Cesare Pastanella – Music for tales. Vol.1 (Angapp Music, 2021)

Sono musiche da racconto, musiche narrative, quelle composte da Cesare Pastanella per questo suo nuovo album “Music for tales”. Al titolo si aggiunge “Vol. 1”, per indicare un work in progress, per anticipare un programma più articolato: “un album diviso in più volumi”, scrive lo stesso autore nelle note di copertina, pensato per organizzare musiche scritte per due spettacoli teatrali di Lucia Zotti: “Il Viaggio di Arjun” e “Badù Re, anzi Leone”. Già questo aspetto, legato alla nascita dell’idea che lo supporta, ci suggerisce il senso di un album in movimento, nel quadro del quale le narrazioni si attestano su livelli differenti e producono un dinamismo performativo, un equilibrio particolare, un senso di alterazione legato alla parola, al corpo, alla prestazione (“Journey”). Vi è la narrazione musicale – ricca e densa, in cui si accavallano numerosi strumenti “etnici”, popolari, e non – e vi è la narrativa composita dello spettacolo di teatro, che non riecheggia semplicemente attraverso il disco, ma sostiene l’andamento ritmico e melodico degli otto brani in scaletta (“Badù”). Insomma, vi è un’interessante coesione tra musica e “sentimento” narrativo: come se emergesse la ricerca di un dettaglio sonoro che deve descrivere, attraverso quel processo di aderenza, di adesione, di confluenza tra gli elementi di cui si può comporre l’idea musicale, cioè l’idea di un racconto, di un’evocazione (“Hunting dance”). Personalmente credo che l’ossatura di “Music for tales” si possa riscontrare proprio nello sforzo di narrare musicalmente un racconto. Si tratta di uno sforzo che, una volta ricondotto in un album, non necessariamente rimane percepibile in tutte le sue componenti. Invece qui si ha l’impressione di “guardare” e insieme ascoltare, per comprendere oltre il suono lo svolgimento di un testo più profondo (“On the bus”). Attenzione, non si tratta di conoscere il testo in tutti i suoi dettagli. È sufficiente comprenderne lo spirito, l’idea, acquisendo così alcune delle coordinate che possono condurre chi ascolta lungo il percorso composito di “Music for tales”. Per questo l’autore sintetizza i due spettacoli in pochissime righe: Arjun è figlio di un cantastorie orientale, che girovaga “mantenendo vive le tradizioni” e stimolando il suo pubblico a “riflettere sui valori della vita”. Badù è un leone che attraversa la bruttura della cattività, per poi liberarsi e tornare in Africa. Ci troviamo così in una prospettiva più vicina al realismo, nel solco della quale ogni tassello sonoro può riflettere un tratto delle immagini a cui si ispira e, allo stesso tempo, completarsi nel confronto con l’andamento specifico del discorso musicale e guadagnare autonomia semantica (“In the mud”). Una volta compresa questa speciale dinamica, si può entrare nei nuclei musicali dell’album e riconoscere anzitutto la capacità di scrittura di Cesare Pastanella. Il quale ha realizzato un’elaborazione musicale affetta principalmente dai suoi strumenti (innanzitutto percussioni), che abbracciano un panorama sonoro vasto e trasversale a differenti tradizioni musicali (“Alice’s tale (Another awakening)”). Tra questi ricordiamo monocord, tamburo parlante, gong tailandese, tablas, glockenspiel, riqq, tamburello, marimba, dumbeg, hit hat, conga, tumbadora. Ma anche alcuni altri che intervengono a integrare il paesaggio sonoro (è il caso di dire), come molle, campane, cicale campionate, ecc. A questo ventaglio di strumenti Pastanella aggiunge sintetizzatori, organo hammond e batterie, distribuendo il suono in uno spazio molto aperto, nel quale intervengono altri musicisti (Nando Di Modugno alle chitarre, Francesco Cinquepalmi al basso e contrabbasso, Giorgio Pinardi alla voce e agli armonici tibetani, Anna Estrela e Lucia Zotti alla vace, Nicola Masciullo alla chitarra acustica). I quali possono considerarsi dei cesellatori, degli attenti interpreti dei propri strumenti, in quanto contribuiscono a definire il profilo di un andamento sonoro sempre vivace, o meglio stratificato, pieno, anche quando i volumi e le intensità si diluiscono e alleggeriscono, lasciando lo spazio maggiore a un’atmosfera piana e profonda (“The flight”). 


Daniele Cestellini

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