Giuseppina Ciarla – A ticket home (Autoprodotto, 2021)

“A ticket home” è un grande viaggio di ritorno, che Giuseppina Ciarla – arpista, compositrice e cantante – percorre attraverso un repertorio fondamentale, fatto di classici della musica internazionale e, in generale, delle musiche del mondo. A questi l’autrice aggiunge due composizioni originali, che interpreta con profondità e grazia, attraverso le quali la scaletta (composta da undici brani cesellati con piacevole raffinatezza) assume i tratti di un percorso sonoro ideale, idilliaco, prezioso e innegabilmente bello, leggiadro. Indugio con gli aggettivi perché – a conferma della capacità esecutiva dell’autrice – la successione dei brani, e la forma che questi danno al flusso sonoro che investe chi ascolta, è come un sole primaverile: ci solleva e ci rischiara, rasserena e scalda, sospendendo il tempo dell’ascolto in una dimensione positiva, nella quale chiunque può individuare l’eleganza strutturale dell’album. Questo concetto di “eleganza” andrebbe elaborato fuori retorica, sforzandoci di interpretarlo attraverso i suoi tratti più profondi e, allo stesso tempo, più autentici. E comprenderlo dentro una riflessione che può accogliere gli elementi fondanti di un album che si presenta, prima di tutto, come originale: sia nella scelta della scaletta, sia nella sua interpretazione. Difatti, l’arpa di Giuseppina Ciarla è capace di esplorare tutte le dimensioni. E questo è, verosimilmente, il motivo per cui la scelta del repertorio ha compreso “Oblivion” e “Libertango” di Astor Piazzolla e “Bella Ciao”, oppure “Billie Jean” di Michael Jackson e “The Ballad of Sacco e Vanzetti”: le onde mosse dalle corde arrivano dappertutto, attraversando un amplio ventaglio di timbri e di “caratteri” musicali, e ripercorrendo – senza schiacciare le versioni originali, ma al contrario rafforzandone spirito e ispirazione – la storia della musica in modo del tutto personale. Ora, se è vero che la capacità di un artista emerge anche dal modo in cui questi riesce a elaborare e caratterizzare alcuni degli elementi a cui si riferisce – siano essi storici o contemporanei, vicini o lontani al suo modus – è altrettanto vero che la soddisfazione dell’ascoltatore si compie quando “incontra” interpretazioni cariche e “naturali”, cioè sufficientemente spontanee da sembrare istintive e indipendenti. Ecco, il merito più importante di “A ticket home” risiede proprio nella sua naturalezza, che insieme all’eleganza di cui sopra (eleganza nell’interpretazione strumentale, nel canto, nella selezione dei brani e nella loro ricostruzione entro la struttura complessiva dell’album), lo rendono imperdibile per chi ricerca una “visione” originale ma non eccentrica di un classico, oppure una leggiadra esecuzione di brani che potrebbero essere (e spesso lo sono stati) suonati in mille altri modi. Seguendo questo assunto si potrebbe, infine, sottolineare una interessante confluenza che, senza forzare troppo gli incastri tra le parti di cui qui si discute, interessa la capacità interpretativa ed esecutiva di Giuseppina Ciarla e le strutture dei brani che compongono l’album. Entrambi possono essere ricondotti all’idea della completezza, della regolarità, dell’equilibrio. Ma nel caso dell’interpretazione della Ciarla queste caratteristiche si rintracciano nella sintesi di arpa e voce, che delinea uno spazio non solo innovativo ma soprattutto articolato in modo che gli elementi centrali, indispensabili, possano esprimersi nel modo più completo e necessario (si potrebbe dire) nella loro sostanza fondante. Ciò che emerge dall’osservazione di questo procedimento non fa che risaltare la perfezione dei brani in scaletta, dentro una dinamica di riflessi positivi che trova l’ultima e più appagante conferma proprio nei due inediti scritti da Giuseppina Ciarla: “Preghiera (Prayer)” e “L’invasione di farfalle (Butterfly Invasion)”. 


Daniele Cestellini

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