si dichiarano in modo trasparente, gli accenti vengono spostati, le battute a volte sono squadrate e gli stili si mischiano. Il tutto eseguito da quattro voci strumentali che dialogano continuamente fra loro nell’intreccio di melodie, ritmiche e contrappunti”. Questo avviene anche grazie alla capacità di Delvecchio e Cignani di utilizzare al meglio sia i registri alti, sia quelli bassi dei loro strumenti: esemplari, in tal senso, le linee del clarino basso in “Adele” e, spesso, l’elegante gioco delle voci gravi e del registro melodico dell’organetto. Quest’abilità nel far sentire le singole voci e, nel contempo, nel riuscire a tesserle splendidamente insieme rende le tracce ugualmente godibili per il ballo e per l’ascolto e spinge a guardare alla “graniglia” come una metafora del lavoro di questi musicisti: se fra i materiali di costruzione la graniglia ha saputo abilmente riciclare gli scarti della lavorazione del marmo e delle pietre (legati insieme dal cemento, colorati con ossidi naturali, impastati con l’acqua), allo stesso modo le composizioni dell’album attingono dal repertorio popolare idee e frammenti che la penna di Delvecchio e il dialogo fra gli strumenti restituiscono all’interno di una nuova e coerente ecologia acustica che sa abbeverarsi ad un fiume antico e ancora generoso. Si distinguono per energia “Le cose belle” e “I skoghen 5’30” centrate inizialmente sulle linee dell’organetto per poi lasciare spazio a clarinetto e violino. Quest’ultimo prende per mano il trio in chiusura del disco con il tempo lento e l’atmosfera onirica di “Pour Vous”, prima accompagnato dal solo organetto, poi raggiunto anche dal clarinetto che a metà brano propone una nuova melodia e ci regala un’ultima, ispirata, improvvisazione melodica. 


Alessio Surian

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