“Tanbur”, musica e perfezionamento spirituale nell’opera di Ostad Nur Ali Elahi

Ostad Elahi, cenni biografici e musicali
Nur Ali Elahi nacque, nel 1895, a Jeyhounabad, villaggio curdo iraniano, situato nella regione di Kermanshah, la cui superficie è occupata in gran parte dalla catena montuosa dei monti Zagros. “Ostad” è il titolo conferito a chi raggiunge elevati livelli in un ambito della conoscenza. Gli venne attribuito per “la padronanza nel campo della Saggezza e della musica sacra”. Era figlio di Hajj Nematollah, noto scrittore, mistico, guida spirituale e suonatore di “tanbur”, il quale fece vivere ai figli una gioventù ascetica centrata sull’etica. Il giovane Nur Ali, parallelamente, ricevette un’educazione culturale. Nel primo decennio del XX secolo, abbandonò la vita ascetica per portare i propri insegnamenti “in vivo”, cioè in seno alla società, poiché “la Verità si acquisisce con la pratica, non con le parole”. Si trasferì in città e iniziò a lavorare presso istituzioni amministrative. Inoltre, completò gli studi universitari che gli permisero di svolgere la professione di Giudice di Pace, inizialmente a Larestan. Dopo oltre vent’anni, concluse la carriera come Presidente dell’Alta Corte d’Appello Penale di Mazandaran.  Una volta in pensione, sistematizzò studi e ricerche, giungendo principalmente a diffondere il proprio sapere tra la gente comune. Sulla base di appunti presi da suoi conoscenti, sono stati pubblicati alcuni testi comprendenti aforismi e detti. Nel 1963, la pubblicazione “Borhan al-Haqq” (Dimostrazione della Verità), tesa a evidenziare il percorso storico delle correnti mistico-iraniane di derivazione islamica. La seconda opera, “Haqq-ol Haqqâieq” (Commentario al Libro dei Re della Verità), è del 1966. L’ultima pubblicazione è un trattato filosofico, titolato “Marefat ol-Ruh” (Conoscenza dell’Anima,1969), nel quale sviscerò temi afferenti all’esistenza e all’immortalità. In diversi suoi testi viene fatto accenno all’uso del “tanbur”.  Alcuni manoscritti risultano ancora inediti, tuttavia, nel corso dei decenni, l’opera di Ostad Elahi ha potuto essere apprezzata e divulgata, grazie anche alle pubblicazioni del figlio Bahram, medico, ricercatore, conferenziere e professore universitario presso l’università di Theran. Diverse opere sono state pubblicate, sin dagli anni Settanta, in francese. In italiano, vanno citati “Pensieri di Luce (2000, con la traduzione di Mario Luzi), “Parole di Verità” (2016, presentazione di Liliana Cavani) e “Principi di saggezza universale” (2018).  L’ultima pubblicazione è “I fondamenti del perfezionamento spirituale” (2021), nel quale Bahram Elahi ha voluto esporre in modo manualistico e con linguaggio filosofico, medico e psicologico moderno gli insegnamenti del padre, evidenziando i principi etici applicati al vivere quotidiano. In generale, si tratta di opere di peso che richiedono approfondimenti teorici anche in parallelo con filosofie e psicologie occidentali. Il pensiero di Ostad Elahi è centrato sul perfezionamento spirituale, attraverso un accrescimento dell’anima che dipende dall’ “Uno” («Dio unico, senza eguali e invisibile, Lui che fu e sarà per l’eternità») e dalla “Fonte” originaria, alla quale gli esseri viventi possono rapportarsi, attraverso l’intermediazione dei Suoi “messaggeri”. Tale perfezionamento spirituale è ad appannaggio degli esseri viventi dotati di ragione e di libero arbitrio. Raggiungere la Perfezione permetterà di unirsi «… come una goccia d’acqua pura all’Oceano della Verità, da quel momento, pur conservando la propria coscienza di sé e in piena lucidità, essa raggiunge, secondo il rango e la capacità della sua anima, uno dei livelli della Perfezione dove, traboccando di amore metacausale per l’Uno, vivrà per sempre nella felicità totale».   Elahi era interessato a valorizzare l’essere umano, dando rilevo agli aspetti spirituali della sua condotta, poggiando le riflessioni su esperienze personali e non solo su astratte teorie speculative. 

