Premio Nazionale Città di Loano per la Musica Tradizionale Italiana, Loano (Sv), da 27 al 30 luglio 2021

Dal nuovo lavoro arrivano “Quanda sj ‘fforte”, andamento blues per porre l’attenzione sugli episodi di violenza gratuita che riempiono le cronache, e lp’amore cantato in “Aspitte aspitte”. Passano anche “Picché” e “Alestalè”, poi di nuovo dal suo esordio Setak propone “Pùrteme furtune” e “Dumane ha ggià ‘rrivate”, nella quale ritornano i ricordi infantili. Chissa che Setak, prima o poi, facendo perno sulla sua attitudine innovativa e sulle doti narrative e compositive non voglia attingere anche a espressioni musicali tradizionali della sua regione, ricca sul piano della documentazione e dei patrimoni sonori. Va detto che il Premio Loano ha avuto una sorta di partenza ritardata, perché in origine era stato programmato in apertura il concerto della Nuova Compagnia di Canto Popolare, durante il quale sarebbe stato assegnato il Premio alla Carriera 2021 alla voce nobile di Fausta Vetere. Purtroppo, l’attesissimo recital del gruppo campano è saltato per problemi di salute del vocalist Gianni Lamagna, ora già in fase di convalescenza. Mercoledì 28, invece, abbiamo ascoltato i Cabit che solcano le onde del Mar Mediterraneo verso Levante, per approdare sul Mar Nero. Indagano comunanze organologiche, assonanze scovate nelle pieghe della storia o prodotte attraverso immaginifiche reinvenzioni. 
Ma, soprattutto, si spendono nel condividere i propri repertori liguri con i musicisti turchi da cui hanno appreso quelli anatolici: è voglia di conoscenza e di scambio, combinazione di modi e “pronunce” sonore. Com’è stato spiegato nell’incontro pomeridiano, in cui erano collegati anche alcuni dei musicisti turchi del progetto, è stato impossibile portare Filiz Ilkay Balta (suonatrice di tulum) e gli altri ottimi strumentisti a Loano, però la loro musica si è ascoltata attraverso registrazioni live mandate in video durante il concerto, come in una sorta di fitto gioco di sponde. Che tiro, pure se a distanza, con ritmi vertiginosi che hanno inondato la piazza! Qui, l’orchestra Cabit: Edmondo Romano (sax, clarinetto, flauti, ocarina), Davide Baglietto (cornamuse, ocarina e whistle), Matteo Merli e Simona Fasano (voce), Matteo Dorigo (ghironda) e Olmo Manzano (percussioni) in compagnia dei due superlativi maestri delle musiche della 4 Province, Stefano Valla (piffero) e Daniele Scurati (fisarmonica), hanno portato le narrazioni musicali di “Serenin”. Non è mancato anche uno spazio per il repertorio transregionale delle valli e dei crinali protese lungo la dorsale appenninica. Giova ricordare che sia il disco dei Cabit che il progetto Bellanöva (di Valla, Scurati, Fera e Segatta), entrambi pubblicati da Felmay, hanno mietuto ampi consensi dalla Giuria del Premio. 
Nel pomeriggio del 29, nostra signora del canto tradizionale, la ternana Lucilla Galeazzi, ha raccontato la creazione di “Donna voja e fronna…”, originato da un partitura ideativa e compositiva di Piero G. Arcangeli, con Umbriaensemble (Squilibri), premiato alla sera come Migliore album del 2019. E veniamo alla proprio al concerto di punta, “A Sud di Bella Ciao”, il nuovo allestimento nato sulla scia del rilancio dello storico Bella Ciao targato Riccardo Tesi. Con il direttore musicale e organettista toscano c’erano le voci di Elena Ledda, Lucilla Galeazzi, Alessio Lega (anche alla chitarra) e Maurizio Geri (anche alla chitarra) con Claudio Carboni (sax), Gigi Biolcati (percussioni e voce) e il grande ospite, il Cavaliere Mario Incudine (voce e plettri). Proprio l’artista ennese è stato il valore aggiunto di quella che già si configura come una parata di stelle folk. Il suo cunto sulla strage di Marcinelle ti afferra con la sua drammaticità e lascia un segno emotivo profondo nel pubblico. Per il resto è stato un viaggio soprattutto meridiano, pur se aperto e chiuso da “Bella Ciao” (in apertura versione mondine e poi partigiana, com’è noto invertendo l’ordine cronologico della genesi del canto). Ecco allora susseguirsi: “Fimmine Fimmine/ Lu sole calau”, il canto catalano che si fonde nel sardo (“Des Mallora a L’Alguer”), il tributo alla “voce strappata” di Rosa Balistreri (“Cu ti lu dissi”) e alla poesia dei pezzenti di Matteo Salvatore (“Lu bene mio”), il canto contro-rivoluzionario partenopeo “Canto dei sanfedisti” e la protesta anti-baronale sarda di “Procurade ‘e moderare”, che incontra “Cantu a dillu” e il ballo in “Sa Bellessa”. Poi ancora, gli omaggi alle ricerche di Caterina Bueno, il mondo della villanella (“Sia maledetta l’acqua”) e della “voglia de comparì” delle donne operaie ternane (“Semo de Cinturini”) e nordiche “Se ben che siamo donne”. 
