Rokia Koné and Jacknife Lee – Bamanan (Real World, 2022)

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Rokia Koné non è un nome nuovo nel panorama delle musiche urbane maliane, l’abbiamo conosciuta come membro del collettivo Les Amazones d'Afrique. “La sua voce ha tutta la magia e la sottigliezza dei griot. A volte la sua voce taglia come una lama, a volte è morbida come quella di un bambino. Possiede la musicalità dei suoni della kora. Combina forza e dolcezza”, così dice di lei la romanziera Maryse Condé. Rokia dera ancora una bimba quando si è trasferita da Dioro – città lungo il corso del fiume Niger nella regione di Ségou, Mali centro-meridionale – nella capitale Bamako. Lì ha coronato le sue aspirazioni, nutrite fin da quando neppure adolescente si esibiva nella sua comunità, sulla scia della nonna materna, Fatoumata Diarra, rinomata cantante di matrimoni, e di una zia e di uno zio. Nella capitale diventa la corista del cantante e chitarrista Alia Coulibaly, suo mentore, per poi unirsi – come già detto – al super-gruppo femminile. Koné si presenta con un debutto internazionale a suo nome per la Real World, nel quale collabora con il produttore irlandese/californiano Jacknife Lee (U2, Taylor Swift, Run-DMC, REM, Radiohead e molti altri), il quale avvolge la voce di Rokia, che canta in lingua bambara, in un soundscape di chitarre, percussioni, piano ed elettronica, a cui si affiancano Sountoucoumba ‘Salif’ Koné (chitarra), Llorenç Barceló (Minimoog basso), Amadou Dembélé (djembe), Mamadou Diabaté (doundoun), Abdou Diallo (doundoun sovrapposto), Amadou Sissoko (tama), Harouna Samaké (kamele ngoni), Maïmouna Ouedrago e Fatoumata Coulibaly (backing vocals), Pamela Badjogo e Mariam Koné (backing vocals in “Mansa Soyari”). Va detto che, sebbene Rokia e Jacknife non abbiano lavorato fianco a fianco, 
l’esito di questa collaborazione è sorprendente per l’abilità di intervento del produttore nel comprendere appieno la brillantezza canora di Koné, conferendo la giusta misura alle emozionali sfumature vocali della cantante. “Volevo passare dall’essere la persona che aveva il maggior numero di conoscenze nella stanza a quella che diceva: ‘Non ho idea di cosa sto facendo ma vediamo cosa succede’”, racconta Lee. Rokia dispiega il suo timbro sublime che non perde aderenza con il versante tradizionale e fa i conti con la turbolenta condizione contemporanea del Paese subsahariano. La narrazione popolare di “Bamanan” si snoda in dieci canzoni, iniziando da “Bi Ye Tulonba Ye” (Oggi è una grande festa”), aperta da voce e synth, con una progressiva rivelazione del tema a mano a mano che entrano gli altri strumenti. La cantante si rivolge ai maliani che vivono in patria e nella diaspora, lanciando un appello all'unità e al superamento delle divisioni. Ci si immerge nei loop ritmici di “Shezita”, nei quali si inserisce la chitarra fluttuante di Salif, mentre le morbide fioriture di Koné procedono in forma antifonale con le coriste. Di “Shezita” (Prendi posto), Rokia dice: “Non prendo parte a nessuna rivalità o pettegolezzo, perché dico sempre quello che penso, non importa chi è di fronte a me. Non siamo affatto vicini a dove pensiamo di essere arrivati. Nel mio ruolo di interprete, cerco di cantare le canzoni come dovrebbero essere cantate e di rimanere umile. L’umiltà può portare tutto – più dei diamanti, e qualcosa che le lotte futili non possono darti”. La kurunba che dà titolo alla terza traccia, dall’incessante ambientazione techno e slanci funky, è una grande barca o una canoa, che figurativamente intende rappresentare il ‘nemico’. Un canto anti-patriarcale che affronta il modo in cui le donne sono spesso rifiutate dai loro mariti con il passare degli anni. Una denuncia delle consuetudini di alcune società patriarcali, dove una volta che i figli sono sposati, il ruolo della moglie nella famiglia è svilito dall’arrivo
di una seconda moglie. Se la donna si ribella a questa condizione, potrebbe essere bollata come ‘pazza’ e isolata dalla società. "Kurunba” racconta la storia di una donna che è stata liberata dal suo isolamento. Il giorno del matrimonio di sua figlia ha cantato questa canzone, e le stesse persone che avevano cercato di rinchiuderla sono state trasformate in cani e mosche. Con “N’yanyan”, primo singolo del disco, si giunge ad uno degli episodi più toccanti dell’album. Qui, Koné è sola, accompagnata dal solo piano elettrico. La sua voce è stata registrata a Bamako nell’agosto del 2020 la notte di un colpo di stato in Mali. Motivo fissato in un solo take poco prima che la corrente venisse interrotta e fosse imposto un coprifuoco alla città. Così la presenta: “Canto ‘N’yanyan’ per tutti gli esseri umani, per dire loro che siamo nella terra di mezzo e tutto questo finirà un giorno. Questa difficoltà è solo un momento nel tempo, e tutte le cose passeranno". Si tratta di canzone antica che invita a riconoscere i nostri limiti e la nostra mortalità (Il video del brano è stato girato nella casa del regista senegalese Joseph Gaï Ramaka sull’isola di Gorée). Salgono di nuovo i beat in “Anw Tile” (È il nostro tempo), intreccio di percussioni, chitarre effettate e voci. La canzone parla dell'epoca d'oro dell'impero Bamana, fondato nel XVII secolo a Ségou, la regione del Mali dove Rokia è nata e cresciuta. Si riferisce a personaggi ed episodi dell’epopea di Bamana Segu. 
“Soyi N’galanba” proviene dalla tradizione dei canti di lode e racconta di personaggi ed episodi del tempo di Sunjata e dell'Impero maliano. Ci si tuffa ancora nella storia nella successiva “Bambougou N’tji”, dove con il termine ‘Bamananya’ ci si riferisce agli antichi costumi e riti del popolo Bambara che ha resistito a lungo alla diffusione dell’Islam nell'Africa occidentale tra il XVIII e XIX secolo. Bambougou N’tji Diarra era un comandante militare, nonché figlio di N’golo Diarra, sovrano dell’impero Bamana nel XVIII secolo. Su un riff di chitarra e sul morbido groove poliritmico “Dunden” racconta dei problemi di una donna sposata, figuratamente rappresentati da una piccola bottiglia o contenitore fatto da una zucca (il dunden). Segue “Mayougouba”, in cui un energico ritmo dance Koné dice alle donne maliane: “Sei perfetta così come sei”. Rokia ha scritto la conclusiva “Mansa Soyari” all’epoca delle Amazones d'Afrique (era stato inciso per “République Amazone”). Nella canzone esorta le donne a non sprecare l'opportunità di avere un impatto sul mondo attraverso la propria femminilità o ‘musoya’. A fare da contraltare agli eroi maschili su cui si imperniano le genealogie e i canti di lode dai jeli, Rokia ha scelto di invocare le eroine, le cantanti influenti (tra le quali Ramata Diakité e Fanta Damba) che hanno preceduto lei, la “Rosa di Bamako”. www.rokiakone.com, www.jacknifelee.com, www.realworldrecords.com


Ciro De Rosa

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