Rónán Ó Snodaigh – Tá Go Maith (Arbutus Yarns, 2021)

Al tempo del confinamento del 2020, il musicista e poeta dublinese Rónán Ó Snodaigh e il film-maker e musicista Myles O’Reilly (aka Indistinct Chatter) hanno caricato strumenti e apparecchiature in auto per raggiungere il celebre Shell Cottage di Carton House, in prossimità di Maynooth nella contea di Kildare, per concepire e registrare “Tá Go Maith”, che dall’irlandese si traduce come “Sto bene”. “Ci siamo immersi nella musica, affrontando una nuova canzone ogni giorno, sono state fatte una dopo l’altra. In soli nove giorni abbiamo registrato le nove canzoni dell'album. Poi Myles ha missato l’album nello stesso luogo”, racconta nelle interviste il membro fondatore e frontman dei Kila. Il risultato è un album intimo e introspettivo, che fonde acustico ed elettronico, e i cui testi irlandesi sono stati ispirati dall’isolamento, dal pensiero rivolto agli amici e alla famiglia, mettendo al centro il senso di gratitudine espresso alle persone a cui si tiene: è uno dei modi per rispondere positivamente ai timori indotti dalla crisi pandemica. In apertura, c’è la title track: chitarra acustica in primo piano e ambientazione che vaga nella California Sixties, con il canto di Rónán che trova conforto nella texture dei synth modulari di O’Reilly. La successiva “Ar Ár Son” (Per noi, per nostro conto), primo singolo dell’album, rivela un’andatura danzante: base poliritmica di percussioni, droni e chitarra a sostenere la voce, che si distende malinconica e pensosa. Invece, parte con un suono caldo della chitarra “Tá’n t’Ádh Liom” (La fortuna è con me), che è “una riflessione sulla grazia o la fortuna inaspettata”, rivela ancora Rónán. Le corde assecondano prima il mugolio melodico e poi il canto pieno ma carezzevole, sempre appoggiato su un tappeto di synth, in un crescendo che porta il pezzo ad assumere le sembianze di una folk song. Sospinto dai riverberi percussivi avanza “Cad A Tugfadh Dom” (Cosa mi darebbe), formidabile amalgama elettro-acustico, che è di certo uno dei brani di punta del disco, mentre un canto di uccelli apre e chiude “The Great, Gallant, Brave and Bold Edward Fitzgerald”, costruito su chitarra, tastiere e coro, in cui entra anche la seconda chitarra suonata da Rhob Cunningham. Il motivo è dedicato a Lord Edward Fitzegerald, aristocratico irlandese, veterano della guerra di indipendenza americana nel campo britannico, ma in seguito diventato amico di Tom Paine e votatosi alla causa irlandese, ferito mortalmente alla vigilia dell’insurrezione degli United Irishmen del 1798. Tra l’altro, Edward era figlio di Lady Emily Lennox Fitzgerald, la nobildonna che ebbe un ruolo significativo nello sviluppo estetico degli interni della dimora in cui è stato registrato l’album. Segue “Sliabh Gan Aman” (Montagna senza tempo), dove il bodhrán sostiene il canto di Ó Snodaigh, mentre l’elettronica si insinua sottilmente, dando sostanza alla canzone. Un suono cristallino (è un’arpa?) guida “Farewell to English”, che è un’esplicita citazione dell’opera del poeta Michael Hartnett in cui egli profilava la sua decisione di comporre solo in irlandese (“Ho affondato le mani nella tradizione setacciando i secoli in cerca di parole” e ancora: “trovando l’inglese un peccato necessario/ la lingua perfetta per vendere maiali”). Luminescenze e droni su cui appoggiare chitarra e voce in “Yan Tyan” (backing vocals di Rhob Cunningham e Myles Ó Reilly); il titolo sembra richiamare il sistema tradizionale di conteggio delle pecore in uso in talune parti della Gran Bretagna, ma il tema pare sia nato – apprendiamo – dalla volontà di Rónán di insegnare i verbi irregolari irlandesi alla figlia undicenne. Il congedo giunge con l’aggraziata “Round the Roundabout/Timpeall an Timpeallián”: coro, nitido arpeggio di chitarra e tocchi minimali di synth. “Tá Go Maith” espone la ricerca davvero particolare di questi due artisti e con le sue magnetiche vibes si rivela un gran bel sentire. E per chi ne vuole di più, segnaliamo che Myles O’Reilly ha anche realizzato “A Gardener Now”, un breve film sull’incontro tra il bodhrán di Ó Snodaigh e il Lambeg drum di tradizione lealista del nordirlandese di Derry Richard Campbell, che potete vedere qui




Ciro De Rosa

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