Il Mare, libertà e ricerca nella musica di Claude Debussy

Una lezione di stile e originalità
In passato, abbiamo scritto di Debussy, facendo riferimento a “Monsieur Croche”, lo pseudonimo che era solito utilizzare quando indossava i panni del critico musicale. Spesso viene associato ai compositori dell’Ottocento, ma da molti viene considerato un innovatore senza tempo, fuori dagli schemi accademici o di chi, per faciloneria e pigrizia intellettuale, cercò (o cerca tuttora) di etichettarlo come “impressionista”: etichetta che l’Autore rifiutò finché in vita. Tuttavia, ammirava senza riserve diversi artisti e poeti del suo tempo e provava sconfinata considerazione per la pittura di Turner. Ciò che ci affascina de “La Mer” non è solo il rapporto immagine-suono, ma soprattutto la libera idea compositiva, mossa dal desiderio di ricercare con gusto e stile la “semplicità” espressiva, senza dover ricorrere agli artifizi spettacolari in voga a quel tempo. In uno scritto aveva chiarito che «l’estrema complicazione è il contrario dell’arte. Bisogna che la bellezza si senta, che ci procuri un godimento immediato, che si imponga o si insinui in noi senza che a noi si richieda il minimo sforzo per coglierla»
Da bambino, Debussy aveva vissuto in condizioni di povertà. Il padre (Manuel-Achille), per un periodo, era stato incarcerato per motivi politici e la madre (Victorine), tra mille difficoltà finanziarie, era impegnata ad allevare i cinque piccoli pargoli. Essendo il compositore spesso reticente sull’argomento, non è facile stabilire quanto l’infanzia abbia influito sullo sviluppo della sua personalità. Di certo, Debussy era un compositore profondo, capace di rielaborare dolore e sconforto secondo poetica personale: «Un artista è per definizione un uomo abituato ai sogni e a vivere tra i fantasmi …». Amava la libertà, desiderava essere libero di esprimere le proprie emozioni, operando con ricerca e originalità compositiva: «Sono intimamente persuaso che un artista debba aspirare a essere il più libero possibile nella vita». Non aveva timore della critica e di criticare, se necessario anche i compositori “à la page”, capaci di cogliere le migliori opportunità commerciali del momento. Sapeva difendersi e attaccare, ma allo stesso tempo sapeva ascoltare, aprendosi verso idee innovative, cercando di selezionare le collaborazioni con spessore culturale. Una particolare apertura mostrò anche verso la musica popolare, in particolare la giavanese e la tzigana (stimava il violinista Bèla Radics).  Nel 1915, con impulso nazionalista, aveva scritto a Stravinsky: «Siate con tutte le vostre forze un artista russo! È così bello appartenere al proprio paese, essere attaccato alla propria terra come il più umile dei contadini». Da artista in sofferenza e in costante tensione psicologica, spesso in ristrettezze economiche, Debussy non aveva timore di essere ostracizzato, emarginato dal gruppo sociale. Peraltro ricevette numerose critiche sul piano umano, per discutibili scelte in campo amoroso, per trattare le quali ci sarebbe da scrivere un’intera sceneggiatura. Pur ammirato da molti contemporanei, non era un allineato. Nel 1882, aveva scritto di «vivere come in esilio … in una città nella quale non è possibile diventare qualcuno senza un po’ di “cabotinage”» (il termine può avere diversi significati). Contrariamente a chi preferiva adeguarsi agli stereotipi del tempo, con volontà spese tempo ed energia per rielaborare, a suo modo, le complesse informazioni provenienti dal mondo circostante: «Cerco di sbarazzare dagli orpelli inutili, di liberarla da tutto quello che la soffoca e le impedisce di partecipare a tutto ciò che è naturalmente bello (…)». Come compositore non era un abitudinario. Alcuni critici evidenziarono che la sua musica spiazzava gli uditori, procurandogli diversi apprezzamenti e critiche.  Aveva scritto “non ho mai potuto vivere nella realtà delle cose e delle persone…”, ma ricercava il valore della “semplicità”, non scevro da alcuni stimoli esotici o esoterici (quest’ultimo aspetto è stato analizzato soprattutto da Alessandro Nardin, in una pubblicazione del 2016). A suo modo, aveva innovato lo stato della tradizione compositiva, da un lato guardando avanti, dall’altro compiendo una personale rilettura delle musiche del passato, sempre con la barra ben fissa, per non seguire acriticamente le regole accademiche o quelle ben valutate dai critici e dal pubblico del tempo: «Non ascoltare i consigli di nessuno, se non del vento che passa e raccoglie la storia del mondo (da “Monsieur Croche”)». Essendo lui stesso critico, conosceva bene i meccanismi che muovevano e controllavano musicalmente la sua società, i cliché dominanti o imposti che, nella maturità artistica, guardava come fumo negli occhi, in quanto in grado di depotenziare la vitalità della propria vena artistica. 

