Muddy Gurdy – Homecoming (Chantilly Negra, 2021)

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Che accade se la musica tradizionale dell’Auvergne incontra l’hill country blues del Mississippi? Se il bordone, il ritmo ronzante e il potente melodiare della ghironda collidono con le magnetiche chitarre del sound delle colline settentrionali dello stato americano? Vale la pena di farselo raccontare da un trio di musicisti del sud francese: Tia Gouttebel, chitarrista e cantante, il percussionista Marco Glomeau (in coppia con la blues woman erano Tia & The Groove Box) e Gilles Chabenat, “hurdy gurdy man”, maestro e innovatore del cordofono a tastiera e manovella. Sotto il nome di Hypnotic Wheels i tre hanno pubblicato l’album eponimo nel 2014, per poi dare alle stampe, nel 2018, “Muddy Gurdy”, il cui titolo è diventato il nome stesso della band (gioco di parole tra Muddy Waters e Hurdy Gurdy), con cui in Francia si sono aggiudicati il Premio “Coup de cœur Musiques du monde” dell’Académie Charles Cros e sono stati finalisti del Premio Blues dell’Académie du Jazz. Questo disco è l’esito di una sorta di pellegrinaggio oltreoceano nel Mississippi, con le tracce fissate dal vivo nel corso di sessioni alla Sherman Cooper Farm e sul portico della Moon Hollow Farm di Como, all’Highway 61 Museum di Leland, alle Dockery Farms di Cleveland e al Club Ebony di Indianola. Pubblicato da Chantilly Negra e registrato da Pierre Bianchi con un piccolo studio mobile, l’album allinea brani di grandi nomi del passato, come Muddy Waters, Mississippi Fred McDowell, R.L. Burnside, Junior Kimbrough, Jessie Mae Hemphill, Charles Singleton, Otha Turner (esponente della tradizione fife & drum), e brani di notevoli esponenti contemporanei del blues delle colline, da Pat Thomas ai quattro artisti che suonano nel lavoro: Sharde Thomas (fife e voce), Cedric Burnside, Cameron Kimbrough e Pat Thomas (chitarre e voce). 
Il racconto di questa esplorazione lungo le strade del blues è documentato nel film. È la volta, adesso, di “Homecoming”, in cui il trio ci consegna una nuova riflessione sulle comunanze tra musiche rurali, confluenza tra blues e stilemi tradizionali dell’Alvernia. I tre hanno realizzato session “nomadi” nell’area del Massiccio Centrale dove questa volta, procedendo con l’attrezzatura in spalla insieme ai tecnici, hanno raggiunto i vulcani dell’Auvergne (il notevole ecosistema della regione è stato modellato dall’attività vulcanica di trenta milioni di anni fa), il lago di Guéry e l’altopiano di Cézailler. Un vero e proprio trail che li ha visti prediligere luoghi insoliti come crateri illuminati dalle torce, fienili, raccolte cappelle medievali, la sala da ballo di un bistrot di montagna dove il proprietario vede più mucche che clienti, spazi a cielo aperto (qui, trovate la presentazione dell’album). “Nessuno studio poteva generare una forza emotiva paragonabile a quella delle montagne e dei vulcani dell’Auvergne”, dice Marc Glomeau, e Tia Gouttebel aggiunge: “Tutte le session sono state d’ispirazione. Gli ospiti sono persone appassionate che hanno un'ottima padronanza dei loro strumenti e sono stati in grado di adattarsi perfettamente a ciò che è stato chiesto loro. Non siamo in un ambiente di musica tradizionale, ma hanno davvero portato ogni elemento della loro cultura con grande entusiasmo e talento. Proprio come nel Mississippi, le cose sono accadute in modo naturale. Penso che, al di là dello scambio musicale, ciò che li attraeva nel registrare con noi era l’ambiente ‘studio naturale’, il modo in cui avremmo registrato, i temi che avremmo trattato
La scaletta di “Homecoming”, composta da undici brani, di cui quattro sono originali e sette sono cover, è aperta da “Lord Help the Poor and Needy", dal repertorio della chitarrista e cantante Jessie Mae Hemphill. Attacco con la voce solitaria di Tia, poi il tema si apre assumendo un portamento grintoso. Segue la denuncia della famigerata pratica penale cantata da Sam Cooke nel classico “Chain Gang”. La cornamusa elettrica di Louis Jacques (del gruppo electro-trad Super Parquet) entra in “Down in Mississippi”, scritta da un’altra voce del dissenso politico afroamericano, J.B. Lenoir: è uno dei motivi in cui la combinazione di timbri e di procedure rock-blues funziona a meraviglia. “MG’s Boogie” e “Land’s Song” sono due episodi altrettanto preziosi firmati da Gouttabel. La tensione si conserva alta nella prima canzone, un boogie che nel bridge evolve in una sorprendente bourrée (nel disco partecipano anche Eric & Didier Champion, due musicisti e ballerini del gruppo Les Brayauds), in cui è in evidenza la bella armonica di Guillaume Vargoz, giovane musicista che suona la mouth harp nella tradizione dell'Auvergne. La canzone è ispirata a “Old Black Mattie” di R.L. Burnside e si rivolge alle donne dei Sud degli States e della Francia accomunate dalla lotta contro l’oppressione. Nella seconda, I Muddy Gurdy inseriscono un intermezzo vocale in francese di Maxence Latrémolière in cui un contadino si rivolge ai buoi mentre è a lavoro ad arare, non diversamente da quanto accadeva tra i lavoratori neri che parlavano ai loro muli. Il canto si fa sussurrato in “Another Man Done Gone” di Vera Hall, dove gli effetti della ghironda vanno a braccetto con l’incedere scuro del pezzo. 
Di nuovo il canto di Latrémolière si erge in “Afro Briolage”, uno dei temi più significativi dell’album. Si tratta di un giovane musicista che ha ripreso una desueta espressione canora, il ‘briolage’, un canto di lavoro praticato secoli fa dai contadini della Francia centrale durante l’aratura usato per incitare i buoi. La tecnica è davvero peculiare per l’instabilità melodica, il ritmo libero e per gli effetti vocali, è una forma che incrocia la tradizione afro-americana dell’holler, canto dal “fascino indicibile”, lo definiva la scrittrice George Sand (“La Mare au Diable”). Si sviluppa sulle corde della chitarra la toccante versione del grande classico “Strange Fruit” (registrata all’imbrunire nel cratere di un vulcano), che non ha bisogno di presentazioni e dove Tia dà il meglio di sé. Non molla la tensione in “You Gotta Move”, lo spiritual tradizionale popolarizzato da Fred McDowell e dai Rolling Stones, in cui all’attacco di voce e slide, segue l’ingresso della batteria di Glomeau, mentre la ghironda di Chabenat traccia scenari inusitati. Tia Gouttebel è l’autrice di “Black Madonna”, pezzo di matrice gospel che inizia a cappella per poi prendere corpo guidato da grazie ad armonica a bocca, percussioni e ghironda che assume il ruolo della pedal steel. Il cordofono di Chabenat è ancora protagonista nella conclusiva “Tell me You Love Me”, altra canzone di Jessie Mae Hemphill, che chiude il cerchio di questo album sorprendente. Alzate il volume per salutare il ritorno a casa dei Muddy Gurdy!  




Ciro De Rosa

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