Franca Masu, fra Alghero e il mondo. Con “Cordemar”, Cuore di Mare” l’artista della città catalana di Sardegna è di nuovo in viaggio tra la sua poetica profonda e gli orizzonti compositivi di rinomati autori.
Col nuovo album, “Cordemar”, Franca Masu presenta una sintesi riuscita della sua poetica musicale e del suo percorso discografico cominciato nel 2000 con “El meu viatge” e punteggiato, inizialmente, di un disco ogni due-tre anni. Il suo settimo lavoro arriva, invece, dopo una lunga attesa: il precedente, “Almablava” risale al 2013. I suoi brani hanno la straordinaria capacità di mettere una accanto all’altra lingue e tradizioni diverse e di farle interagire con il jazz e la musica improvvisata. In questo è maestro il contrabbassista, compositore ed arrangiatore Salvatore Maltana: entrambi sono nati ad Alghero ed hanno saputo dar corpo, nel corso degli anni, ad un coerente repertorio che trae ispirazione dalla lingua e dalle sonorità dell’arcipelago catalano nel contesto del Mediterraneo e delle musiche latine. L’attenzione per la poesia ha contraddistinto ogni tappa del lavoro di Franca Masu, introducendo anche il pubblico italiano a versi che, in altre lingue, hanno segnato la storia del XX secolo, valga per tutte la poesia “Alfonsina y el mar” di Ariel Ramírez. La sua sensibilità verso le migliori composizioni latinoamericane e lusofone l’ha portata a collaborare anche con alcuni dei migliori strumentisti italiani in questo ambito, in particolare per il tango che la vede impegnata a fianco di musicisti come Fausto Beccalossi e Oscar Del Barba.
L’acqua e il mare sono spesso protagonisti dei suoi lavori e “Cordemar” rinnova questo sodalizio che si rivela vera e propria epistemologia acustica.
Quali sono gli elementi di continuità e di cambiamento di “Cordemar” rispetto ai tuoi album precedenti? Come è avvenuto l’incontro fra musicisti con cui suoni da tempo e quelli con cui la collaborazione è più recente?
Senza dubbio direi che gli elementi che segnano un cambiamento in questo nuovo album sono anzitutto il suono che si è fatto più vicino al jazz e poi il fatto di aver voluto dedicare metà dei brani a temi d’autore; quindi, Franca Masu in “Cordemar” rivela un importante ruolo di interprete. Tutto questo è avvenuto in modo molto naturale e non poteva essere altrimenti. Infatti, l’incontro con la pianista siciliana Sade Mangiaracina e col chitarrista genovese Luca Falomi ha segnato una tappa illuminante nella traiettoria della mia ricerca musicale. Sono due artisti giovani e dal talento straordinario. Hanno una cifra stilistica fresca, moderna e riconoscibilissima. Quanto di più entusiasmante possa accadere nell’arte dell’incontro che non solo è la Vita, (come diceva De Moraes), ma in questo caso, la musica. Ci siamo conosciuti un po’ per caso: con Sade addirittura su messenger!!…Con Falomi grazie a un intermediario prezioso: Fausto Beccalossi, il fisarmonicista con cui collaboro da tantissimi anni. E’ subito nata una sinergia profonda con i musicisti che già lavoravano con me come il contrabbassista Salvatore Maltana e il batterista Massimo Russino.
E di conseguenza, essendo tutti grandi jazzisti, hanno messo a disposizione tutto il loro background sonoro, il loro talento e la loro arte. Sono entusiasta di questa nuova formazione.
Paolo Fresu introduce l’album ricorrendo alla metafora della sirena e tu stessa parli di un racconto liquido, in movimento: vuoi aiutarci ad entrare maggiormente in questa dimensione?
