Setak – Alestalé (Cazzimma Dischi/Believe Digital, 2021)

“Nicola Pomponi in arte Setak è un musicista/cantautore abruzzese di nascita e di adozione. Si nasconde a Roma dal 2001 e scrive canzoni che durano circa 3 minuti”
. Così recita la stringata biografia presente sul sito internet setak.it e, conoscendolo, non c’è affatto da meravigliarsi, se volutamente rifugga dalle lunghe autocelebrazioni in cui spesso ci si imbatte, perché “Lu fij dilu setacciar” (Il nome d’arte Setak deriva appunto da setacciaro, il mestiere dei suoi antenati) è un abruzzese puro sangue e, come tale, bada solo alla sostanza. Di questo ci eravamo accorti subito, ascoltando “Bluesanza”, il suo disco di debutto pubblicato nel 2019, nel quale avevamo colto la sua capacità di lavorare “per sottrazione” sia con la musica che con le liriche, puntando unicamente a far emergere il suo immaginario poetico attraverso l’utilizzo semplice, genuino e diretta del dialetto della sua terra, il tutto senza cercare addentellati con la musica tradizionale, ma piuttosto puntando ad una ricerca sonora a tutto campo che arrivava a lambire anche sonorità folk-blues americane. Non a caso, quel disco finì tra i finalisti delle Targhe Tenco e gli valse il Premio Loano Giovani, oltre a proiettarlo tra le sorprese più interessanti del Premio Andrea Parodi 2020. A distanza di due anni dall’opera prima, Setak (voce, cori, chitarre, mandolino, balalaika, guitarlele e dobro) torna con “Alestalè” nuovo album nel quale ha raccolto dodici brani inediti, nati dalla collaborazione con il produttore Fabrizio Cesare (basso, basso acustico, tastiere, pianoforte, organo, percussioni, chitarre, mellotron, harmochord, radiotones, bodybeat e voci) e incisi con la partecipazione di Carlo Di Francesco (percussioni), Matteo Di Francesco (batteria), Stefano Cesare (contrabbasso e basso fretless), Nazareno Pomponi (organo hammond, cori, mani), Pantarei (rullante giocattolo), Vincenzo Pomponi (organo hammond, voci d’ambiente), Massimo Fumanti (chitarra classica), Margot Cianfrone (cori, mani, voci d’ambiente), Valerio Pompei (batteria, tamburine, shaker) e le voci di Emanuele Carulli, Giuseppina Ferrante e Nicoletta Nardi, a cui si aggiungono gli ospiti Francesco Di Bella (voce) e Fabrizio Bosso (tromba). Un ricchissimo apparato strumentale in cui gli arrangiamenti, i suoni e le ambientazioni spaziali dei brani sono funzionali ad amplificare la potenza evocativa dello storytelling del cantautore abruzzese. Dal punto di vista tematico, rispetto all’esordio in cui si soffermava su storie familiari, ricordi e frammenti di passato, in questo nuovo disco Setak volge lo sguardo al mondo che ci circonda, riflettendo sul concetto di tempo e il suo scorrere inesorabile. In questo senso è significativa anche la scelta del titolo che, in abruzzese, vuol dire “muoversi” perché il tempo non aspetta e a volte è necessario anticiparlo, rincorrerlo, senza arrendersi, senza fermarsi sull’indecisione. E così, il cantautore abruzzese canta di uomini e donne, di padri e figli ma anche della terra e delle origini in cui spesso bisogna tornare alla ricerca di risposte. Ad aprire il disco è la bella sequenza con il trascinante folk-rock “E indande pjove” e i due gioiellini acustici “Alestalé” e “Picchè” nei cui chiaroscuri melodici si insinuano liriche riflessive e di grande intensità lirica. Se il pungente rock-blues “Quanda sj ‘fforte” prende di mira quanti fanno prevalere la forza e la violenza rispetto al dialogo, la successiva “Jù ‘nderre” è una personale “Father & Son” a cui Setak affida una profonda riflessione sul rapporto tra padre e figlio. Il vertice del disco arriva con la superba “Coramare”, cantata in duetto con Francesco Di Bella ed impreziosita dalla tromba di Fabrizio Bosso, nella quele il cantautore abruzzese ci invita all’empatia e a non rimanere indifferenti di fronte alle sofferenze che ci circondano. L’incanto acustico di “Aspitte aspitte” e il muscolare rock-blues di “Ninn’è ‘cchjiù” aprono la strada ai ritmi in levare dell’ironica “Ma tu mó chj vvu’ da me” a cui segue la bella canzone d’amore “Facile”. La solare “Camillo” ci accompagna al finale affidato a “Lu juste arvè”, altro vertice del disco, scritta ed interpretata con Mimmo Locasciulli. Se per Setak, comporre ed cantare un brano con il conterraneo è stata una bella soddisfazione, a noi ci viene regalato un brano di grande pregio in cui un padre invita il figlio a vivere la sua vita, guardando in faccia al futuro, senza incertezze o tentennamenti (“ahuarde sti paure/ma quande pó durà/arcape li pinzìre/chi 'cchijù 'ssu ti pó purtà” (…) “fatte purtà lundane/fatte ahuardà turnà”). Insomma, “Alestalé” è un disco che ha la statura del grande classico nel quale il dialetto abruzzese viene declinato al futuro attraverso una scrittura moderna ed originale. La tradizione in movimento passa anche da album come questo. 


Salvatore Esposito

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