Dinamitri Open Combo – Mappe per l’Eden (Felmay, 2021)

Large ensemble composto da quattordici elementi, il Dinamitri Open Combo nasce dalla fusione tra due realtà tra le più brillanti e significative emerse degli ultimi vent’anni, nella scena jazz di casa nostra: il Dinamitri Jazz Folklore, guidato dal talentuoso sassofonista Dimitri Grechi Espinosa e l’Open Combo della contrabbassista e didatta Silvia Bolognesi, nel cui curriculum spiccano collaborazioni di alto profilo internazionale con l’orchestra di Lawrence “Butch” Morris, il Roscoe Mitchell Sextet e l’Art Ensemble of Chicago 50th Anniversary. Ad accomunare le due formazioni sono non solo la medesima visione della ricerca sonora e dell’approccio al jazz, ma anche la presenza di alcuni strumentisti in entrambe le line-up e, come se non bastasse, una costante frequentazione tra i vari componenti che, spesso, si sono ritrovati a condividere il palco in varie combinazioni. Come ha raccontato recentemente proprio la Bolognesi, l’idea di fondere le due formazioni in un unico grande ensemble aveva fatto capolino in lei a margine del concerto del marzo 2018 al Pisa Jazz della Sun Ra Arkestra, diretta da Marshall Allen, la cui apertura era stata affidata proprio al Dinamitri Jazz Folklore. Quell’idea, in apparenza estemporanea, è stata poi condivisa con gli altri musicisti, si è sedimentata fino a diventare realtà durante la residenza artistica organizzata da Pisa Jazz, tra il 3 e il 4 gennaio 2019. Dimitri Grechi Espinosa (sax tenore) e Silvia Bolognesi (contrabbasso) si sono ritrovati così con Beppe Scardino (sax baritono), Tony Cattano (trombone), Rossano Emili (sax baritono), Pee Wee Durante (clavinet), Emanuele Parrini (violino), Simone Padovani (percussioni), Gabrio Baldacci (chitarra), Andrea Melani (batteria, percussioni), Cristiano Arcelli (flauto, sax soprano, sax alto), Piero Bittolo Bon (liuto, sax alto, clarinetto alto) e, nell’arco di due intensi giorni di prove e registrazioni, ha preso vita “Mappe per l’Eden” album nel quale hanno messo in fila cinque composizioni che, nel loro insieme, ripercorrono e ricostruiscono il percorso evolutivo della musica dall’origine dell’uomo ai nostri giorni, disvelando le connessioni che legano epoche, tradizioni, stili e popoli solo in apparenza distanti. Ispirandosi agli studi condotti da Cavalli Sforza sulla deriva genetica e linguistica che, in ambito musicale, hanno trovato applicazione con le indagini condotte da Grauer (allievo di Alan Lomax), l’ensemble ha prodotto una profonda riflessione sulla funzione della musica nella società contemporanea e sull’esigenza di riconsiderare i fenomeni migratori come momento di incontro, confronto e interscambio tra culture differenti. Sotto il profilo prettamente musicale se volessimo trovare dei riferimenti per la ricerca timbrica e l’ampia gamma di suoni esplorati, non potremmo non citare Sun Ra Arkestra, ma anche l’Art Ensemble of Chicago e la Liberation Music Orchestra di Charlie Haden, ma è con l’ascolto più attento dello sviluppo di ogni singola composizione che emerge l’attenta analisi e la profonda conoscenza della musica e le sue relazioni ambientali e sociali. Allo stesso modo, si colgono tutti gli addentellati e le sfumature con la world music da cui hanno attinto quegli elementi comuni a tutte le tradizioni musicali da utilizzare come cellule sonore da sviluppare e declinare al futuro. L’empatia, la complicità e la perfetta intesa tra gli strumentisti delle due formazioni ha generato un universo sonoro articolato e denso di fascino in cui viene rimessa al centro la musica nella sua funzione rituale e catartica, ma anche di aggregatore sociale che non conosce divisioni, barriere e confini. Ad aprire il disco è “Honeycomb” di Piero Bittolo Bon che prende le mosse dalle dissonanze dei fiati che evocano il Big Bang che ha originato l’universo per dipanarsi attraverso dieci minuti in cui le percussioni sostengono il climax guidato dalle voci strumentali che descrive il cammino evolutivo dell’uomo. Si prosegue con le sonorità afro-caraibiche di “Umanità”, firmata da Dimitri Grechi Espinosa nella quale le percussioni guidano le fila di un dialogo continuo con gli strumenti melodici ad evocare un arcaico rituale iniziatico. Se “Slide Me On The Moon” di Paolo Durante ci regala una brillante introduzione free e le liriche di Griffin Alan Rodriguez, la successiva “Eden Was My Home” di Cristiano Arcelli un’incursione nei suoni urbani e ritmi funk con gli strumenti a fiato protagonisti di sorprendenti scorribande non convenzionali. Chiude il disco la magnifica suite “I’m Refugee/Hope”, composta da Espinosa, un viaggio sonoro che parte dell’Africa tocca il Medio Oriente e, passando attraverso i Balcani ci conduce in Nord Europa. “Mappe per l’Eden” del Dinamitri Open Combo è, dunque, il manifesto per una nuova umanità, declinato in chiave jazz, un disco di grande pregio sia dal punto di vista musicale che concettuale. 


Salvatore Esposito

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