“Tanbur”, strumento di comunicazione divina
Il “tanbur” curdo - da taluni detto “tanbur Ghadamyar” (localmente chiamato anche “tamur, tamureh, tamyarah, tamyorah, tambour, tembur”) - viene spesso associato al movimento religioso dello “Yarsanesimo” o “Ahl-e Haqq” (in talune aree, denominato “Kaka’i”), il cui fondatore è stato il sultano Sahak, alla fine del XIV secolo, nell’Iran occidentale. Il loro libro religioso è denominato “Kalâm-e Saranjâm”, scritto nel XV secolo, basato sugli insegnamenti del sultano. La maggior parte dei seguaci di “Yarsan” vive nella provincia e nelle aree adiacenti di Kermanshah, Lorestan e Ilam. Nei loro rituali lo strumento musicale viene usato spiritualmente, sia per attività individuali sia per esecuzioni collettive, spesso in associazione a forme di canto. Il “tanbur” è riferibile alla preghiera vocale e alla contemplazione. Talvolta è accompagnato ritmicamente dal “daf”, strumento a percussione che, tuttavia, non è considerato sacro.  La musica riveste un ruolo primario nella cultura dei curdi e comprende canti d’amore, di lavoro e religiosi oltre a canti epici, danze e musiche eseguite per specifiche cerimonie o ricorrenze.  Bahman Kazemi e Jean During (francese) figurano tra i maggiori etnomusicologi conoscitori del repertorio musicale iraniano.
Ostad Elahi iniziò a suonare lo strumento sin dall’infanzia. Nel corso della sua esistenza non si esibì in pubblici concerti, ma solo individualmente nelle pratiche di raccoglimento o a favore di gruppi ristretti, comprendenti parenti e conoscenti. Tuttavia, da alcuni anni, sono stati pubblicati parecchi dischi (Edizioni Le Chant du Monde-Harmonia Mundi) comprendenti sue esecuzioni storiche, registrate da amici tramite apparecchi non professionali.  Dal 5 agosto 2014 all’11 gennaio 2015, si è svolta un’importante mostra al “Metropolitan Museum of Art” di New York, dal titolo “The Sacred Lute: the Art of Ostad Elahi”, che ha permesso di far conoscere la sua musica a un vasto pubblico internazionale. In alcune sale della mostra sono state documentate la storia e l’evoluzione del “tanbur”, in relazione alla tecnica esecutiva e al repertorio, dando risalto al contributo offerto da Elahi, ideatore di un originale innesto tra le forme più tradizionali e quelle colte della musica persiana, e non solo. Sin dalla prima infanzia, apprese la conoscenza dello strumento dal padre, riconosciuto maestro nell’arte del “tanbur”, il quale volle occuparsi direttamente dell’educazione dei figli. Tuttavia, nel corso degli anni, Ostad Elahi ebbe modo di approfondire diversi stili esecutivi, entrando in contatto con numerosi suonatori, esperti di musica persiana, turca, araba e indiana. Oltre al “tanbur”, suonava anche il “tar”, il “setar” e un cordofono locale ad arco. A Teheran, ebbe contatti con alcuni importanti maestri del tempo, in particolare con Darvish Khan e Abolhasan Saba. La sua eterogenea formazione musicale gli permise d’introdurre diverse novità rispetto alle forme esecutive più vetuste. Per lui il “tanbur” era un mezzo per connettersi con quella che definiva la “Fonte”. In uno dei suoi testi ha scritto che «ci sono due cose per le quali il mio tempo è stato speso bene: il “tanbur” e la pratica spirituale... La musica dovrebbe essere considerata come un mezzo per stabilire una connessione spirituale e non come fine a se stessa».  Dopo essere andato in pensione, Elahi si trasferì a Theran. Crebbe la sua notorietà musicale, come peraltro testimoniato da scritti di musicisti, quali Musa Marufi, Yehudi Menuhin, e del coreografo francese Maurice Béjart.  Ruhollah Khaleqi, direttore iraniano dell’Accademia Nazionale di Musica, provò a trascrivere la musica per “tanbur” di Elahi, ma dopo vari tentativi desistette, verosimilmente a causa delle difficoltà pratiche anche in termini di rappresentazione semiotica.  Tra le innovazioni organologiche, va ricordato che il filosofo-musicista aggiunse una terza corda (per raddoppiare quella principale) alle due esistenti, al fine di migliorare gli effetti timbrici dello strumento. Inoltre, ideò un “tanbur” a cinque corde, sintesi fra lo strumento curdo e il “setar” persiano (un’intera pubblicazione discografica è stata dedicata alle musiche eseguite con tale strumento). Rispetto alle accordature si deve a lui la cosiddetta “Farangi”, nella quale le corde doppie sono intonate a un intervallo di seconda rispetto alla corda inferiore. Virtuoso dello strumento, pare sia pure stato l’inventore della tecnica “shor” (ampiamente utilizzata tra i suonatori contemporanei), che richiede l’uso di tutte e cinque le dita della mano destra per ottenere particolari effetti espressivi, ritmici e di arpeggio. Il suo repertorio constava di oltre cento brani, nei quali l’improvvisazione (legata all’atmosfera e alla condizione spirituale del momento) rivestiva un elemento di rilievo. Jean During, esperto di musica orientale, in “The Spirit of Sounds: The Unique Art of Ostad Elahi (2003), ha valorizzato l’opera del suonatore iraniano anche in relazione alle analisi musicali. Il figlio di Ostad Elahi è un oftalmologo operante in Europa. Chahrokh Elahi apprese dal padre la conoscenza del vasto repertorio, pertanto viene considerato suo principale erede. Tuttavia, solo in rarissime occasioni, ha suonato per registrazioni pubbliche, una di queste è al momento rinvenibile nel web. 

