Piero Bevilacqua (a cura di), Storie di lotta e di anarchia in Calabria, Donzelli 2021, pp. 230, Euro 20, Libro con CD

Ci sono libri che scardinano una raffigurazione nefasta in cui è attanagliata un’intera regione, raccontando storie di riscatto e ribellione, lontane da un immaginario stereotipato: pensate a “A Sud del Sud” di Giuseppe Smorto, resoconto del presente da una Calabria che resiste, oppure a questo volume curato da Piero Bevilacqua, presidente dell’Istituto meridionale di storia e scienze sociali, che ci consegna vicende drammatiche accadute nella regione nell’arco di settant’anni dello scorso secolo. Sulla funzione della storia, nell’introduzione Bevilacqua scrive che “[…] è quanto mai necessaria e benemerita quando essa si esercita sulle vicende di una terra come la Calabria. Poche regioni d’Italia come la nostra è, da decenni, gravata da immagini, stereotipi, pregiudizio, calchi convenzionali infamanti, che deturpano il suo passato e aduggiano il presente” (p.3). Per “Storie di lotte e di anarchia in Calabria”, Bevilacqua ha radunato un gruppo di studiosi per presentare attraverso saggi, brevi ma incisivi, dieci episodi di lotta e di rivolta e, purtroppo, di repressione in Calabria, poco noti se non del tutto sconosciuti o, ancora, sovente circoscritti alle cronache locali. Sono storie dal basso, di subalterni, di movimenti di ribellione e di emancipazione, di coraggio e di rivendicazioni egualitarie e di lotte per la dignità umana, di emarginazione e purtroppo anche di sconfitte, da cui emergono la resistenza, l’anelito e la volontà di riscatto, la ricerca pressante di giustizia sociale nella Calabria novecentesca. Il volume è aperto dalla ricostruzione dello scontro tra direzione mineraria e movimento dei minatori nel 1903 che combatteva contro le miserrime condizioni di lavoro dei salinari della cittadina albanofona di Lungro (“Lotte proletarie nel profondo Sud. I salinari di Lungro” di Giuseppe Carlo Siciliano). Quindi, si commenta la sollevazione di Benestare (“La rivolta di Benestare del 1906”, Oscar Greco) si ricostruisce la tragica decimazione della Brigata Catanzaro ordinata dal criminale generale Cadorna nel primo conflitto mondiale (“La brigata Catanzaro”, Mario Saccà). Un altro contributo analizza le lotte bracciantili di Casignana nel 1922 e sullo scontro con le squadracce fasciste (“Casignana, 1922: lo Stato si fa mandante ed esecutore di una strage contro innocenti lavoratori”, Chiara Fera). A seguire, si accendono i riflettori sull’antifascismo calabrese (“La resistenza antifascista in Calabria di Nino Malara”, Giovanni Cimbalo, e “La testimonianza di Empio”, Empio Malara). È tratteggiata la singolare figura di Giuseppe Zangara, l’anarchico che tentò di assassinare il presidente americano Roosevelt, simbolo del capitalismo (“Giuseppe Zangara e l’attentato a Roosevelt”, Katia Massara). Nel secondo dopoguerra ci si concentra sulle mobilitazioni contadine a Calabricata nel 1946 in cui perde la vita la giovane Giuditta Levato, assassinata dai latifondisti (“Giuditta Levato: la sentenza condanna [suo malgrado] i mandanti… “, Romano Pitaro) e sulla strage di Fragalà del 1947 (“La rivolta ed eccidio di Melissa”, Gaetano Lamanna). Poco nota, invece, l’uccisione, velata sotto forma di incidente, di cinque giovani anarchici nel 1970, maturata nell’ambito della destra eversiva con la complicità dello Stato (“Cinque anarchici del Sud”, Tommaso Perna). Infine, si giunge ai famigerati moti di Reggio Calabria (“Fascisti per caso. La rivolta per il capoluogo e la manifestazione nazionale sindacale del 22 ottobre 1972”, Luigi Ambrosi, e “Quel 22 ottobre del 1972. Fatto e antefatto”, Saverio Taverna). Ma non si tratta solo di un libro da leggere, perché gli avvenimenti presentati sono stati messi in musica e parole (tutti tranne due, per i quali si è attinto a celebri brani d’autore, già entrati nel patrimonio popolare italiano) dalla cantautrice e ricercatrice Francesca Prestìa, artista dal percorso musicale autorale ma da sempre attenta al portato delle tradizioni orali calabresi, già nota ai lettori di questo magazine (https://www.blogfoolk.com/2017/02/francesca-prestia-mare-nostrum-dm.html, https://www.blogfoolk.com/2019/11/francesca-prestia-donne-del-sud-anchio.html) sempre in prima linea nelle battaglie politiche e sociali della Calabria contemporanea, insignita recentemente del cavalierato della Repubblica, che è la mente ideativa del progetto stesso e protagonista di una appassionata ricerca musicale (con l’adesione della Fondazione IMES di Catanzaro). Ad accompagna il volume è il CD con le canzoni di Prestìa che danno voce e note alle vicende narrate: “Non c’è una mia presentazione perché volevo accompagnare le storie solo con la mia musica e la mia voce, il resto lo lascio fare all’ascoltatore e all’ascoltatrice, al lettore e alla lettrice”, dice la musicista catanzarese, raggiunta da “Blogfoolk”. Nella prima canzone, “I salinari di Lungro”, Prestìa è accompagnata da Santino De Bartolo (voce chitarra classica e folk), Franco Frega e Checco Pallone ai cori. Sono musicisti scelti per amicizia e bravura, racconta l’autrice, che sui possibili