Javier Girotto – Escenas en solo (JG records, 2021)/ Javier Girotto/Vince Abbracciante – Santuario (DodiciLune/I.R.D., 2021)

Ad inizio degli anni Novanta, con gruppi come Tercer Mundo, Six Sax e Aires Tango e con innumerevoli jam e collaborazioni, Javier Girotto cominciò a soffiare su Roma e sull’Italia un vento nuovo e antico al tempo stesso, attraversato dalla profonda conoscenza e passione per il jazz, ma anche per la profondità con cui sapeva attingere e rileggere diverse tradizioni di matrice sudamericana. Era partito da Cordoba (dov’era nato nel 1965) ed aveva fatto tappa a Buenos Aires e a Boston con un bagaglio in cui spiccava il sax soprano, ma anche quello baritono e flauti tradizionali. Negli Aires Tango (col piano di Alessandro Gwis, il basso di Marco Siniscalco e la batteria di Michele Rabbia) ha la sua terra ferma, una terra fertile che ha germogliato una dozzina di album e concerti dal vivo sempre molto apprezzati con ospiti del calibro di Ralph Towner, Antonello Salis, Enrico Rava, Paolo Fresu. Lascia sempre la sua firma leggendo con intelligenza e sentimento ogni contesto, dagli ensemble numerosi anche nel resto d’Europa alle esperienze in duo e in trio, alcune delle quali si rinnovano nel tempo, da quella con Rita Marcotulli ai vari progetti con Mangalavite ed i fratelli Servillo, ultima in ordine di tempo la rilettura di canzoni di Lucio Dalla. Se la sua discografia solista e con i gruppi che ha fondato è molto ricca, l’elenco dei lavori discografici altrui cui ha partecipato è semplicemente sconfinato. Se come strumentista e compositore ha saputo mettere in feconda relazione i territori dell’improvvisazione, del jazz, del tango, delle musiche tradizionali, nella sfera professionale ha ugualmente saputo integrare le dimensioni dei concerti dal vivo con il lavoro in studio di registrazione nonché della didattica e della divulgazione. Blogfoolk ha raccolto le sue riflessioni sul suo percorso e progetti recenti ed in fieri.
 
La tua famiglia viene dalla Puglia, sei nato e cresciuto a Cordoba in Argentina, hai studiato a Buenos Aires e Boston, ti sei trasferito a Roma: in che modo la tua musica trae ispirazione ed è attraversata da questi territori?
In Argentina sono cresciuto con tutta la tradizione folcloristica del mio paese fino alla nausea , poi ho cercato atre strade e cosi mi sono appassionato al jazz ,sono partito per gli U.S.A. Ed ho approfondito questo genere, poi per coincidenze della vita in questo caso sono venuto in Italia per fare la cittadinanza per via di mio nonno italiano, venendo qui ho scoperto un luogo che ha molta somiglianza alla Argentina nel sociale. E quindi ho deciso di cambiare vita e rimanere qui , poi ho provato a fare varie cose musicalmente parlando soprattutto jazz e ad un certo punto mi è venuta la nostalgia della musica argentina e con la esperienza jazzistica fatta negli States ho cominciato a mischiare i due generi e scrivere in quel concetto argentino di Post Piazzolla dando un importante spazio alla improvvisazione e, quindi, è dal 1994 che faccio questo genere, soprattutto perché provo tanta emozione e stimoli continui a sviluppare questa musica, a comporre musica e suonarla in giro.

Da oltre venticinque anni suoni con gli Aires Tango: che ruolo ha avuto quest'esperienza nella tua evoluzione come musicista e come compositore?
Ho scoperto un modo che parte da Piazzolla ma sviluppato nella improvvisazione e nella strumentazione. Infatti, Aires Tango ha strumenti che si avvicinano più al jazz che al nuovo tango poi è formato da italiani e non argentini, questo perché con gli argentini saremmo cascati in certi codici inevitabili di tradizione invece con italiani si è riuscito a contaminare e scoprire altri connubi possibili col mondo argentino, oltre che il tipo di suono.

Come descriveresti la tua traiettoria discografica solista e le sue tappe principali?
Un continuo crescendo ogni disco mi ha sempre lasciato nuove esperienze che hanno aiutato a migliorare o maturare il disco successivo. A livello di composizione ho sempre tanti stimoli perché fra tango, folclore, jazz (intesso come improvvisazione) musica classica ecc.., l’abbinamento di tutto questo apre possibilità infinite. 
Ho trovato un mio modo di suonare e di scrivere che mi da sempre nuovi stimoli e mi mantiene sempre attivo. 

In che misura e con quali riferimenti il tuo modo di suonare il sax coltiva una specificità argentina?
A livello del linguaggio e del fraseggio faccio sempre riferimento alla mia tradizione, rendendo ogni brano una cosa diversa: anche questo mi ha aiutato a trovare un suono un po’ personale nel mio strumento. Forse nel mio immaginare il suono vorrei assomigliare ad un cantante argentino di tango o di folclore e quindi provo ad improvvisare fraseggiando come loro.

