Artisti Vari – SUNS Antologjie de gnove musiche furlane vol.1 -> ’98/Vol. 2 ’99 -> ’03. Babêl/SUNS vol. 3 ’04 -> ’10 Sclesis/ SUNS vol. 4 ’11 –> ’15. Vive! (Nota, 2020)

L’obiettivo principale dei dischi antologici, siano essi dedicati ad un artista, un gruppo o un’etichetta, è quello di raccontare una storia, riannodando i fili del tempo, ricostruendo un percorso artistico e selezionando i materiali più rappresentativi. Le cose si complicano, quando ad essere preso in esame è un movimento o una scena artistica in particolare, perché si corre il rischio di incappare in imprevedibili lacune o di dover essere costretti per motivi di spazio a lasciare fuori qualcosa. Approcciare un progetto di lavoro in questo senso richiede, non solo una conoscenza profonda di ciò che si va a trattare, ma anche grande attenzione in fase di selezione, affinché all’ascoltatore venga offerto un quadro che rappresenti in modo efficace il tutto. Laddove, i discografici americani e inglesi ci hanno consegnato lavori pregevoli in questo senso, in Italia è più difficile trovare operazioni discografiche di rilievo che raccontino in modo dettagliato una scena musicale. Fortunatamente, esistono delle eccezioni e una di queste è certamente “SUNS Antologjie de gnove musiche furlane”, pubblicato da Nota Editore con la curatela di Luigi Gregoris per il “Projet Suns” del Comune di Udine e del CIRF dell’Università degli Studi di Udine e finanziato da ARLeF Agenzia regionale per la lingua friulana. Si tratta di una pregevole compilazione antologica, declinata in quattro volumi editi nel consueto formato cd-book a cui ci ha abituato Nota e che vede ogni disco accompagnato da un dettagliato booklet con l’introduzione del curatore e tutti i testi in friulano tradotti in italiano e accompagnati dai credits. Come scrive Gregoris nel contributo di apertura del primo volume: “La modesta finalità di questa antologia (…) risiede proprio nell'intento di capire quanto si è svolto in Friuli negli ultimi due decenni, senza l'ambizione di suggerire una vera e propria storia della canzone in lingua (che però prima o poi si dovrà comunque scrivere) ed insieme di ricordare, testimoniare, o più semplicemente non dimenticare, in quest'epoca di infantile eterno presente, per la quale è archeologia quanto avvenuto il mese scorso”
A partire dagli anni Novanta, infatti, il Friuli è stato attraversato da un intenso fermento creativo che ha visto diversi cantautori, strumentisti e gruppi, impegnati nel coniugare le nuove tendenze musicali come rock, folkrock, hip hop, jazz, blues e canzone d'autore, con l’uso della lingua friulana, facendo incontrare tradizione e sperimentazione. A formulare il concetto di “gnove musiche furlane” è stato l’etnomusicologo, produttore nonché editore di Nota, Valter Colle, e ciò in riferimento non già ad una “scuola” ma piuttosto per individuare una scena musicale, ancora attivissima. Gregoris a riguardo precisa: “Ciò in sé, non possiede nulla di musicalmente rivoluzionario, per quanto sicuramente innovativo per la scena friulana del tempo, decisamente arretrata nei confronti del più vasto panorama nazionale ed internazionale, né può vantare il dono impossibile dell'eterna giovinezza: l'espressione deve dunque intendersi storicamente, ad indicare un processo di decisa modernizzazione, attuata contemporaneamente su tutti i quasi i generi musicali contemporanei della pop music e che ha continuato a sfornare prodotti, più o meno originali, ma comunque sempre fortemente caratterizzati da un uso prioritario e significativo della lingua friulana, che diventa suono, su, e quindi parte integrante della musica”. Il Volume 1 prende in esame in particolare il 1998 come anno di riferimento per dare inizio al viaggio nel tempo alla riscoperta di ciò che accadeva in Friuli, ma illuminante è l’introduzione del curatore che ci accompagna all’ascolto, prima ripercorrendo le tappe che dalla tradizione friulana hanno condotto all’incontro con le nuove sonorità e successivamente prendendo in esame il periodo che intercorre tra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta con il 1993 e il 1994 che vengono individuati come il momento cruciale per lo sbocciare delle “gnove musiche furlane”. Scorrono, così, “Nadir” di Raoul Lovisoni dal visionario "La gnove lune", le sperimentazioni dal respiro internazionale del Povolar Ensemble di Giorgio Ferigo con “Nort” e la canzone d’autore di Lino Straulino con quel gioiello che è “Doman” da “Spin”, Loris Vescovo con “Cidule”, Aldo Giavitto con “Viodiju Rivâ” e la splendida “Anime Femine” di Luigi Maieron. 
