Tommaso Primo – Favola Nera (FullHeads Records/Arealive/Believes Digital, 2021)

A distanza di tre anni dal precedente “3103”, Tommaso Primo torna con “Favola Nera”, quarto episodio della sua carriera discografica nel quale dipinge un pulsante spaccato di Napoli, accompagnandoci fra i suoi mille vicoli e le sue mille contraddizioni, fra atmosfere torbide e tinte neorealiste, fra colori spiccatamente folk e rimandi tropicalisti. Al suo fianco, per l’occasione, troviamo alcuni nomi di spicco della vecchia e nuova tradizione partenopea, da Peppe Barra a due delle punte di diamante del “Newpolitan power” come Dario Sansone dei Foja e Roberto Colella de La Maschera. Ad aprire il disco è “Cavalleggeri è New York nella testa di Laura”, scandita da un delicato arpeggio di chitarra acustica, su cui si innestano bene i fraseggi degli archi e del mandolino. A seguire troviamo “Madonna Nera”, cantata in duetto col già citato Roberto Colella e con Le Ragazze di Via Argine. Brano caratterizzato da un tuonante linea di contrabasso, su cui si incastra alla perfezione una chitarra classica che si divide fra la ritmica in levare e degli eleganti arpeggi. I fraseggi di archi e, soprattutto, fiati, finiscono- oltre che a far da elemento di imprevedibilità nella dinamica- anche per regalare all’atmosfera quel tocco di ironia che il testo evoca. Terza traccia è “Femmene”, introdotta dall’intenso recitato di Denise Capezza e segnata da una strofa a tinte cupe, sottolineate da una linea di basso molto marcata, e da un ritornello che, grazie agli squarci della sezione fiati e alle briose svisature del mandolino, apre ariosamente. “E allora arrivederci, ciao”, testo firmato dal sopracitato Dario Sansone, è accompagnato da un delicato pianoforte, su cui entra, in un intenso crescendo, una struggente sezione archi, che apre il pezzo, sollevandolo verso vette di altissima eleganza. “Vico Pace”, gioiellino dell’album, vede la partecipazione dell’immenso Peppe Barra, che piazza una zampata di pura grandezza teatrale. Canzone dal sapore ironicamente (e, in alcuni suoi passaggi, anche tragicamente) torbido, con una cavalcante linea di contrabasso ed un pattern di percussioni a trainare la sezione ritmica, mentre un raffinato arpeggio di chitarra classica, contrappuntato da una elegante linea di mandolino e dalle incursioni degli archi, sostiene la parte melodica. Arrivano, poi, le delicate note del pianoforte di “Partenope”, vera dichiarazione d’amore alla città, con uno splendido passaggio come “Bella, profumata e vanitosa, ten’e spine cchiù ‘e ‘na rosa, quanno vuo’ sape fa’ male. Ma ‘a sera, po’ c’un abit’e scintille, ciocch’e stelle fra ‘e capille, chiano, se fa’ perduna’”. L’incastro perfetto fra archi, fiati e mandolini regala una canzone musicalmente raffinatissima e interpretativamente toccante. “Onorato delitto ‘e passione”, è un fosco racconto di un crimine passionale che si snoda lungo una strofa a metà fra cantato e recitato, con una metrica incessante ed un arrangiamento cupo, sostenuto da un soffocante pattern ritmico, dalla chitarra classica e da una turbinosa linea di contrabasso, ed un ritornello che apre melodicamente, scandito dagli archi. A coronare il tutto ci pensa la splendida interpretazione, pesante ed asfissiante, di Tommaso. Decisamente di tutt’altro sapore, invece, “Forcella dream”, che vede la partecipazione vocale di Il Cile. Qui l’arrangiamento abbraccia colori più spensierati, con una interessante sezione fiati ed i fraseggi del mandolino a contrappuntare la chitarra che trascina la ritmica. A chiudere il lavoro ci pensa “Ludopatico d’amore”, che vede la partecipazione di Max Jovine dei 99 Posse. E probabilmente è anche “a causa” di questa collaborazione che la spina dorsale della canzone è caratterizzata da una linea di basso vorticosa e da spruzzate di elettronica, che regalano al brano sapori decisamente moderni, cui fa da contraltare la figurazione di tammorra che sorregge la strofa. Per concludere, stiamo parlando di un lavoro che risente fortemente dello spazio- tempo in cui è nato, permeato da quelle pulsioni e da quelle storie. È un album “operaio”, giusto per citare lo stesso Tommaso Primo, che ha nella narrazione schietta, diretta e vitale della gente che lo anima, oltre che nella ricercata commistione stilistica, i suoi punti di forza. Una splendida prova di musica viva, popolare nella sua accezione più alta. 


Giuseppe Provenzano

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