Yves Uzureau – Georges Brassens. Premières chansons (1942-1949) (EPM, 2021)

A questo sobrio disco il meritato compito di chiudere le celebrazioni per il centenario dalla nascita di Brassens. Da adolescente, nel 1938 anche lui, più o meno come tutti, iniziò a scrivere canzoni, quand’era un signor nessuno, senza baffi, gatti d’intorno o pipa in bocca. Le ricopiava su piccoli quaderni a quadretti che poi depositava direttamente alla Sacem, la società degli autori, compositori ed editori musicali francese. Tra il 1942 e il 1949 lo fece regolarmente con sessantotto composizioni che rimarranno purtroppo non registrate in studio e neppure mai eseguite in concerto. Tutte tranne quattro: “Maman, papa”, “Le bricoleur”, “Les amoureux des bancs publics” e “J’ai rendez-vous avec vous”. Durante l’occupazione nazista centinaia di migliaia di lavoratori francesi vennero requisiti forzatamente per contribuire in vari modi alla causa di guerra, inviati in campi di lavoro  sul suolo tedesco. Già nel 1942 erano ben 70.000 e tra loro anche il giovane Georges. La Germania impose al governo di Vichy l'istituzione del S.T.O. (Servizio di Lavoro Obbligatorio) che divenne legge in Francia nel febbraio 1943. Brassens fu spedito a venticinque chilometri da Berlino, a Basdorf dove rimase per un anno circa, oggi lì opera un’associazione che porta il suo nome e organizza annualmente un festival in suo onore. Si svolge ad ottobre e invita artisti provenienti da ognidove. Uno dei suoi più vicini compagni all’epoca di quella sventura, si chiamava René Iskin e cantava con dedizione ed entusiasmo le canzoni di Georges nei momenti di riposo al campo. Per moltissimi anni ha custodito nella sua straordinaria memoria quelle melodie originali e oggi ascoltandole se ne capisce bene il perché: trovarsi al cospetto ottanta anni fa di canzoni così dev’essergli sembrato come entrare in una galassia futuribile. Quanti autori d’oggi ambirebbero a  possederla una tale qualità compositiva! In seguito il modesto Brassens fino alla Liberazione si rintanò all’interno del XIV° arrondissement, il quartiere bretone di Parigi, a casa di Jeanne e Marcel Planche, al n° 9 di impasse Florimont, vicoletto anonimo di cinquanta metri e largo due. Quando usciva fuori era per passare tutto il tempo instancabilmente a leggere poeti maggiori e minori in biblioteca, fino ad una sera dell’inverno 1952, quando Patachou nel suo cabaret di Montmartre...ma questo oramai è storia. Brassens ha sempre amato la compagnia, varie canzoni lo testimoniano, si definiva “un giardiniere di amici che non ne ha mai lasciato alcuno senza cure e senz’acqua, neppure per qualche giorno”. Anche l’antico compare René Iskin però non dimenticò mai quelle lontane canzoni, dopo la morte di Georges realizzò due dischi-tributo (2003-2004), nei quali ne interpretava sette per la prima volta. Purtroppo la difficile reperibilità di quei CD, le fece rimanere pressoché inascoltate. Un bel giorno, per merito dell’editore Jean-Paul Liégeois, quei quadernetti da scolaro custoditi dalla Sacem finirono finalmente nelle mani giuste e nel 2016 diventeranno un libro completo che rispetta l’ordine esatto con il quale i testi vennero ricopiati a mano dal loro autore. Le mirabili parole del compianto Gabriel Garcia Marquez che esalta “l’istinto poetico” e “la forza lirica” di Brassens furono poste come prefazione e in allegato c’era un mini-cd con sei di quei titoli inediti, nell’interpretazione di Yves Uzureau. Come tanti prima e dopo, anche Uzureau ha sempre ammirato l’opera di Brassens del quale ha incorporato le canzoni in diversi concerti a partire dal 1995, immortalati pure in vari dischi. Il suo spettacolo “Les copains d’abord” dopo una prima serie di repliche al Teatro Nestle di Parigi, resterà in cartellone per tre mesi di fila al Bobino e sarà portato anche all’estero. Due ulteriori lo seguiranno: “Swing Brassens” e “Ces chansons qui sont nées quelque part”. Parallelamente Yves ha pubblicato diversi dossiers e un volume contenente l’opera integrale del cantautore di Sète dal titolo “J'ai rendez-vous avec vous”(2016). Il libro reca in copertina uno scatto fotografico dove Georges è assieme al medesimo pappagallo presente ne “Il maestro irriverente” (2012) di Margherita Zorzi. Il simpatico pennuto nel frattempo, forse per sgranchirsi le un po’ le zampette, è passato dalla spalla sinistra a quella destra. Uzureau racconta di aver scoperto le canzoni della giovinezza di Brassens durante una domenica del 1999, per merito dei vecchi amici di Georges, Pierre Onténiente e René Iskin che nel corso di una giornata passata insieme, gliele registrò su una cassetta per offrirgliele poi in dono. Non voleva che quelle melodie corressero il rischio di andare definitivamente perdute. Yves definì questo tesoro come “sopravvissuto alla fossa comune del tempo” e sempre grazie a questi amici sappiamo che Brassens stesso ne parlava come del suo “vecchio stile”. Uzureau, attore, cantante e chitarrista oggi ha arrangiato e fedelmente interpretato le sette canzoni ricomparse nei dischi