Non mancano, anche i gruppi come i Zuf de Zur con “Marc Zingar” e Mitili Flk con “Colôrs”, ma la vera sorpresa è la conclusiva “Preiere par Tualias” del Glauco Venier Trio che ben rappresenta la scena jazz friulana. Il secondo volume, curato da Marco Stolfo, prende in esame gli anni zero, ovvero ciò che è accaduto a cavallo tra due secoli tra il 1999 e il 2003. E’ stato, infatti, un momento controverso di grandi trasformazioni ma che ha portato con sé una rinnovata creatività e crescita per la musica friulana con il rock e la canzone d’autore che hanno incrociato i suoni punk e hip hop e le diverse contaminazioni tra generi musicali di diversa natura. Si parte con il punk dei seminali Inzirli dei quali ascoltiamo “Amôr o vencul (Imberdeâts)”, arriva poi “Bluus stonât” dei Croz Sclizzâz e le posse dei Madrac (“Cjargnocentric”) e DLH Posse (“Prin e dopo il taramot (Part I)”). C’è chi guarda oltre i confini della “piccola patria” come gli Arbe Garbe (“L’avion”), Kosovni Odpadki (“Bye Bye Bombe”) o la Bande Tzingare (“Misiones) che testimonia l'esperienza sudamericana di Guido Carrara, così come ritroviamo Luigi Maieron (“Om o furmie”) e Lino Straulino con Stefano Montello con la magnifica “La lenghe di züi”. Completano il disco gli estratti dalle opere prime di Prorastar (“Michi”) e Pantan (“Mueç”) emersi grazie al premio di Radio Onde Furlane, importante riferimento per tutta la scena friulana. Il Volume 3, curato da Marco Stolfo”, offre uno sguardo sul periodo che intercorre tra il 2004 e il 2010 e che ha segnato una fase di ulteriore crescita per le “gnove musiche furlane” in cui si sono moltiplicati progetti e dischi, “schegge più o meno impazzite che autonomamente e in maniera anche incontrollata prendono diverse direzioni, alle volte spegnendosi, altre volte aprendo nuove vie”. Laddove ritroviamo formazioni in crescita come Arbe Garbe (“Oh moi sin”), Pantan (“Catoditâz”), Madrac (“Clap tal suei”) e Bande Tzingare (“Corint tal soreli”), e ormai esponenti di primo piano della scena furlana come Luigi Maieron (“Mago triaca”, Loris Vescovo (“Canecutters”) e Lino Straulino (“La pissande di salin”), scopriamo interessanti realtà come Jo No Kognòs (“Un dì in mancul par me”), 
Priska (“Jesus Mari”), Bakan (“Cîl cjare”), Dek Ill Ceesa (“Oz Dream”, Resistence in Dub (“Vite cun calme”, Francis and the Phantoms (“Ce fino fat?”) e Orchestra cortile (“Danze”). Sempre per la curatela di Marco Stolfo è anche il quarto e ultimo volume che offre una bella istantanea in venti brani di quanto è accaduto nel quinquennio tra il 2011 e il 2013 con ulteriori nuovi artisti, come le splendide voci di Elsa Martin e Giulia Daici, che si sono fatti largo sulla scena friulana, storici ritorni, come quello de il Canzoniere di Aiello e le tante e diverse nuove leve (Aldo Sbadiglio e La Famiglia Ananas, Carnicats, Treabet, Ulisse e i Ciclopi, Mig29 Over Disneyland, Orko Trio + Fabian Riz e Laipnessless) non senza dimenticare quanti ne rappresentano ormai le colonne come i già citati Loris Vescovo, Lino Straulino e Luigi Maieron. Alle conclusioni del testo introduttivo al quarto volume, Marco Stolfo affidata una riflessione importante sulla conservazione della lingua friulana che ci piace riportare integralmente: “patisce in modo negativo l'influsso della lingua dominante, come emerge da alcuni italianismi ("biforcute", "camineto"...), ma anche questo aspetto non ha soltanto una connotazione negativa: per un verso rappresenta l'effetto di una minorizzazione lunga e pesante e per l’altro conferma la normalità dell’uso del friulano in musica, come una lingua normale e reale. Il tutto troverebbe conferma, dopo due decenni abbondanti di produzioni musicali nel fatto stesso che si scrive si canta in friulano senza necessariamente spiegarne le ragioni ideali o rivendicative, come si faceva in passato. Si fa e basta. Ciò avviene perché quelle ragioni sono venute meno oppure perché non è necessario ribadirle, in quanto si tratta di qualcosa che è ormai noto e condiviso? Forse la prima ipotesi può valere per chi realizza solo un brano in friulano per partecipare a qualche concorso in cui la lingua è solo un oggetto, poiché, a parte i testi delle canzoni, non si vede e non si sente "come lingua", neanche fossimo ancora nei primi anni Sessanta del secolo scorso, quando certi usi pubblici del friulano erano tabù. Pensiamo - e speriamo - che per la maggior parte di cantanti e gruppi sia valida la seconda ipotesi, poiché da quanto si legge e si sente in giro emerge con forza che la "gnove musiche furlane" è musica "friulana", "nuova" e quindi "viva". Che guarda avanti. Perché il futuro - che, ricordando Joe Strummer, è ancora "unwritten" - è da scrivere, da cantare e da vivere “ancje par furlan”. 


Salvatore Esposito

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