modelli di ispirazione chiosa: “Per mia natura (direi alquanto anarchica!) non amo rifarmi a modelli. Di solito seguo questo metodo: leggo, studio, approfondisco la storia, la conoscenza dei vari personaggi, visito il luogo che andrò a narrare, intervisto il popolo che lo abita e infine compongo e scrivo il testo della ballata. E così per queste composizioni sono andata più volte a Lungro, a Benestare, al MUSMI di Catanzaro, a Casignana, A Ferruzzano, a Calabricata, a Melissa, a Cosenza, dagli anarchici di Reggio Calabria. I testi sono nati dunque dallo studio, dalla ricerca sul campo e dalla riflessione personale. Per ogni evento ho scelto alcune parole e concetti (per me) chiave, e poi il resto l’ha fatto la mia creatività”. Con piglio da ballata in “La verità a parola” è cantato l’episodio di Benestare, paese del reggino dove la rivendicazione che investe gran parte della popolazione è repressa nel sangue dalle forze armate del Regno d’Italia. “La decimazione della Catanzaro”, su testo dello storico Giovanni Sole, si veste di una fisionomia sonora ricercata (dentro il pianoforte di Luciano Ranieri, il violoncello di Salvatore Fiorentino, viola e violino di Luciano Spagnolo). “Con Sole, abbiamo insieme visitato anche il MUSMI di Catanzaro, museo dedicato alla Grande Guerra, nel quale sono esposti reperti storici e numerosissime lettere di soldati dal fronte”. Tra lingua e dialetto sono narrati i fatti di un paese agricolo dello Jonio: “La strage di Casignana”, elaborata secondo lo stile dei cantastorie, ha un ritornello cantato e le strofe cuntate. “Per la rivolta di Casignana ho letto il libro di Mario La Cava, ho intervistato il figlio Rocco e le figlie Marianna e Grazia, sono andata al paese attraversando le viuzze percorse dai contadini e ho camminato fino alla foresta Càllistro. Ricordo che quando con il telo da cantastorie ho cantato sotto la finestra dei padroncini, loro per dimostrarmi la loro disapprovazione mi hanno chiuso in faccia tutte le finestre del loro palazzotto!” E sulla lingua utilizzata, la musicista rimarca: “La gran parte sono in italiano per non pregiudicare la comprensione, ma ‘I salinari di Lungro’ contiene alcune parole  arbëreshë, concordate con le mie amiche di Frascineto e Lungro; in la ‘Rivolta di Benestare’, le parole sono della nonna del sindaco Rosario Rocca che mi ha fornito il ritornello: le parole che sua nonna gli ripeteva quando da bambino affrontava momenti di ingiustizia e prevaricazione”. ‘la Rivolta di Casignana’ è nel dialetto che meglio conosco, il catanzarese… è la città dove sono nata e abito”. Un organico allargato di chitarre, flauto traverso, contrabbasso, trombone presenta con accelerazione swing la vicenda di “Little Joe” Zangara, ancora su un testo di Sole. “Siamo andati due volte a Ferruzzano per conoscere la misera casa di Joe Zangara, i luoghi della sua infanzia infelice e povera”. Invece, “Bella Giuditta” è la storia di una donna calabrese, una giovane contadina in lotta con i suoi compagni, uccisa senza motivo da una fucilata sparata dalle forze dell’ordine. “Per Giuditta Levato ho visitato Calabricata, la casa di una sola stanza, il campo dove è stata uccisa, ho ascoltato il racconto del figlio”. Per l’eccidio di “Melissa”, Prestìa si fa interprete della canzone di Otello Profazio: “Con la mia interpretazione di ‘Melissa’ ho guadagnato il titolo di ‘successora’ da Otello al Teatro Cilea di Reggio Calabria”, racconta la cantante. Un’altra storia di lotta è quella di Antonio Malara, detto Nino. “Per il ‘Il valzer di Nino e Giovanna’, fondamentale è stata la testimonianza del figlio Empio, il quale ha dedicato ai genitori il libro ‘Specchio a tre ante’. Data 1970 la morte di cinque giovani anarchici, uccisi all’interno delle trame eversive che hanno visto le collusioni di apparati dello Stato italiano con forze della destra stragista, cantata in “I cinque anarchici dell’autostrada”. Una vicenda sulla quale nessuna verità effettiva giudiziaria è emersa e che era stata cantata da Domenico Bucarelli in “Gianni e Annalise”, sottolinea l’artista catanzarese. Infine, accompagnata dalla chitarra di Giovanni Macrì, Prestìa canta con le parole e la musica di Giovanna Marini la celebre ballata “I treni per Reggio Calabria”. Quanto sia importante per la Calabria di oggi un contributo come quello di questo libro e delle canzoni contenute, lo lasciamo dire alla stessa Francesca Prestìa: “La risposta la danno spettatori e spettatrici alla fine di ogni mio concerto: ‘Grazie per quello che fai per la nostra terra, la nostra storia, la nostra identità. Ci sentiamo più orgogliosi di appartenere alla Calabria’”. “Storie di lotta e di anarchia in Calabria” è un progetto collettivo che dà sostanza storica, è portatore di conoscenza e di riflessione, restituisce appieno i contesti economici, sociali, politici e istituzionali in cui ciascun accadimento si sviluppa, produce impegno sociale. La speranza è che i saggi scritti e le canzoni di Francesca Prestìa abbiano successo nello trappare all’oblio questi tragici fatti per passarne la memoria alle nuove generazioni. 

Ciro De Rosa

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