di Iskin più altre otto, in un CD che ripropone in copertina la foto di un pressoché irriconoscibile Brassens giovanile, già immagine del suo precedente libro. Questi i titoli scelti nell’ordine: Le ciel en avait assez - Reine de bal - Je garde toujours - Loin des yeux, loin du cœur - À l’auberge du bon Dieu - Un camp sous la lune - Quand j'ai rencontré celle que j'aime - Et pourtant j'aurais voulu vous dire - Pensez à moi - C'est un petit amour de campagne - Que t'importe - Le bon Dieu est swing – Harmonie - La chanson des bois - La ligne brisée. Nell’acustico disco la chitarra si avvale dei preziosismi del contrabbasso di Anne Gouraud, in perfetto stile-Brassens, incorporando come bonus i tredici relativi estratti sonori originali del 1999, fuoriusciti dai ricordi di  René Iskin. Registrazioni vocali domestiche tra risa e caffè, tintinnare di cucchiaini e sciabordare di teiere. Bisogna sottolineare con sorpresa che già dall’inizio, l’autodidatta Brassens era assolutamente un gran melodista, a dispetto della monotonia sonora che alcuni detrattori sostengono, fior di musicisti smentiscono e infinite interpretazioni in ogni genere musicale provano. Queste canzoni ci raccontano che nel mondo del giovane Georges i cuori si comprendono e gli amori non sono mai drammatici. I buoni sentimenti sopravvivono sia alle assenze fisiche che alle insicurezze affettive “tu non sei figlia di un principe e io non sono figlio di re, il nostro amore è nato in provincia e anche se non è perfettamente legale per noi è perfettamente uguale” (E’ un piccolo amore di campagna) oppure “quando l’amore occupa la gran piazza nei nostri cuori, nella nostra casa, chi se ne frega di tutto quel che succede e a fregarsene si ha ragione” (La canzone del bosco) o ancora “conservo sempre un bel ricordo del mio piccolo soggiorno nel gran cuore dei tuoi vent’anni” (Conservo sempre) “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” invece fu scritta all’S.T.O. per  René e la moglie Michou a quel tempo separati a causa della guerra. Sempre per un compagno di camerata appena abbandonato dall’amata era “Un campo sotto la luna” che rende fedelmente conto delle serate di Basdorf. La vena sentimentale prevale in tutti questi testi ma, col senno di poi e non rispettando la cronologicità degli eventi, sono davvero numerose le suggestioni con tutto ciò che Brassens rimerà in futuro. Anche tralasciando le singole favolette d’amore, ci sono immagini del tipo: “il gran cielo ne aveva abbastanza di villane nuvole opache, così stamattina per festeggiare Pasqua, se n’è sbarazzato. Un chicco di grandine mi dice con certezza che il signor sole gli aveva dato il consiglio notevole di cambiare atteggiamento. Capite voi perché il gran cielo obbedì? Impossibile! E’ un mistero” che inducono la mente a correre a brani quali “L’Orage” del 1960. Un inusuale pianoforte nella quarta traccia “La regina del ballo” rende molto più l’idea rispetto alla chitarra della complessità musicale, quanto al testo, beh, si tratta di un canto d’amore degno di un’amara preghiera: “Signora, perché deridete le mie quartine? Meritano a tal punto la vostra ira? Cosa affermano che vi dispiace? Questa canzone, fiamma mia, non ha grandi parole, né riflessi puri ma contiene un po’ della mia anima e del mio cuore che volò via, un po’ della vostra giovinezza, signora, un po’ di cielo che mi ha turbato”. La canzone testimonia una volta di più la delicatezza, il rispetto e la devozione nei confronti di Brassens contenuti in questo CD, infatti fu la prima cantata da Georges a René nel 1942 eccezionalmente al pianoforte e in questa veste la ripropone oggi Uzureau. La sua convincente voce ha anche il grandissimo pregio di non fa rimpiangere Brassens, anzi par proprio di vederlo seduto sornione in disparte ad ascoltare. Irresistibili sono pure le ultime due canzoni, la comica “La linea spezzata” che meriterebbe una interpretazione a più voci  e “Il buon Dio è swing” che prefigura già al primo ascolto, una interpretazione jazz-manouche. Una scatenata band sembra sul punto di apparire ed esplodere, aizzata dalle parole: “ho ricevuto l’altra notte la visita dell’anima di fuoco di mio zio Battista e abbiamo gentilmente parlato un po’ di tutto, blablablablabla, siccome gli ho chiesto cosa succede in paradiso, lo zio mi ha risposto: il buon Dio per obbedire alla moda fa dello swing, dev’essere molto comodo quando si è il buon Dio nei cieli. E’ diventato caporchestra swing, divinamente swing. Il buon San Pietro per affascinare le signorine è sempre hot, gli altri santi lo accompagnano con le ali. E’ sensazionale! La morale è facile: i nemici dello swing saranno puniti, andranno a bruciare all’inferno per sempre!” E un assaggio del potenziale musicale di questo pezzo si può ascoltare per davvero poiché l’amico, attore e cantautore  Pierre Louki, che con Brassens collaborava, condivideva e si scambiava alcune interpretazioni, la utilizzò realmente per colorare la sua canzone “Charlotte ou Sarah?” nel 1976.


Flavio Poltronieri

Posta un commento

Nuova Vecchia