Parliamo di "Escenas": anni fa hai registrato “Argentina: Escenas en Big Band” con tue composizioni arrangiate da Luigi Giannatempo: c'è un rapporto col lavoro appena inciso tutto da solo? Com'è nata questa nuova raccolta di brani?
Non c’è un collegamento, semplicemente mi piace identificare due lavori del genere come se fossero delle scene di film che nascono dalla mia immaginazione ... due Scene (Escenas) completamente diverse, una con tanti strumenti - una big band - ed un altra più intimista, in solo. Per altro, ho pubblicato il libro con i brani del disco per sassofono solo che si sta un po’ divulgando nel mondo del sassofono classico, anche perché è un repertorio scritto appositamente per il sassofono: a volte in modo virtuosistico, mentre altri brani più fanno riferimento al mio stile. Si tratta di nuovo materiale musicale per contribuire con elementi 
nuovi allo strumento in ambito accademico.

Vuoi raccontarci come hai lavorato sui brani di compositori come Händel (con la sarabanda) e Bach?
Nella "Sarabanda" di Händel ho operato una contaminazione col Bombo argentino (percussione tipica) portando Händel verso il nord dell’Argentina con un ritmo (baguala) che si sposa bene col tempo del brano - molto conosciuto, utilizzato da Stanley Kubrick nel film “Barry Lyndon”. Ho sempre ammirato e ascoltato Bach: ho voluto proporre la Sarabanda della Prima partita per violino e improvvisarci sopra.

Hai intitolato un brano "El perseguidor" che nel titolo sembra rimandare a Cortazar, evitando però il linguaggio bop che era protagonista (con Parker) di quel racconto...
Un omaggio al mio scrittore argentino preferito, Julio Cortazar, e al suo libro meraviglioso. Ho inteso omaggiare il libro e Parker dal punto di vista di un argentino che non avrebbe mai suonato il bebop meglio di come l’ha fatto Bird.

In “Escenas en solo” interpreti una composizione di Ariel Ramirez che ricorda Alfonsina Storni: qual è la tua personale lettura di queste due personalità della cultura argentina?
Innanzitutto mi ha sempre incuriosito la storia di questa canzone, oltre al fatto che, musicalmente, è un pezzo che mi ha sempre emozionato. L’ho suonato in modo meno folcloristico e con un bordone di voci 
fatte da me che evocano la triste storia di Alfonsina Storni.

Suonerai "Escenas" dal vivo? A quali progetti stai lavorando?
Ho un concerto organizzato dal Auditorium Parco della Musica in due cortili condominiali (nuova esperienza di portare la musica a casa della gente anche per il problema di pandemia); un altro in una chiesa a Fano per il festival Fano jazz , spesso suono questi brani in una rappresentazione teatrale insieme a Iaia Forte accompagnando  dei testi e monologhi teatrali. Riguardo ai progetti in corso: è appena uscito un disco col trio Girotto-Servillo-Magalavite  “L’anno che verrà” (etichetta Barvin), canzoni di Lucio Dalla rivisitate in chiave latina. E l’etichetta Dodici lune ha pubblicato il disco in duo insieme a Vince Abbracciante alla fisarmonica. Sono di ritorno dalla Calabria dove ho registrato il secondo disco da solo. Poi continuo con i concerti insieme ad Aires Tango, al trio Girotto-Servillo-Mangalavite - al trio mio “Tango Nueva revisione” dove ho rivisitato il famoso incontro fra Astor Piazzolla e Gerry Mulligan “Summit o Reunion Cumbre”. E molto altro…



