Hoven Droven – Trad (The Orchard Music/Heilo, 2021)

La chitarra elettrica di Bo Lindberg apre senza fretta l’album: un giro di bicordi ad introdurre “Amerikalinien” cui comincia a dar corpo il robusto suono del violino di Kjell-Erik Eriksson (l’autore di molti dei brani del disco). Un inizio pacato, ma dietro l’angolo ci sono la batteria e il basso elettrico di Björn Höglund e Pedro Blom a spostare in zona rock la sezione ritmica. Giunti al loro ottavo album, gli Hoven Droven confermano l’anima folk-rock che li caratterizza fin dagli esordi nel 1991 e con il primo album nel 1994, “Hia-Hia”. Il quintetto si dichiara molto soddisfatto del nuovo album, uscito a dieci anni di distanza dal loro ultimo lavoro, “Rost”:“Abbiamo voluto ringraziare fin dalla copertina del nostro nuovo album tutti i musicisti che hanno contribuito, e stanno ancora contribuendo, alla tradizione della musica popolare svedese. Sono loro il motivo per cui facciamo quello che facciamo. Dopo trent’anni insieme ci sentiamo abbastanza sicuri da chiamare il nostro nuovo album ‘Trad’ – abbreviazione di tradizionale - nonostante il fatto che la maggior parte delle canzoni siano nuove composizioni. L’augurio è che un giorno facciano parte del ricco patrimonio di musica folk svedese a cui noi stessi ci ispiriamo. Siamo molto orgogliosi di questo album”. Vengono dalla provincia Jämtland, 130.000 abitanti in tutto, per lo più nel capoluogo Östersund, molto più a nord di Stoccolma, nella parte centrale della Svezia. Kjell-Erik Eriksson è cresciuto ascoltando violinisti come Olle Falk, nati alla fine del XIX secolo. Lui e Jens Comén, che nel gruppo suona i sassofoni, studiavano e suonavano insieme alla fine degli anni Ottanta alla Birka Folk High School, a Östersund. In breve, Jens ha coinvolto Björn, Kjell-Erik ha chiamato Pedro al basso e, dalla loro classe è arrivato anche Bo, alla chitarra. Un gruppo che poteva contare sulla reciproca frequentazione quotidiana e su prove regolari: nel 1991 avevano già trovato la formazione base con cui suonano tutt’ora e con cui registrano nello studio casalingo a una cinquantina di chilometri da Östersund. E il nome? Hoven Droven è un modo di dire in jämtska, la lingua locale: significa “di tutto”, nel senso di un tempo e un luogo in cui può accadere o puoi incontrare qualsiasi cosa o persona. E così è suonato, a inizio anni Novanta, anche il loro approccio irriverente al folk nordico, carico di arrangiamenti in zona hard-rock, anche quando si tratta di rivisitare classici delle musiche popolari da ballo. Tre album strumentali, per cominciare; nel quarto album, è arrivata anche la voce: inizialmente per spirito di sperimentazione, poi con una sua dimensione che ha contribuito a caratterizzare lo stile del gruppo, anche se con gli undici brani inclusi in “Trad” sono tornati ad un album interamente strumentale, con cinque ospiti, includendo anche arrangiamenti più schiettamente acustici, come avviene nella danzante “Isak-Anders”, brano tradizionale cui ha dato il suo nome il violinista Isak-Anders Persson, morto nel 1917. I primi tre brani (“Amerikalinien”, “Sprackarull’n”, “Evertsberg” con Jens Comén al baritono) mettono in chiaro l’anima rock e la capacità di tenere alto il ritmo e, all’occorrenza, di scatenarsi. Ma nel quarto brano, “Jensine”, e poi nell’ottavo e decimo brano (“Mörsil” e “Stugen”, polska resa celebre dal violinista Nils Petter Persson) si fa strada il lato più riflessivo e poetico, veicolato anche dal video che accompagna “Jensine”. Il filmato è diretto dallo stesso Björn Höglund insieme a Marléne Nilsén e segue il viaggio lungo un fiume di una precaria barchetta, un viaggio che andrà a “connettere” una bambina e una donna. “Maraakéspolskan” fa un po’ da sintesi prismatica dell’intero lavoro, filtrando la polska di base attraverso un caleidoscopio che senza soluzione di continuità alterna l’intimità rurale alla saturazione elettrica, la delicatezza delle linee melodiche alla spavalderia di impeccabili riff. 




Alessio Surian

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