Dalla copertina del CD si può cominciare a capire che il tuffo di quella figura di donna nuda, libera, in un “mare di parole”, ci condurrà in un viaggio metaforico nell’io più profondo. E la donna della copertina intravvede il suo cuore adagiato sul fondo, che non sappiamo quanto sia profondo quel mare. La protagonista, nella finzione letteraria di tutti i testi, si rivela. Parla di sé senza risparmiarsi, confida al mare sentimenti lontani, piccoli/grandi segreti. Lei affida al mare un vissuto che è fatto di desiderio, di amarezze, di perdite e di consapevolezze. Ama la vastità delle acque, si rivolge al Mediterraneo e sogna il Sud del mondo, tra le coste del Brasile e dell’Argentina, perché anche quei mari le appartengono in qualche modo. Paolo Fresu mi paragona ad una sirena. Ma quella sirena non è tanto una creatura pericolosa, che può trascinare irrimediabilmente alla perdizione, semmai è una entità sapienziale. E’ col suo canto che farà conoscere l’anima e un intero mondo di sentimenti. Che sono poi sentimenti universali.
Come sono nati i cinque brani che hai composto per questo album? Vuoi introdurci a ciò che li ha ispirati e al processo di composizione?
Ho avuto già modo di dire che le canzoni “nascono dal segreto”. Voglio dire da un non-luogo dell’io, che non conosco e che non voglio nemmeno indagare più di tanto. E’ già bellissimo che ciò avvenga quando non lo chiedo. Le parole che scrivo sono regali. E quando intuisco che possono essere quelle giuste, le coltivo per alcuni giorni, le metto in ordine, le combino tra loro. Faccio in modo che suonino e che mi raccontino qualcosa di vero. A quel punto comincio a “cantarle”, combinando melodie e passaggi cromatici che mi stiano bene addosso, che possano dare modo alla mia voce di giocare. E’ solo dopo tutto questo processo che registro l’idea per fissarla e quindi la passo ai musicisti perché possano cucire addosso il miglior vestito, l’armonizzazione e l’arrangiamento. Io non ho studiato musica, quindi il mio processo creativo si limita alla prima parte. Lascio sempre libertà ai musicisti che trovino le migliori soluzioni sonore.
Ci sono uno o più fili conduttori fra i luoghi di provenienza dei diversi brani, la Sardegna, la Liguria, la Catalogna, l’Argentina e il Brasile?
Quando cominciai a cantare per passione, non avevo ben chiaro dove volessi rivolgere “la prua del mio vascello”. Cantavo per il piacere di farlo, mi dava gioia.
Nel tempo ho conquistato la padronanza del catalano di Alghero (che non parlavo correttamente) e album dopo album ho fortificato le mie radici di donna prima di tutto sarda e quindi, naturalmente, mediterranea. Solo quando ho sentito “i miei piedi ben piantati a terra”, ho cominciato a rivolgere il canto verso paesi e culture lontane da me. E ho provato istintivamente un richiamo interiore come se quelle musiche popolari mi appartenessero. Ho frequentato il Fado e il Tango, arrivando a interpretare figure da protagonista nel musical “Passione e Fado”, e Maria nell’operita di Astor Piazzolla e Horacio Ferrer “Maria de Buenos Aires”. Nel 2008 ho inciso un intero album di tangos “Hoy como ayer”. Ancora oggi porto in scena concerti di tango.
L’album si chiude cantando il Sud e il Mediterraneo: come vedi questi “luoghi” e che ispirazione ne trai?
Io sono una donna di mare. Ho la fortuna di essere nata in Sardegna e di vivere ad Alghero, una delle più belle cittadine del Mediterraneo. Mi affaccio sul porto, ho il mare negli occhi. Dall’altra parte dello sguardo, altre isole, le Baleari. Alghero è un ponte verso occidente ma verso l’Europa tutta. Io sento il mare dentro. E’ un richiamo continuo, è un tormento, è mio complice. E’ l’attesa infinita. Un destino. Sento il Sud perché amo il profumo del cibo buono, che adoro cucinare e offrire per amore. Sento il Sud quando cammino per i vicoli che mi parlano di poesia e risuonano di antichi canti pieni di nostalgia.
