Roberto Cassani – Ansema We Stand (Autoprodotto, 2021)

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“Sono nato in un paesino lombardo, Rivolta d’Adda: nonna abruzzese e nonno della cascina, altri nonni del paesino, genitori pendolari che partivano per Milano alle cinque di mattina e tornavano alle otto di sera. Noi bimbi crescevamo in cortile allo stato brado, curati da nonni che avevano fatto due guerre mondiali. Ho iniziato a suonare per bisogno, da autodidatta. Messo sotto contratto da una major, ebbi la fortuna di conoscere il grande contrabbassista Giovanni Tommaso, che mi fece un po’ da mentore. Poi l’abisso tra un’infanzia in campagna e la vita da musicista mi fece venire voglia di scappare all’estero… Arrivato in Gran Bretagna, ho conosciuto una ragazza scozzese, Lara, oggi mia moglie, e mi sono stabilito nella Scozia rurale, nel Perthshire”. Così si racconta l’exapt Roberto Cassani, 45 anni, contrabbassista con laurea in scienze infermieristiche (lavora come “district nurse”), che ha inciso e autoprodotto il suo debutto discografico nella primavera del 2021 (https://robertocassani.com). Del jazz dice che lo ha amato fin da piccolo: “molto prima di capirlo tecnicamente. La cosa interessante è che dopo averlo studiato, sono arrivato al punto di partenza: ne riconosco ancora la libertà, il ritmo e la melodia come quando ero ragazzino e ascoltavo Miles Davis e Paolo Conte”. Da Giovanni Tommaso al mentore britannico: nientemeno che quel gigante di Danny Thompson (Pentangle, John Martyn e Nick Drake, “too many to mention”, si dice da quelle parti!). “Danny è una persona immensa come il suo suono e mi ha insegnato ad ascoltare e suonare solo musica che viene dal cuore. Nient’altro conta.. e anche la tecnica diventa semplicemente quel tanto che serve per poter lasciar parlare il cuore”. Numerosi i concerti nei club britannici e la partecipazione a prestigiosi festival (tra cui Celtic Connections, Folk Alliance e Edinburgh Fringe), prima di imbarcarsi nel suo progetto solista. 
“Nel 2020 la pandemia mi ha fatto notare quanto le realtà rurali siano simili ovunque e, nel momento del bisogno, la gente faccia quello che serve per superare momenti difficili insieme. Allora ho proposto a Creative Scotland (l’ente pubblico che sostiene le arti e creatività culturale nel territorio scozzese, ndr) un progetto che affiancasse la tradizione scozzese e la mia origine lombarda, per trasmettere un messaggio di solidarietà. ‘Together we stand’ è il motto anglosassone che proclama che ‘Insieme, ce la faremo’ e ‘Ansema’ è semplicemente la parola per “Insieme” nel mio dialetto rivoltano, ed ecco il titolo dell’album ‘Ansema We Stand’”
. Il dialetto per me è la madre lingua. A casa come in paese l’italiano non si parlava quasi mai... Quando devo parlare di qualcosa a livello più logico e cerebrale ormai parlo in inglese. Ma quando devo esprimermi dal cuore lo devo fare in dialetto...”. Cassani suona il contrabbasso e canta nel suo idioma nativo combinando inflessioni jazz dai toni caldi e stili musicali di quella che è da venticinque anni la sua casa, come nella title track d’apertura, dove uno spoken word confidenziale si abbina a un fischio trainante che ci porta nel regno della danza scozzese, preminente nella seguente, ironica, “Evviva”, motivo di esuberante teatralità, debitore al tanto amato Paolo Conte. Accanto a lui suona un pugno di valenti strumentisti scozzesi: Ross Ainslie (Highland bagpipes e whistle), Anna Massie (chitarre, banjo, violino e mandolino), Hamish Napier (piano e flauto), John Somerville (fisarmonica) e Stevie Fivey (batteria e percussioni). 
“Alcuni già li conoscevo, ma altri mi sono stati presentati dal mio amico Andrea Gobbi, un romano emigrato a Glasgow anche lui più di vent’anni fa diventato, come produttore, un po’ un guru per la trad scozzese di una certa generazione. Andrea ha fatto un lavoro fondamentale come ‘regista’, interpretando le mie idee e affiancandole agli stili particolari dei musicisti scozzesi fino a costruire un suono originale e unico. John e Anna hanno contribuito più di tutti agli arrangiamenti delle melodie strumentali, perché sono entrambi enciclopedie viventi della musica scozzese. A me piace l’improvvisazione, quindi sono stato fortunatissimo perché sia Andrea che tutti i musicisti sono stati disponibilissimi ad alternare parti scritte (poche) a molta improvvisazione, il che a mio avviso suona benissimo”
. Proseguendo nell’ascolto, “L’Ada” è un delicato valzer guidato dalla fisarmonica, mentre “Camion militari” ci porta alle tragiche immagini delle vittime della crisi pandemica: su un ritmo incessante di batteria, il fraseggio del violino gipsy di Greg Lawson dà fisionomia a un brano che non smarrisce mai la tensione. Quest’ultima si stempera nei colori pastello della successiva “L’arcobaleno”. Lo strumentale “Eroi in Corsia” incede con spiccato senso melodico: fisarmonica, pipes e percussioni dettano legge. Anche la canzone che segue, “Mpestada Quarantena”, riflette i sentimenti dei tempi più duri della crisi sanitaria del 2020: è uno dei brani di punta del disco, nel cui epilogo trionfa un toccante solo di cornamusa. Naturalmente in Scozia il musicista lombardo ha incontrato un vibrante movimento musicale di matrice tradizionale: “Non è una cosa impolverata sullo scaffale. 
I musicisti scozzesi della mia generazione hanno capito che per preservare la loro musica tradizionale non potevano continuare a suonare nello stesso modo, ma dovevano amalgamare il loro folk con le influenze del mondo esterno: praticamente la musica tradizionale scozzese ora non ha limiti: va dall’elettronico all’accademico, dal jazz alla fusion, ma conserva sempre e comunque il suo fresco essere scozzese”
. Di questo intreccio incessante Cassani e i suoi compagni offrono un altro bell’esempio in “La Santissima “ (il nome con cui è stata ribattezzata a Rivolta d’Adda la molto attesa fiera agricola di Santa Apollonia), in cui gli stilemi scozzesi incontrano il calypso, o in “Delina“, sorta di doo wop scozzese che riempie una canzone dedicata alla nonna. Chiude la bluesy “An Basi'”, dove Roberto riprende “Ae Fond Kiss” di Robert Burns e canta pizzicando le corde del suo contrabbasso. Il fascino di una schietta, sincera ed eccellente confluenza musicale, che è anche un elogio dell’integrazione: tutta da abbracciare. 


Ciro De Rosa

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