Vedan Kolod – The Tale of Igor’s Campaign (CPL Music, 2021)

“The Tale of Igor’s Campaign” è un poema di autore ignoto scritto in antico slavo orientale, su cui, ancora oggi, molto si dibatte, sebbene l’opinione corrente conferisca al testo una comprovata autenticità e lo dati alla fine del XII secolo. In riferimento alla forma e alla scelta dei temi può essere ricondotto a componimenti probabilmente più noti, come “La Chanson de Roland” – il più importante poema del ciclo carolingio, scritto anch’esso nella seconda metà del XII secolo –, l’opera armena suddivisa in quattro cicli “Daredavils of Sassoun”, oppure a “La Canzone dei Nibelunghi”, con protagonisti eroi e personaggi come Sigfrido, Crimilde (la stessa ripresa da Wagner ne “L’Anello dei Nibelungo”), e della valchiria Brunilde. “The Tale of Igor’s Campaign” racconta le gesta di Igor Svjatoslavič attraverso la fallimentare campagna militare che questi – un nobile del Principato di Černigov nell’antica Rus’ di Kiev, il più antico Stato organizzato slavo-orientale, che oggi corrisponde a una vasta area che va dall’Ucraina alla Lituania, Lettonia ed Estonia orientali – condusse contro i Cumani della regione meridionale del Don. Dovendo evidentemente essere sintetico, basterà dire che i tratti principali – che verosimilmente hanno attratto anche l’interessante elaborazione musicale dei Vedan Kolod – risiedono nella lingua del poema e nelle influenze culturali che ne orientano la struttura narrativa. Il componimento, infatti, è considerato il più antico scritto in lingua slava antica scevra da commistioni con lo slavo ecclesiastico e riconduce, attraverso numerosi riferimenti, alla mitologia slava, cioè all’insieme di credenze sulle quali si è poi innestato, attraverso il processo sincretico, il cristianesimo. Grazie anche a queste caratteristiche il poema ha, nel corso dei secoli, attratto l’attenzione non solo del mondo della storia e della letteratura, ma anche della musica, come dimostra l’adattamento che Aleksandr Borodin ne fece alla fine dell’800, dando vita, con il titolo “Il principe Igor”, ad uno dei più grandi classici del melodramma russo. I Vedan Kolod hanno affrontato la narrazione musicale del poema attraverso una lettura molto sobria, sebbene evidentemente empatica, con il supporto di una strumentazione tradizionale – che conferisce al testo un’atmosfera pienamente medievale – e di Lev Skvortsov, professore del Dipartiment of Russian language an stylistics del Gorky Literary Institute, presentato nell’album come un irrinunciabile special guest. Forte di questi supporti, il trio formatosi a Krasnojarsk, terza città più grande della Siberia, ci porta per mano dentro un’atmosfera rarefatta, in cui le gesta degli eroi irrompono dentro un discorso musicale molto lineare e lucido, spesso intervallato da lunghe narrazioni vocali. In un certo senso, con questo album i Vedan tornano al loro primo amore, vale a dire la musica medievale, interponendo nello spazio musicale entro cui ambientano il racconto, una scelta chiaramente stilistica. Si tratta della scelta di un linguaggio (musicale, strumentale, vocale, ma anche di toni, tonalità e timbri) che riconduce il poema alla rarefazione di uno scenario non epico ma, al contrario, concreto, addirittura semplificato. Ridotto cioè a un ambiente sonoro ligneo, che richiama direttamente un Medioevo “naturale”, sganciato dalla pomposità della rilettura romantica e, più in profondità, dallo sguardo emotivo entro il quale la tradizione ottocentesca e melodrammatica ci ha abituato a rivivere queste gesta antiche. In questa traiettoria pragmatica si scorge lo studio più attento del trio, che si confronta certamente con la storia, in una cerniera però fondamentale dell’area da cui proviene o in cui opera più assiduamente. Ciò che emerge dall’album è, in linea con una elaborazione innovativa, la variabile irriducibile di tradizioni culturali che riemergono (e devono riemergere, per comprenderle anche in un’ottica di stratificazione) in uno spazio di confine e non solo di conflitto. Qui la regolatezza di strumenti tradizionali (come buben, buzuki, vargan, kaluka, gudgok e sharkuncy) riflette indirettamente l’interazione culturale e permea il nervo del racconto, ridimensionandone non la “verità”, ma la segmentazione delle fonti e dei riferimenti, il fascino dei caleidoscopici contenuti. 


Daniele Cestellini

Posta un commento

Nuova Vecchia