Mario Venuti – Tropitalia (Puntoeacapo SRL/Microclima/Artist First, 2021)

A distanza di due anni da “Soyuz10”, Mario Venuti ritorna con “Tropitalia”, album realizzato con la produzione di Tony Canto e nel quale rende omaggio alla canzone italiana, proponendo un viaggio nella sua storia, dagli anni Trenta fino ai duemila, attraverso le riletture di undici brani in una inedita, quanto intrigante, chiave tropicalista. Solo in apparenza questa scelta può apparire curiosa, ma in effetti si pone perfettamente in linea con quell’originalità che lo ha contraddistinto, sin dai giorni gloriosi dei Denovo, gruppo che merita una citazione ogni volta sia possibile. L’apertura dell’album è fin da subito programmatica: quella “Ma che freddo fa” con cui Nada gelò il pubblico sanremese è qui riproposta a tempo di samba, poggiata su un fluido pattern ritmico e contrappuntata dai richiami del cavaquinho. Esperimento perfettamente riuscito anche e soprattutto nel bel contraltare creato fra il testo ed i colori musicali più caldi del nuovo arrangiamento. Di sonorità carioca è rivestita anche “Figli delle stelle” grande classico dal repertorio di Alan Sorrenti, e qui colorata di nuances bossa nova, con un elegantissimo incastro ritmico fra contrabbasso e percussioni. Una sezione fiati densa di saudade e dei cori aprono la dinamica, per un vestito nuovo che regala al brano un’atmosfera nostalgica e malinconica. Con “Quella carezza della sera”, dal canzoniere dei New Trolls, si continua a camminare su percorsi intimi e nostalgici: una chitarra classica guida il pezzo, sostenuta da una rarefatta sezione ritmica, mentre ai tromboni spetta il compito di regalare quel tocco di malinconica imprevedibilità, resa perfettamente anche dall’interpretazione dello stesso Venuti. Tutt’altro timbro per “Maledetta primavera”, a parer mio il vero gioiellino dell’album, rifatta seguendo le trame di un elegantissimo valzer, poggiato su un delicato incastro ritmico fra contrabbasso e rullante spazzolato. Una dolce chitarra arpeggiata, contrappuntata da uno splendido violoncello e dal cavaquinho, accompagna la voce di Venuti e quella di un’altra fuoriclasse assoluta come Patrizia Laquidara, chiamata qui a duettare. Particolare anche il lavoro a tinte nordestine fatto su “Xdono”: a sorreggere la ritmica c’è una fisarmonica al sapore di cumbia, contrappuntata dai fraseggi di chitarra e cavaquinho che spostano il pezzo su colori più vicini a forrò e lambada. Molto ben articolato anche l’arrangiamento fatto su “Non ho l’età (per amarti)”, qui resa come una delicata bossa nova, con una chitarra ad accompagnare il cantato e dei bei fraseggi di violoncello e fisarmonica a far da elemento dinamico, sorretti da una sinuosa linea di contrabbasso. Su “Voar (Nel blu dipinto di blu)”, adattamento in portoghese (curato da Franco Cava) di uno dei brani più iconici della musica italiana, è stato compiuto un notevole lavoro di “disidratazzione” strumentale: ad accompagnare la linea vocale ci sono solo le percussioni di Mauro Refosco, chiamate a tessere una trama ritmica che è un meraviglioso omaggio al Brasile, mentre la voce di Venuti, che rimane praticamente l’unico elemento melodico dell’arrangiamento, è splendidamente accompagnata dai cori del Glorius4et. A seguire, abbiamo “Vita”, canzone che Mogol e Mario Lavezzi scrissero per Dalla e Morandi, e che qui Venuti canta insieme al timbro raffinato di Joe Barbieri. Un arrangiamento a tinte jazz, spruzzate nel ritornello di un delicato samba reggae, con una chitarra a farla da padrone, una acquosa linea di contrabbasso e, ciliegina sulla torta, le incursioni di un theremin. “Vivere” viene invece vestita di un brioso incedere bossanoveggiante, trascinato dall’incontro fra una chitarra ed un cavaquinho e stracciato dai fraseggi del flauto. Altro episodio perfettamente riuscito è l’adattamento di “Il cuore è uno zingaro”, che incontra toni da bolero cubano, sostenuti ritmicamente da una melancolica linea di contrabbasso, con le svisature di chitarra e guitalele a regalare il tocco di imprevedibilità all’arrangiamento. A chiudere il disco è la languida versione chitarra e voce di “Una carezza in un pugno”, densa di tenerezza e saudade. In conclusione, con “Tropitalia” Mario Venuti mette in campo tutta la sua classe sopraffina, sottolineata dalla scelta di farsi interprete. Anche perché operare rivisitazioni così radicali su pezzi che hanno fatto letteralmente da colonna sonora della storia d’Italia era una impresa arditissima, possibile solo in presenza di un certo gusto estetico, oltre che di una gran preparazione musicale. Insomma, se l’obiettivo era quello di costruire un ponte fra Italia e Sudamerica, beh… è stato ottimamente centrato con grazia, pazzia, incoscienza ed allegria.


Giuseppe Provenzano

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