Ricordo di Maurizio

In questo doloroso frangente, i ricordi della lunga amicizia con Maurizio si affollano, ma su tutti emerge la memoria di una serata casalese di più di 40 anni fa, che mi fa convinto di essere stato io  a determinare in Martinotti, giovane musicista rock, la fatale scelta della musica popolare di casa nostra, da attingere non dai dischi del folk revival, ma dalla ricerca diretta sul terreno. Come direttore del Centro di cultura “G. Ferraro” dell’ISRAL, l'istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea di Alessandria, avevo organizzato a Casale un ciclo di conferenze su “Mondo popolare e contadino nel Piemonte di ieri e di oggi” che ebbe un grandissimo successo di pubblico e di critica. Dal novembre 1978 al gennaio dell’anno successivo, per sei sere un pubblico attento e partecipe gremì il Salone del Senato nella Biblioteca Civica per ascoltare Nuto Revelli che parlava del suo “mondo dei vinti”, Tullio Telmon che discettava dei dialetti del Monferrato, antropologi dell’Università di Torino (collaboratori di Gian Luigi Bravo, anche lui purtroppo scomparso in questi giorni!) che parlavano di cultura materiale e musei contadini, mentre chi scrive esponeva i risultati delle sue ormai decennali ricerche sul canto popolare, sulla teatralità carnevalesca (le Businà) e una serata era dedicata alla poesia dialettale, con il grande “Bardo”  Giovanni Rapetti, lo scultore-poeta che, oltre a declamare spezzoni del suo infinito poema epico su Villa del Foro, esponeva in mostra una bella serie dei suoi disegni. Tra il folto pubblico casalese c’era un giovane musicista che si chiamava Maurizio Martinotti e che venne a dichiararmi il suo entusiasmo per aver capito che “nel cortile di casa” c'era qualcosa che valeva la pena di ricercare e riscoprire. Era scoccata la scintilla, e destino volle che si viveva allora un momento storico in cui gli Assessorati alla Cultura degli enti locali  sapevano ancora assolvere ai loro compiti istituzionali, di coordinamento e di 
promozione-valorizzazione dei patrimoni di cultura territoriale. Maurizio divenne così ben presto un collaboratore prezioso del mio Centro di cultura popolare e dell’Isral, non solo come etnomusicologo, ma anche ottimo ricercatore storico e raccoglitore di fonti orali, in collaborazione con Maura Guaschino, bravissima insegnante che (galeotte le fonti orali...!) di lì a poco diventerà sua moglie  3. Decisivo fu avergli indicato come particolarmente propizia l’area delle Quattro Province, dove dieci anni prima, assieme all'équipe dell’Istituto de Martino guidata da Franco Coggiola, avevamo scoperto Ernesto Sala, il “piffero di Cegni”, il repertorio di danze etniche ancora attive nella vita comunitaria locale, nonché il permanere di una interessante tradizione di canto polivocale, sul crinale tra modi esecutivi padani e stile vocale da trallallero ligure. A Maurizio  dobbiamo la scoperta delle sorelle Negro, ex mondine appenniniche, portatrici di una tradizione di canto “di famiglia” che viene da lontano, un prezioso archivio vivente di ballate epicoliriche come “Re Gilardin”, “Adré la riva” (“Pastora e il lupo”), “Margherita de la Piev del Cajer” (“Sposa per forza”)  ecc., eseguite in suggestive modalità arcaiche ricche di melismi, che Maurizio poi rielaborava con maestria per arricchire il repertorio della sua Ciapa Rusa, facendone delle perle indiscusse del folk revival. Tante mie registrazioni ebbero lo stesso meraviglioso destino. Lui poi,
col solito humour e con la simpatica ironia che lo contraddistingueva, spesso nei concerti mi citava dal palco come suo “guru”, ma voglio sottolineare che solo la sua cultura e la sua intelligenza musicale e antropologica, hanno fatto di lui un grande ricercatore, esecutore, arrangiatore, compositore di musica, organizzatore  culturale. Nel 1982 insieme inventiamo uno spettacolo itinerante, “Cultura popolare dei nostri paesi”, che mescola poesia, musica e storia e che gira avventurosamente la provincia alessandrina, dalla piana irrigua a nord alle colline del Monferrato e alle meridionali valli dell’Appennino, con il poeta dialettale Giovanni Rapetti e con alcuni componenti della Ciapa (Beppe Greppi e Lorenzo Boioli). Qui si fermano le mie esperienze collaborative con lui, perché Maurizio decolla nel mondo del folk e della world music infrangendo barriere provinciali e regionali. La sua bravura e la sua enorme capacità di organizzazione lo portano, dagli anni Ottanta in poi, a intraprendere progetti e iniziative di livello internazionale, da Folkermesse (1983-2020) a creare un’importante etichetta discografica (Ethnosuoni), a inventare produzioni raffinate, di cui si è già detto nell’intervento di Ciro De Rosa. Martinotti aveva ben compreso che la tradizione cammina, rivive e s’arricchisce solo con le contaminazioni intelligenti. Non disperdiamo queste idee e queste realizzazioni di Maurizio. Ci mancherà davvero molto, ma per chi gli è stato vicino, mancherà veramente la sua amicizia, la sua scintillante ironia, il gusto del racconto e della convivialità. Un musicista come pochi, il cui lascito andrà meglio indagato, censito, valorizzato. 


Franco Castelli

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1 Progetti di mostre e pubblicazioni sulle risaie del Casalese e sui Contadini monferrini, nati grazie ad un intelligente assessore provinciale alla Cultura (Pietro Gallo di Casale): “Risaie del Casalese. Condizione contadina e lavoro in un'area tra Monferrato e Vercellese”, supplemento al n. 4 di ” Piemonte Agricoltura”, 1982; “Contadini di Collina, Viticultura e condizioni materiali nella cultura orale del Monferrato Casalese”, supplemento al n. 4 di ” Piemonte Agricoltura”, 1984; “Cavatori e cave, Una pagina di storia attraverso il racconto dei protagonisti, Comune di Casale Monferrato, Assessorato per la Cultura, 1988.

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