Il Mare: elemento vitale, specchio della vita
Debussy iniziò ad amare il mare in tenera età, grazie ai racconti del padre (in gioventù era stato per diversi anni in Marina) e durante il prolungato periodo vissuto a Cannes, quando l’intera famiglia venne generosamente ospitata da una parente benestante. “Correspondance” (2005) è un poderoso e insostituibile testo, comprendente più di tremila missive da lui inviate o ricevute nel corso della vita, nelle quali in diverse occasioni ha scritto del suo rapporto con il mare. Di Cannes, rammentava “la ferrovia che passava davanti a casa con il mare sullo sfondo”. In un’altra lettera inviata a un conoscente, aveva evidenziato: «ero destinato alla bella carriera del marinaio … ma i casi della vita mi hanno spinto in altra direzione e, soltanto per caso, fui distolto da tale prospettiva. Tuttora ho una gran passione per il mare. Mi direte che l’oceano non bagna esattamente la Borgogna…, ma i miei ricordi sono innumerevoli …». Sempre a Cannes, il piccolo Claude iniziò a prendere lezioni di piano, che diventarono sistematiche grazie alla madre di un compagno di cella del padre. Tale meritevole insegnante era Madame de Fleurville, a suo tempo allieva di Chopin e amante della musica di J.S. Bach.   Il Mare è ben presente in diverse composizioni di Debussy, ad esempio svolge un ruolo centrale in “Sirènes” (uno dei “Trois nocturnes”), dove si alternano mutevoli i ritmi e i suoni, sostenuti dal canto attraente e misterioso delle sirene (coro femminile, con vocalizzazioni senza testo). Tra gli apprezzamenti ricevuti ricordiamo quello autorevole di Paul Dukas, il quale aveva evidenziato come «Debussy sembra compiacersi di disorientare i propri ammiratori … nessuna delle sue opere pare la conseguenza delle altre», facendo intuire l’originalità e la continua trasformazione del suo stile compositivo. Il mare, inoltre, diventa determinante in alcuni passaggi del “Pelléas et Mélisande”, soprattutto nella terza scena, usato simbolicamente per il dinamismo rappresentativo, come specchio di purezza d’animo e per riflettere diverse situazioni piacevoli o drammatiche dei protagonisti.  Nel citato terzo movimento (Schizzo) de “La Mer” - Dialogue du vent et de la mer - Debussy fa risaltare il contrasto tra il mare e il vento, sovrapponendo e alternando materiali sonori diversi, con timbriche aspre e caotiche, grazie anche all’uso di ritmi spezzati. In altre parti, invece, viene maggiormente ricercata la cantabilità, ma ciò che colpisce complessivamente è, a nostro avviso, l’orchestrazione, nel finale caratterizzata da passaggi strumentali che anticipano esteticamente alcune tumultuose caratteristiche espressive usate dal primo Stravinsky, durante il “periodo parigino”. 
Nel primo Schizzo de “La Mer” - “De l’aube à midi sur la mer” - è previsto un nutrito organico strumentale: due arpe, due oboi, un corno inglese, due clarinetti, due flauti più ottavino, tre fagotti, quattro corni, tre trombe e altrettanti tromboni, un basso tuba, diverse percussioni (timpani, tam tam e piatti), quattro corni. La tonalità è “Si minore” e l’andamento è “Très lent”. Il compositore gioca molto sui cosiddetti timbri armonici, con variegate strutture accordali pensate sinesteticamente come “macchie di colore”, sostenute da ritmi spezzati e figure sonore sfuggenti, a tratti repentinamente mutevoli, le quali garantiscono l’idea di un apparente (quieto) caos, teso a rappresentare la profondità del mare. Va ricordato che, ai fini della composizione, inizialmente, Debussy prese spunto da un racconto di Camille Mauclair. Al primo Schizzo, diede il provvisorio titolo di “Mer bel aux iles sanguinaires”, in cui si faceva riferimento ad alcuni isolotti al largo della Corsica e a un viaggio nei colori del mare da Nord a Sud, verso le coste del Mediterraneo. 
Nel secondo schizzo - Jeux de vagues - Debussy concepisce il movimento delle onde con rinnovata fantasia, giocando con lo sviluppo di ritmi danzanti, dimostrando abilità nel variare la strumentazione per fini rappresentativi, senza seguire schemi precostituiti.  La musica richiede attento ascolto anche perché non offre all’ascoltatore punti fermi di riferimento. Per dirla con il de Condè, nell’opera è presente «l’atomizzazione della materia sonora, la dispersione tematica, l’instabilità ritmica, il valore dei silenzi, in anticipo di trent’anni». Nella “coda”, i frantumati temi musicali tendono a dissolversi, grazie all’uso di effetti con tonalità incerta, quasi a voler rendere indistinguibile la distanza tra il cielo e il mare. A Pierre Lalo (critico e figlio del noto compositore), il quale ammirava i tre Schizzi sinfonici, ma faticava a sentire e vedere il mare, Debussy, con “nonchalance”, rispose: «Io amo il mare e l’ho ascoltato con l’appassionato rispetto che gli è dovuto… lei mi concederà che non tutte le orecchie sentono nello stesso modo»
Rispetto alla recente bibliografia, riteniamo utile segnalare la meritevole pubblicazione (aprile 2021) scritta da Enzo Restagno: “Claude Debussy. Ovunque lontano dal mondo”. In oltre seicento pagine, facendo oculato uso delle “correspondance” epistolari e di personali osservazioni sulle singole opere, con spirito cronologico, ha saputo fornire una visione artistica molto umana ed equilibrata del compositore francese. Nell’ultima parte del libro è stato ben strutturato il “Catalogo delle Opere”, nel quale sono stati segnati dati storici, dedica e gli “incipit” delle composizioni vocali. 