Ancora, un medley di pizziche dove confluiscono anche riferimenti all’Argia sarda. Sono voci che s’incrociano e si alternano, arrangiamenti fatti di sostanza e fluidità; il mestiere di chi sa fare spettacolo e ha consapevolezza di cosa sta portando in scena. Se volete, un palinsesto da folk da esportazione ma che sa fare breccia anche nel pubblico nostrano e che a Loano ha fatto centro: un vero trionfo. Non meno avvincente la giornata finale di venerdì 30, aperta dall’incontro con Laura Parodi, ricercatrice, cantante e operatrice culturale, la quale ha raccontato il suo viaggio di documentazione e pratica che l’ha portata, come prima donna professionista, nel “cerchio” del canto polifonico del trallalero ligure. Con la cantante genovese, voce cuntrétu del Gruppo Spontaneo Trallalero, erano Alessandro Guerrini che ne è il tenore u primmu (Il GST al completo non ha potuto cantare per cause di forza maggiore (dovute alle procedure precauzionali per la crisi sanitaria), la cornamusa e i flauti diritti di un altro benevolo pifferaio magico, il savonese Fabio Rinaudo, e la fisarmonica dell’ottimo Julyo Fortunato, Il trio ci ha accompagnati in un programma che ha cantato Genova e il suo entroterra. Dall’emigrazione (“La Partenza”) al canto simbolo cittadino (“Ma se ghe pensu”), dal classico “A Lanterna” sposata a una melodia siriana, al ricordo doveroso delle ricerche di Edward Neill, dal repertorio delle “bujasche” alle 
canzoni che, come gli uomini, migrano, vanno e vengono attraverso i mari: così il dialetto genovese si appoggia a un giro di tango (“Amapola”). Prima, sempre al pomeriggio, il Premio aveva incoronato i Giovani di LinguaMadre per il 2021: Simone Botaso (organetto ed elettronica), Nicolò Bottasso (violino ed elettronica), Elsa Martin (voce ed elettronica) e Davide Ambrogio (voce, lira calabrese, zampogna, chitarra ed elettronica), protagonisti di quel “Canzoniere di Pasolini”, che era nato come produzione originale proprio per il Festival di Loano con la partnership di Mare e Miniere e Premio Parodi. Sui testi poetici “muti” i quattro musicisti hanno costruito un notevole percorso di scrittura, combinando strumenti della tradizione ed elettronica, canto antico e moduli contemporanei. La giuria del Premio ha riconosciuto loro il merito, portando l’album (disponibile per adesso solo in digitale) ai vertici. Nel frattempo la proposta di LinguaMadre si è consolidata ed è cresciuta con i live act e le nuove partiture ideate da questa vivace officina creativa. I quattro dovrebbero, tuttavia, scendere più spesso con i piedi per terra (in senso musicale), per non smarrire del tutto l’essenza terragna e narrativa del canto e delle musiche di tradizione orale, laddove i LinguaMadre prediligono sovente procedure sonore dilatate ed evocative, talvolta perfino aspre e spigolose che esaltano lo stupore creativo e favoriscono atmosfere 
sospese. Di diverso umore per schiettezza e tenerezza, la chiusura sul palco centrale del Festival, la sera del 30 luglio, quando è stato accolto Musica Spiccia, progetto al contempo pedagogico di musica d’insieme e artistico. Una big band nata in riva al lago di Como che allinea archetti, flauti, clarinetto basso, fisarmonica e plettri. Elementi orchestrali transgenerazionali, dall’adolescenza agli “anta”, diretti dalla vulcanica Giulia Cavicchioni. I Musica Spiccia hanno offerto un viaggio tra musiche popolari italiane e approdi alle musiche del mondo, condito con verve, ironia e tanta freschezza. Una degna conclusione per un periodo davvero tosto e per un Festival che “against all odds” – e nel pieno rispetto dei protocolli emergenziali – ha voluto esserci per suonare e stare insieme, di nuovo. Nel 2022 il Premio Loano diventerà maggiorenne e di sicuro si porrà in essere una gran festa, a cui il mondo folk d’Italia non dovrà mancare: siete avvertiti (https://premioloano.it/). 

(Courtesy of Giorgio Zito) 

Ciro De Rosa

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