La Volpe e Luca – Dal Barocco al Jazz (Stradivarius Italia Dischi, 2021)

Alcuni album testimoniano innanzitutto la capacità di proporre musica dal vivo e questo è il caso della più recente collaborazione fra Gianmarco Volpe e Luca Petrosino. La loro è un’amicizia e una frequentazione di vecchia data, legata ai repertori contemporanei che vedono al centro la canzone. Ma a volte a guidare l’esplorazione musicale possono essere gli strumenti: l’incontro di Luca Petrosino con mandolino e mandola ha indirizzato le loro avventure musicali in duo sia in un territorio squisitamente strumentale, sia alla ricerca di una scaletta capace di una narrazione attraverso epoche diverse, all’insegna del dialogo fra gli strumenti a corde. I riscontri del pubblico hanno convinto Diego Arturo Giordano (autore delle note che introducono l’album) e l’etichetta Stradivarius a catturare in studio il viaggio musicale che Volpe e Petrosino propongono dal vivo, muovendosi fra le corti europee del Settecento, da quella di Prussia a Re Ferdinando, per approdare alle metropoli dall’altro lato dell’Atlantico, da Rio, a Recife, da Chicago a New York. Per saperne di più, ne abbiamo parlato con Volpe e Pretrosino. (Alessio Surian)

Partiamo da lontano. Com'è nata la vostra collaborazione?
Luca Petrosino - Veramente da lontano! Insieme abbiamo ascoltato i nostri primi concerti e condiviso i primi palchi: eravamo adolescenti. Praticamente abbiamo sempre collaborato a distanza. 
Gianmarco registrò alcune tracce di violino nel primo disco di Luca dal titolo “Rockammorra” e partecipò ad alcune date con quel gruppo. 

Come si è indirizzato il vostro percorso di ricerca musicale insieme?
Gianmarco La Volpe - Siamo due musicisti moderni a cui piace anche la musica antica in quanto siamo consapevoli che la musica non è altro che lo sviluppo fisiologico di un linguaggio universale. Condividiamo questa idea e quindi andiamo spesso alla scoperta di spartiti anche solo per il gusto di leggerli e suonarli insieme, variando il tema e cimentarsi in una improvvisazione. Siamo entrambi molto curiosi di scoprire cosa si nasconde dietro ad una partitura, quali sono le possibilità per uno sviluppo estemporaneo e nello stesso tempo cosa conservare intatto.

Quali strumenti avete scelto e da quali costruttori per il vostro bel suono? 
Luca Petrosino - In questo disco suono un mandolino napoletano Distinto B della Bottega del Mandolino: ho avuto il piacere di vederlo “nascere” visto che sono andato a sceglierlo di persona quando era ancora solo un “pezzo di legno”. In questo modo ho potuto dare indicazioni precise del suono che volevo. Invece, nella traccia 10 suono un mandolino Calace 24, stessa scuola di liuteria, ma un suono più caldo che ben si adatta al genere Jazz ballad di quella registrazione. Nella traccia 14, suono una mandola in Sol, sempre Calace: uno strumento che mi sta dando tante soddisfazioni sia nel classico che nel moderno. Uso corde Galli Suprema con tensione leggera, un nuovo prodotto che mi è capitato di testare quando non era ancora sul mercato e devo dire che mantengono un’accordatura eccellente per un lungo periodo di tempo ed producono un suono netto e deciso. 
Gianmarco La Volpe - Ho registrato il repertorio barocco con una chitarra acustica Richwood D60 tavola in abete. Il resto con una chitarra classica Yairi del 1982, CY118 tavola in cedro.

Com’è nata l'idea di dare vita al progetto in duo La Volpe e Luca?
Gianmarco La Volpe - Preparammo insieme l’esame finale di mandolino al Conservatorio e ci accorgemmo che quel discorso di ricerca poteva proseguire anche oltre in quanto c’erano ampi orizzonti musicali da esplorare con chitarra e mandolino. La tesi sulle pratiche improvvisative con il mandolino dal ‘700 ai giorni nostri è diventata il disco “Dal Barocco al Jazz” e credo che possiamo osare ancora di più. Il nome è stato scelto per aderire al concetto di musica scritta con variazioni…ad libitum. 

Come si inserisce il progetto La Volpe e Luca nei rispettivi percorsi artistici?
Luca Petrosino - Personalmente, il mandolino mi dà la possibilità di esprimere al massimo la mia musicalità. D’altro canto, dopo tre dischi di canzoni mie, avevo la necessità di confrontarmi con un repertorio musicale da interprete ma non da mero esecutore. Infatti, quando posso ci metto il mio zampino…Il mandolino mi ha concesso questa opportunità ed io l’ho colta a volo, non senza sacrifici ma con la volontà di farlo al massimo delle mie potenzialità.
Gianmarco La Volpe - Questo disco rappresenta per me un ritorno alle origini: la musica classica e la chitarra classica. Ripercorrere le geometrie della musica barocca, il lirismo del romanticismo e gli intrecci melodico/ritmici della musica brasiliana, mi ha dato la possibilità di esplorare le numerose possibilità timbriche della chitarra. Questo strumento, la chitarra, riesce sempre a rinnovarsi. 