Sento il Sud nel vento, nei colori dei tramonti, nel rosso delle reti al sole, nelle note che non conosco ma che intono quando sono sola sulla riva del mare.
Come avete scelto i tre brani in cui suona con voi Fausto Beccalossi e quello in cui interviene Max De Aloe?
Fausto Beccalossi che ammiro, stimo profondamente e con cui ho il privilegio di collaborare, non poteva non essere presente in questo album. Ma quando con Luca Falomi abbiamo analizzato musicalmente brano per brano, abbiam capito che in questo disco c’erano tre brani in cui era imprescindibile la presenza della fisarmonica. “Vuelvo al Sur” desideravo da tempo poterla incidere e volevo che fosse proprio in duo con lui. Per gli altri due brani Fausto era il colore decisivo: “Salondra” è un mezzo tango ma in “Amb tu sense tu”, specie nel finale, non ho resistito al richiamo di voler citare “Oblivion”. Volevo un crescendo e che Fausto facesse i suoi vocalizzi mentre io ripetevo ostinatamente “j’oublie”. Invece per “Ti ruberò”, uno dei capolavori di Bruno Lauzi, non abbiamo avuto dubbi. Quel solo sarebbe stato tutto per Max de Aloe. Credo sia venuto fuori un piccolo gioiello, una gemma incastonata dell’album.
Hai affidato gli arrangiamenti dei brani a tre musicisti che ti accompagnano in questo lavoro: come è avvenuta la scelta e cosa distingue il lavoro in sede di arrangiamento di Luca Falomi, Salvatore Maltana, Sade Mangiaracina?
Quando ho individuato Luca Falomi come arrangiatore sapevo che comunque si sarebbe interfacciato con Salvatore Maltana. E infatti così è stato per molti momenti in fase di creazione e di scrittura. Sono entrambi grandi musicisti estremamente sensibili e sanno ciò che può essere funzionale alla mia vocalità nell’economia di un brano. Invece Sade Mangiaracina è come un vento improvviso, pieno di energia. Lei arriva con delle idee che sembrano semplici ma che si possono trasformare in un turbine di note. Riascoltare “Mediterraneo” o “Você não sabe” mi sorprende ogni volta. Con lei c’è una profonda sinergia e tutto questo mi fa felice.
“Cordemar” è stato presentato dal vivo a luglio 2020: senti che il rapporto con questi brani sia cambiato nei mesi trascorsi da quel debutto? Quali sono i prossimi appuntamenti dal vivo e con quale formazione?
Il rapporto con le canzoni che scrivo cambia di continuo. Innanzitutto cambio io. Inoltre sono successe troppe cose da quando abbiamo concepito il lavoro nel 2018 e poi registrato tra il 2019 e il 2020; e tutti sappiamo cosa abbia significato quel tempo. Però c’è una cosa che non cambia: la veridicità delle parole e dei pensieri concepiti con autentico cuore. Anche se quel momento si è allontanato, non ti tradisce, resta sempre conficcato dentro l’anima. Semmai, durante i concerti, può accadere che l’interplay col pubblico e coi musicisti sia così particolare, che anche l’emozione nel pronunciare certe parole sia più forte di sempre. E tutto riaffiori come in origine. Ci sono date estive per “Cordemar” in Sardegna e per il tango in Sicilia con il pianista argentino Hernan Fassa e Gino Zambelli al bandoneon. Poi, sto concretizzando un piccolo ma significativo tour invernale per “Cordemar”. Niente più è scontato ormai. Ogni invito a concerto per me, è un regalo.