Homme libre, toujours tu chériras la mer! (Baudelaire)
A Claude Debussy dedichiamo la nostra “Vision”. Della sua poetica ammiriamo l’incondizionato amore verso la Natura, con le sue leggi, i suoi silenzi, i colori e le forme, che il geniale “pittore dei suoni” sapeva riportare in musica con raffinato gusto e stile, lontano da quello che una volta definì un “mondo ipocrita e vile”. A suo modo, voleva trasformare il mondo che lo circondava in “Images” sonore, che gli permettevano di dialogare con la fantasia. A nostro avviso, nei secoli a venire resterà un compositore “evergreen”, del quale abbiamo voluto mettere brevemente in risalto la sua speciale attrazione verso il Mare, simbolo di libertà e specchio di un’anima inquieta, alla continua ricerca di una verità interiore da condividere con l’umanità: «Chi conoscerà il segreto della composizione musicale? Il rumore del mare, la curva di un orizzonte, il vento nelle foglie, il grido di un uccello depositano in noi delle molteplici impressioni. E improvvisamente, senza che ci si consenta minimamente uno di questi ricordi, si espande fuori di noi e si esprime in linguaggio musicale. Porta in sé la sua armonia. Per quanti sforzi si facciano non si potrà trovare nulla di più esatto né di più sincero. Solo un cuore destinato alla musica fa le sue più belle scoperte».  

Paolo Mercurio

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