Per un dialogo interreligioso internazionale
Nel “villaggio glocale” del nostro pianeta, le espressioni sonore popolari e folcloriche contribuiscono ad arricchire il patrimonio culturale dell’umanità e possono dare spessore al dialogo musicale interreligioso.  Chi vorrà approfondire la conoscenza e l’uso del “tanbur” facendo riferimento a Ostad Elahi, non potrà prescindere dai suoi insegnamenti spirituali. Alcuni concetti basilari del suo pensiero riguardano la prammatica, l’etica comportamentale in ambito sociale, sorretta dalla volontà di affermare il bene comune e lo spirito di servizio a favore degli altri. Le pratiche collettive effettuate con il “tanbur” nello “yarsanesimo” hanno un forte impatto emotivo sull’ascoltatore. Per il popolo curdo è vitale poter cantare e suonare col “tanbur Ghadamyar”, strumento che permette di cercare connessione con il Divino ed è, pertanto, considerato sacro e paradisiaco nonché strumento meditativo-identitario, finalizzato alla “trasformazione” spirituale. Il loro modo di impiegare la pratica strumentale individuale e collettiva è originale e, per gli studiosi, è configurabile in quel macro mondo interdisciplinare nel quale vengono comprese le pratiche religiose internazionali, tese a ricercare dialogo tra “Terra e Cielo”, perpetuato attraverso il linguaggio magico e metafisico della musica, localmente contraddistinto da peculiarità espressive tipiche delle diverse comunità. Come già evidenziato in altri contributi, nella logica contemporanea dell’universalità dei saperi e della sinergia tra i popoli, riteniamo che la cultura sonora locale non possa più essere relegata alla sola conoscenza dei singoli paesi, ma debba anche entrare a far parte dell’immenso patrimonio musicale dell’umanità. Tale patrimonio aiuta a stabilire l’estensione e la grandezza della civiltà mondiale affermatasi nel corso dei millenni, alla quale l’umanità dovrà rapportarsi, se intenzionata a costruire un’armonica società ideale, basata sui principi di pace e di unione, nel rispetto delle diverse identità e delle meraviglie naturali, culturali e spirituali di questo piccolo pianeta dell’universo, le quali meritano di essere olisticamente salvaguardate. Da sempre, la musica è fondamento espressivo-comunicativo delle diverse comunità e potente mezzo unificatore tra i popoli i quali, sempre più in futuro, è auspicabile riescano a stabilire un proficuo e duraturo dialogo in ambito religioso, superando stereotipi e pregiudizi nonché forme deprecabili di intolleranza. Incontro, confronto e dialogo tra popoli dovrebbero puntare “glocalmente” alla valorizzazione dell’alterità secondo maturi percorsi d’integrazione e consapevolezza, tenendo sempre presente la promozione sociale delle tradizioni locali e della cultura musicale nel mondo.

Paolo Mercurio

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