Franca Masu – Cordemar (WMusic, 2021)
“Franca Masu è una sirena che offre un canto di ringraziamento alla sua terra e al suo mare. […] Canto intenso e melanconico dalla grana spessa come il mito delle dee madri e delle janas”. Con queste parole Paolo Fresu introduce “Cordemar”, riprendendo il filo rosso dello scritto che evidenziava il legame fra voce e mare già in “Aquamare” (2006), quando osservava che l’arte della cantante “affonda le sue radici nella monodia del matriarcale canto sardo […] l’aspetto più intimo del mondo femminile e di un’isola, la Sardegna, posta nel cuore dei mari”. In questi dieci brani la voce di Franca Masu è sostenuta da quattro affiatati musicisti: Massimo Russino alla batteria e percussioni, Sade Mangiaracina al piano e fender rhodes, Luca Falomi alle chitarre e alla mandola e Salvatore Maltana al contrabbasso, puntuale nel rinnovare la pluriennale collaborazione. Falomi, a cui è affidata la direzione musicale, interviene anche in veste di compositore in metà dei brani, in un caso insieme a Maltana, che firma con Franca Masu l’iniziale “Cordemar” che dà il titolo all’intero lavoro. L’amalgama fra i musicisti è corroborato anche dal lavoro sugli arrangiamenti, suddiviso fra Falomi, Maltana e Mangiaracina. La coesione del quintetto base permette di illuminare come gemme alcune canzoni con l’innesto di strumenti “ospiti”: la fisarmonica di Fausto Beccalossi, in tre brani, l’armonica cromatica di Max De Aloe, a rileggere in chiave jazz Bruno Lauzi, ed un’ottima sezione d’archi con Laura Sillitti al violino, Daniele Guerci alla viola e Simone Cricenti al violoncello. I brani sono equamente divisi fra composizioni originali e nuove interpretazioni di brani già entrati nella storia che invitano al viaggio, dalla Liguria alla Catalogna, dal Brasile all’Argentina.
Al centro del disco, col quarto brano, Franca Masu invita a esplorare la mappa della poesia catalana, partendo dalla ballata “Boghe ‘e riu” che rimanda alle interpretazioni di Maria Carta e che nell’adattamento in catalano, curato dal poeta Albert Garcia Hernandez, ha preso il titolo di “Desde Mallorca a l’Alguer”: a un tempo un canto d’amore per la propria terra e un rinnovato invito alla sorellanza fra le genti Catalane delle diverse sponde del Mediterraneo fino ad Alghero. L’affresco catalano è completato in chiusura da “Mediterraneo”, scritta nel 1971 da Joan Manuel Serrat e tradotta in italiano nell’album dedicato a Serrat da Gino Paoli nel 1974 – a metà strada (cronologica) fra “Ti Ruberò” del Bruno Lauzi di metà degli anni ’60 e “Você não sabe”, perla degli anni ’80 di Erasmo e Roberto Carlos, poi nel repertorio di Ornella Vanoni (“Se fosse vero”), qui introdotta da un toccante dialogo fra contrabbasso e voce, alternando versione in portoghese e in italiano (grazie alla splendida traduzione che fece Anna Lamberti-Bocconi), con un arrangiamento che nasce nel silenzio per poi costruire un travolgente crescendo. Alla sola fisarmonica di Beccalossi è affidato l’introduzione e l’accompagnamento del classico argentino “Vuelvo al sur”, magnifica interazione fra voce e mantici. Le composizioni originali sono cesellate con grande sensibilità, mettendone in luce le caratteristiche di spiccata cantabilità ed espressività: suonano già come “classici” accanto ai cinque brani “storici”, sempre impreziosite sia dall’interplay fra i musicisti, sia dalla loro capacità di improvvisare ed aprire luoghi di stupore nell’andamento armonico-ritmico, sempre all’interno di arrangiamenti attenti all’anima del singolo brano e al loro arco narrativo – un esempio per tutti: l’impeccabile stacco a chiudere “Desde Mallorca a l’Alguer”. Musica che sa leggere i sentimenti come onde del mare e seguirle nelle loro diverse traversie, nella consapevolezza, esplicita nei versi di “Cordemar” che “il cuore del mare batte in modo differente quando giunge alla riva”.
Alessio Surian
Foto di Max Lanoce (1-6) e Victoria Fabulova (7)