Khasi-Cymru Collective – ‘Sai-thaiñ ki Sur (Naxos World, 2021)

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Non nuovo a fruttuosi percorsi transculturali, il musicista e cantautore folk gallese Gareth Bonello, conosciuto con il moniker di The Gentle Good 1, è la mente del progetto Khasi-Cymru Collective, che ha realizzato “’Sai-thaiñ Ki Sur” (“The Weaving of Voices”, ossia “L’intreccio delle voci”), collaborando con musicisti, cantanti e poeti Khasi, una popolazione autoctona insediata principalmente nello stato di Meghalaya, India nord-orientale, con presenze cospicue anche nello stato indiano dell’Assam e nel vicino Bangladesh. A spingere il “Welsh folkie” in questa direzione è stato il dottorato in musica e performance per il quale ha progettato una collaborazione tra artisti gallesi e Khasi culminata nella pièce teatrale “Performing Journeys”, di cui Gareth è stato il regista musicale. Una lunga permanenza sul campo nello stato indiano l’ha condotto ad apprendere ritmi e repertori, a imparare a suonare il cordofono duitara, costruito in legno di jako e dotato di quattro corde, e a interagire con poeti Khasi come Esther Syiem e Desmond Kharmawphlang e con il cantautore e DJ Desmond Sunn per esplorare le connessioni poetico-musicali tra lingua gallese e khasi. Si tratta di relazioni che risalgono alla metà del XIX secolo, quando una missione calvinista metodista gallese s’insediò nella regione per evangelizzare la popolazione Khasi. Tale presenza religiosa si è protratta fino al 1969. L’impatto dei missionari gallesi sulla cultura locale fu notevole, poiché se da un lato favorì l’alfabetizzazione, l’istruzione delle donne e la possibilità di cure mediche e ospedalizzazione, dall’altro ebbe effetti devastanti su taluni aspetti culturali dei nativi, tant’è che nel 1899 il movimento Seng Khasi si propose di contrastare l’azione dei colonizzatori missionari. 
Va riconosciuto pure che sul piano culturale i metodisti mostrarono interesse verso la lingua Khasi (avranno influito il nascente nazionalismo gallese in patria e il fatto che parlassero una lingua minoritaria come il cimrico?) e favorirono la produzione di letteratura nella lingua locale. In alcuni casi i gallesi appoggiarono gli interessi della popolazione Khasi contro le pratiche di sfruttamento della Compagnia delle Indie Orientali e dell’impero britannico 2. Pare che i missionari abbiano introdotto tra i Khasi l’armonia e le procedure del canto corale; va detto, inoltre, che il mondo musicale Khasi è più prossimo a quello del Sud-Est asiatico che alla tradizione indostana sia per le strutture musicale che per i principali strumenti utilizzati. Un pezzo per duitara solo (“Mei Mariang”), composto da Risingbor Kurkalang, apre l’album, che prosegue con “Pererin Wyf”, un inno scritto da Daniel Protherore (1866-1934) e arrangiato in maniera minimale da Gareth. “Bryniau Cassia” è, invece, una canzone gallese tradizionale proposta in una versione strumentale registrata dal vivo durante un temporale tropicale e con tanto di cinguettio degli uccelli. “Ka Sit Tula” è un altro pacato tema acustico, fissato dal vivo, nato in una sorta di jam session; il motivo è stato composto da Shemphang Thangkhiew e suonato con il duitara dal cantante Jewell Syngkli, accompagnato dal violino maryngod (Rani Maring). 
La crepuscolare “Cwyn yr Afon” (“Il lamento del fiume”), scritta da Bonello sulla spinta dell’opera della poetessa e accademica Khasi Esther Syiem (“Memoir in Water: Speaks the Wah Umkhrah”), procede morbida sulle note della chitarra. Diversamente, “Pahambir” (dal nome dell’omonimo villaggio indiano) è incentrata sulle sonorità degli strumenti tradizionali Khasi (il muiñ, suonato appoggiato alla bocca, formato da un pezzo ricurvo di bambù a cui è attaccato un filo, il flauto di bambù besli, l’oboe popolare ad ancia doppia tangumuri e percussioni). Di nuovo il registro intimista drakiano di Gareth prende il sopravvento in “Kam Pher”. Altri brani fondono influenze nelle due lingue e nei suoni come “Hediad Ka Likai”, il cui titolo mette insieme la parola gallese per “volo” e il nome di una cascata del Meghalaya. “Wel Bachgen Ifane Ydwyf” è un altro tradizionale gallese che ha viaggiato fino in India con i primi missionari in forma di inno, mentre i successivi “I Shakyllia”, uno strumentale, e “Soso & Waldo”, per voce, chitarra, duitara e violoncello, sono opera del musicista gallese, il quale offre il meglio del suo registro compositivo quando profonde immediatezza melodica e tecnica fingerpicking. 
“To the Men with Hate Speech on their Lips” è un tema spoken word, composto dal poeta Lapdiang Syiem: un commento alla legislazione indiana sull’età minima delle donne per contrarre matrimonio. Si chiude in bellezza con “Alawon Cenhaty”, un tradizionale gallese, strumentale, eseguito su duitara da Bonello, registrato in un cottage che era parte della missione religiosa gallese. “Sai-thaiñ ki Sur” scava nei sentieri della storia e della memoria. ma anche della cultura Khasi contemporanea, imprime suggestioni indagando comunanze e connessioni linguistiche, musicali e letterarie. L’aspettativa è che possa aprire la via ad ancora più profonde interazioni tra il musicista di Cardiff e il mondo musicale Khasi. 


Ciro De Rosa

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1 In Cina, come artista in residenza al Chengdu Associated Theatre of Performing Arts, Bonello ha prodotto “Y Bardd Anfarwol”(2013), album in cui ha suonato con musicisti cinesi.

2 Per un approfondimento, si rinvia ad Andrew J. May, “Welsh missionaries and Bitish imperialism: the Empire of Clouds in North-east India”, Manchester University Press, 2015.

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