Ensemble Marâghî – Sounds from the Saray. The Young Bobowski at the Ottoman Court in 17th Century (Felmay, 2021)

Nel 2013, Giovanni De Zorzi, intervistato da Blogfoolk, a proposito del primo album “Anwâr. From Samarqand to Constantinople on the Footsteps of Marâghî (Felmay, 2010) diceva: “Sarebbe ora che arrivasse un suo fratello: sta già passando troppo tempo e saprei bene cosa incidere! Eppure … siamo tutti troppo di corsa, impegnati”. Nel primo album, insieme al ney di De Zorzi si ascoltavano l’‘ûd di Giovanni Tufano, le percussioni di Francesco Clera e la voce di Sepideh Raissadat. L’ensemble è cambiato e, da alcuni anni, ad affiancare De Zorzi ci sono Fabio Tricomi (daf, zillidef, bendir, zarb, rympani, kudum, cymbalszil) e Stefano Albarello (qanun, tanbur, setar, curasaz) che ha anche realizzato le partiture e le registrazioni, effettuate a Bologna e Monghidoro fra il 2018 e il 2020 dopo anni di rodaggio in concerto di questo repertorio. L’album del 2010 seguiva il compositore e musicologo ‘Abd ul-Qadir Marâghî (?-1435) nel suo cammino sino a Costantinopoli e al repertorio musicale ottomano. Il nuovo lavoro è dedicato a Wojchiech Bobowski (1610?-ca.1675) (alias Albertus Bobovius Leopolitanus alias Ali Begel-santurîcymbalista), nato a Bobowa, allora parte dell’impero ottomano, nella parte dell’attuale Polonia che incontra a sud-est Slovacchia e Ucraina. Musicista della Chiesa calvinista, venne catturato da pirati tatari nel 1638, e acquistato al mercato degli schiavi di Costantinopoli dalla corte ottomana dove si convertì all’Islam con il nome di Ali Ufukî Bey e lavorò fino al 1657 come paggio musicale suonatore di santûr (cetra su tavola percossa), prima di trasferirsi in Egitto e, infine, in Polonia alla corte del re Giovanni II Casimiro. Per il nuovo album, l’Ensemble Marâghî ha scelto di attingere da un manoscritto di Bobowski, Mecmûa-i Sâz ü Söz (Collezione di opere strumentali e vocali), custodito nella Bibliothèque Nationale di Parigi, con brani sia sacri, sia profani e canti tradizionali dell’area ottomana, primo esempio di notazione musicale occidentale applicata alla musica turca. Un manoscritto simile è conservato nella British Library di Londra. Questo repertorio è stato frequentato recentemente anche, da vari musicisti e gruppi come Murat Salim Tokac, Mehmet Cemal Yeşilçay con il Pera Ensemble, Alla Turca Kollektif. Per le nuove, ottime registrazioni pubblicate da Felmay sono state scelte le composizioni che si trovano nella sola antologia di Parigi e sono, invece, assenti in quella di Londra e vengono qui registrate per la prima volta. Si tratta di quindici brani fra i due e i sei minuti, ognuno con una propria identità specifica, e, in due casi la riproduzione della partitura fotografata nedettagliato libretto di accompagnamento. Si tratta del primo e secondo brano. “Nevrûz Acem Peşrevi” offre un tempo in 16/4 con melodie intese come preludio e come celebrazione dell’equinozio primaverile, il Capodanno/ Nevrûz persiano. “Semâ‘î Nevâ” apre letteralmente alle danze, passando a un ritmo in 10/8, magistralmente scandito e cullato dallo zarb di Fabio Tricomi, con il ney di Giovanni De Zorzi in bella ed espressiva evidenza. E c’è spazio anche per tempi dispari, come il 5/4 del decimo brano, e per cicli ritmici particolarmente dilatati, per esempio l’austero di “Peşrev Ramâzânî usûl-i muhammes”, in 32/4, legato al mese del digiuno, del Ramadhan. Altrove, brani come “Murabbâ ‘Gel Benim Nazh Yârım’” propongono una resa strumentale di brani nati dalla metrica poetica (Murabbâ rimanda ad un genere vocale) e “Semâ‘î Nikriz” sostengono con un 6/8 arrangiamenti polifonici, nel ritornello, più vicini al gusto europeo che alle composizioni ottomane. 


Alessio Surian

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