Il disco nasce dal rodaggio sul palco del vostro duo. Ci potete raccontare come siete approdati all'idea di cristallizzare in studio il vostro incontro?
Luca Petrosino - In realtà è tutto nato da un’idea di Diego Arturo Giordano (Orthotes Edizioni) il quale dopo un nostro concerto ha manifestato la volontà di produrre un disco con noi e così, quando si è presentato l’interesse della prestigiosa casa discografica Stradivarius, abbiamo accettato di buon grado. L’idea di cristallizzare il nostro suono stava diventando un’esigenza soprattutto per lasciare una traccia del percorso che stavamo facendo. 
Ci siamo riusciti e siamo contenti di aver reso partecipe di questa produzione un grande appassionato di musica. 

Che rapporto avete con i generi e i luoghi da cui provengono i brani che avete scelto di interpretare? 
Gianmarco La Volpe - Ascoltiamo tanta musica e la musica è un viaggio nei suoni del mondo. Il disco non è solo un viaggio nel mondo ma anche un viaggio nel tempo. Ad esempio, quando ascoltiamo e/o pratichiamo musica antica-classica ci lasciamo trasportare dall’immaginazione. Ci ritroviamo alla corte di Re Sole, Luigi XVI, con la parrucca e abiti del tempo a suonare nelle sale della Reggia di Versailles in occasione delle nozze con Maria Teresa d’Asburgo. Così per Bole-Bole ci immaginiamo in canottiera baciati dal sole sulla spiaggia dello Stato di Bahia nel nord-est del Brasile con il baffetto, mandolino e chitarra alla ricerca della melodia più ficcante da suonare la sera stessa al locale. E potremmo continuare…ma riconosciamo che ci sono generi e luoghi in cui mi sentiamo più a nostro agio.
  
Qual è stato l'ideale itinerario di viaggio nel tempo che avete compiuto nella scelta dei brani?
Luca Petrosino - Il mandolino ha radici antiche nella musica colta anche se, purtroppo, questo repertorio più interessante è conosciuto e apprezzato da pochi. Così il viaggio musicale comincia dal ‘700, dallo stile galante, dalla prima ondata di maestri mandolinisti napoletani che giunsero nelle corti europee a diffondere la cultura mandolinistica: le composizioni proposte di G.B. Gervasio e Francesco Lecce ne sono un bellissimo esempio. Si giunge all’800 con i brani di Raffaele Calace passando per il rag-time di Janis Joplin per approdare così al ‘900: lo standard jazz Misty, i choro di Jacob do Bandolim ed infine la fusion di Pat Metheny. 
 
In che modo la tradizione del "bandolim" brasiliano e nordestino interroga il vostro modo di suonare? 
Gianmarco La Volpe -
Questo disco vuole essere la dimostrazione che lo strumento mandolino possiede ampie capacità espressive anche se solo una nicchia ne conosce le reali potenzialità. In Italia sembra “snobbato” dai più come strumento esclusivamente folcloristico mentre all’estero è un punto di riferimento culturale: esegue melodie choro, brani jazz, blues e fusion. Ne è la dimostrazione il movimento internazionale che si sta creando intorno a questo strumento grazie ad artisti come Chris Thile, Don Stiernberg, Hamilton de Hollanda, Sierra Hull e tanti altri.

Quali fili conduttori identificate tra le dieci composizioni che presentate? 
Luca Petrosino - Il filo conduttore principale sono i suoni dei nostri strumenti: abbiamo deciso di usare gli stessi strumenti che durante il percorso sviluppano nuove forme di linguaggio lasciando da parte il discorso filologico-sonoro. Questo ha reso il disco più omogeneo. Inoltre, riteniamo la scelta dei brani aderente ai nostri gusti sia un altro tassello importante che ha smussato il suono del disco rendendo un discorso continuo e coerente.

Qual è stata la risposta del pubblico al vostro progetto dal vivo?
Gianmarco La Volpe - Il pubblico già dalle prime esibizioni si è manifestato piacevolmente sorpreso ed interessato. Molti hanno fatto la stessa osservazione: non si aspettavano che il mandolino avesse tante possibilità timbriche e melodiche visto che nell’immaginario collettivo si accosta solamente alla canzone classica napoletana e per oleografia allo stereotipo italiano. Abbiamo dimostrato il contrario.

Quali sono le sostanziali differenze tra disco e concerto? Sul palco c'è spazio per l'improvvisazione?
Luca Petrosino -  Il disco è stato registrato totalmente in presa diretta infatti suona molto dal vivo. Abbiamo evitato di ricorrere all’editing delle tracce. Le parti d’improvvisazione proposte nelle registrazioni saranno ampliate sul palco per lasciare spazio all’immaginazione ed alla creatività estemporanea.

Progetti futuri?
Gianmarco La Volpe - Primo obiettivo presentare il disco in attesa che questa situazione pandemica ci lasci organizzare eventi in serenità. E chissà se ci saranno le prospettive per proseguire questa strada.


Alessio Surian e Salvatore Esposito


La Volpe e Luca – Dal Barocco al Jazz (Stradivarius Italia Dischi, 2021)
Dal 1762 al 1992; da Napoli a Rio de Janeiro a Recife a New York: sono molto ampie le coordinate spazio-temporali in cui sono iscritte le dieci composizioni di quest’album, rilette da Luca Petrosino e Gianmarco Volpe attraverso una poetica delle corde che vede al centro mandolino, mandola, chitarra classica e acustica. Si comincia con quattro autori italiani fra XVIII e XX secolo. Ad aprire è un adattamento dei tre tempi, brillanti, della “Sinfonia per due mandolini” di Gian Battista Gervasio, seguiti dal Concerto in Sol maggiore di Francesco Lecce. In entrambi i casi si respira aria di corte e di salotti nobili con la chitarra classica di Gianmarco Volpe ad offrire la base ritmico-armonica su cui il mandolino di Luca Petrosino ha modo di cesellare ricami e melodie che richiamano la danza con i due brani di Raffaele Calace, “Saltarello” e “Rondò”, testimonianze di come cent’anni fa venne ripresa e codificata l’arte del mandolino del XVIII secolo. Seguono sei brani che portano l’ascoltatore ad attraversare l’Atlantico per un percorso che cronologicamente si può riassumere in quattro tappe. Si comincia con la melodia forse più nota dell’album, “The Entertainer”, scritta per pianoforte da Scott Joplin nel 1902, con il ritmo della mano sinistra affidato alla chitarra di Volpe. Con “Misty” di Erroll Garner, si resta negli Stati Uniti, in un territorio più poetico, anche in questo caso generalmente riservato al piano e agli strumenti a fiato, già entrato nella Grammy Hall of Fame, e qui ben interpretato con misura e con lirismo dalle corde, territorio che avevano affrontato con ottimi risultati anche Wes Montgomery (documentato dal “Complete Live at the Half Note” del 1965) e Larry Coryell (per esempio in “Fallen Angel” del 1993). Il brano venne scritto da Garner atterrando all’aeroporto O’Hare di Chicago nel 1954 dopo aver attraversato una tempesta: l’arcobaleno che si offrì alla vista del musicista viene qui restituito con colori vividi dal mandolino che riesce a trasmettere un senso di pace sapientemente incalzato dalla progressione accordale jazz proposta da Volpe. Si resta negli anni Cinquanta e la musica del settimo brano di porta a Rio de Janeiro, ad incontrare Jacob Pick Bittencourt, meglio conosciuto come Jacob do Bandolim, acclamato soprattutto per i suoi choro, ma qui autore del bel samba “Bole-Bole”, entrato stabilmente anche nel repertorio di Época de Ouro, l’ensemble di corde (ma aperto a pandeiro e flauto) che proprio Jacob do Bandolim contribuì a fondare negli anni Sessanta . Proprio dagli anni Sessanta viene un classico del bandolim brasiliano, quella “Cadência”, eseguita ed arrangiata anche da Jacob do Bandolim, composta (per lo storico album “Vibrações”) da un autore prolifico (almeno 200 le sue composizioni) e poco conosciuto: Juventino Maciel, mandolinista e suonatore di cavaquinho, ma anche operaio tornitore, fra i musicisti stabilmente trasmessi fin dagli anni Quaranta da Rádio Cultura de Campos, la prima emittente dello Stato di Rio de Janeiro. Il trittico brasiliano si conclude magnificamente con Antônio da Silva Torres, detto Jacaré, originario del quartiere popolare Cordeiro di Recife, col cavaquinho in mano fin dai nove anni di età, emulo del padre Josias, barbiere e musicista. “Saudoso Cavaquinho” viene dal suo primo, mitico, album, “Choro frevado” (1985), uscito dopo trent’anni di concerti e trasmissioni alla Rádio Clube de Pernambuco. Si chiude con “Sunlight” di Pat Metheny, quasi un gioco di specchi con la composizione di Garner: in “Secret Story” Metheny la intepretò suonando la chitarra acustica, elettrica e le tastiere. Petrosino e Volpe scelgono con convinzione un approccio essenziale, un tempo più rilassato, la voce della mandola che sa convogliare tutto il calore e la poesia della melodia.


Alessio Surian

Foto di Saverio Forte

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