Alessio Surian

Javier Girotto – Escenas en solo (JG records, 2021)
Raramente siamo stati confrontati con la solitudine e con noi stessi come nel periodo che va dalla primavera del 2020 a quella del 2021. Un’occasione per ascoltare in modo più articolato chi musicalmente ha approfondito questa dimensione e “Escenas en solo”, in questa prospettiva, ha tutte le caratteristiche di un’opera magistrale. I ventitré brani che la compongono sono stati registrati a Civitavecchia a giugno del 2016 e l’album è stato distribuito l’anno successivo dall’etichetta di Girotto. Seguiva, a dieci anni di distanza, “Argentina: escenas en big band” registrato a giugno 2006 per Parco della Musica con la Parco della Musica Jazz Orchestra, omaggio al tango e al folklore argentino all’interno di una cornice jazz con spazi di improvvisazione. Allora Girotto era in compagnia di diciassette musicisti: in “Escenas en solo”, come dice il titolo, non ci sono compagni di avventura. In realtà, da soli, come in compagnia, è la qualità dei dialoghi che conta e in questo Girotto è maestro. Innanzitutto in chiave ritmica, registro che rende esplicito in alcune interpretazioni sovra-incidendo anche una parte percussiva col bombo leguero e con le chiavi dei sax (ne offre una bella prova anche nel recente lavoro in trio sulle canzoni di Lucio dalla, https://www.youtube.com/watch?v=dkTNCytycd8&ab_channel=JavierGirotto): per esempio con i poliritmi di “AFA”, che rimandano alla splendida collaborazione con Rava di “Full of life”; o in “Balderrama”, energico zamba salteño in tre quarti di Gustavo Leguizamón; e nella suite che lega una trilogia di chacareras, in sei ottavi, rendendo omaggio a compositori quali i fratelli Diaz, Nestor Gomez e Eduardo Lagos di cui viene interpretata “La Oncena”. Questo brano, forse il suo più conosciuto, rimanda a "Así nos gusta", l’album che nel 1969 fotografava gli incontri che Lagos ospitava a casa legando improvvisazione e esperimenti con le musiche popolari argentine, i “folkloréishons”, jam che vedevano protagonisti musicisti del calibro di Ástor Piazzolla, Hugo Díaz, Jorge López Ruiz e molti altri. Questa tradizione di ricerca, pratica e sperimentazione con le musiche tradizionali delle diverse regioni argentine permette a Girotto un’ispirata e generativa rilettura della Sarabanda di Händel (dalla Suite in D Major HWV 437) mentre quella di Bach (dalla Partita per violino No.1 in B Minor, BWV 1002) viene impeccabilmente affidata a due linee di sax soprano. Quattordici dei venti brani sono composizioni dello stesso Girotto, mirabili per l’ampiezza del repertorio e al tempo stesso per in cui vengono legate le diverse influenze tradizionali, tango, classiche e jazz all’interno di un coerente dialogo fra forma e improvvisazione che riflette un periodo di intenso studio e scrittura dedicato in particolare al repertorio per solo sax; un lavoro che ha dato vita alla pubblicazione delle partiture di dodici di questi brani (quelli che nell’album sono stati registrati senza sovra-incisioni) nel libro “Escenas en Solo. Music for Saxophone Solo” cui è allegato un cd con le dodici tracce ). Anche una sommaria ricerca online basta a rendere l’idea dell’impatto che questa pubblicazione ha avuto nel mondo della didattica e fra gli specialisti dello strumento, con numerose interpretazioni del repertorio proposto da Girotto a cura di Maurizio Leoni, Adrià Pascual, Jay Mustelier, Simone Bellagamba, Vicent Bas (con il sax alto), con una predilezione per “Fragmentango”, tre minuti di note che si rincorrono in perenne a costruire una conversazione scorrevolissima e complessa che fa del brano al contempo uno dei più sfidanti e, architettonicamente, più affascinanti del repertorio. Nondimeno, il lato poetico di Girotto permea l’intero lavoro, sa far ricorso ai flauti della trazione quali il moxeño e il sicus (andino a canne multiple) e raccontare ancora una volta con le note di Ariel Ramirez “Alfonsina y el mar”, in chiusura di un disco imperdibile, non solo per gli amanti del sax soprano e baritono.


Alessio Surian

Javier Girotto/Vince Abbracciante – Santuario (DodiciLune/I.R.D., 2021)
Il sodalizio artistico tra il fiatista argentino Javier Girotto e il fisarmonicista pugliese Vince Abbracciante risale al 2015 e si è sostanziato in un percorso comune di ricerca attraverso nuovi sentieri da percorrere e ponti da costruire tra jazz, folk e tanto, il tutto partendo da improvvisazioni libere e una raffinata grammatica compositiva classica e nel contempo originale, in cui si intrecciano passione e malinconia. A cristallizzare questo fortunato incontro e il cammino compiuto insieme arriva “Santuario”, opera prima del duo che raccoglie undici composizioni originali, equamente divise tra i due, e una sontuosa rilettura de “L'ultima chance” di Luis Bacalov, tema principale della colonna sonora dell’omonimo film di Maurizio Lucidi. Sebbene la fisarmonica decontestualizzata rispetto al folk e l’incontro tra jazz e sonorità della tradizione argentina non rappresentino, da tempo, una novità di rilievo, in questo caso siamo di fronte a qualcosa di sostanzialmente diverso. Girotto (sax soprano e baritono e quena, flauto tipico della tradizione andina) e Abbracciante (fisarmonica) ci conducono alla scoperta di un disco di assoluto spessore, tanto sotto il profilo compositivo, quanto da quello prettamente esecutivo. Si gode, infatti, del perfetto interplay tra le due voci strumentali in cui nessuna oscura l’altra, ma anzi vi è una vicendevole esaltazione in un crescendo di emozioni. Durante l’ascolto, si percepisce un senso di assoluta uniformità tra i vari brani, segno evidente di un’osmosi creativa profonda, tale da investire la fase esecutiva e gli spaccati improvvisativi.  Si parte con due brani firmati da Girotto: l’intensa “Santuario degli animali” con il suo tema cantabile guidato dal trascinante dialogo tra il sax e la fisarmonica, e la tradizione musicale argentina declinata al futuro di “Furugona”. Riflessiva e densa di lirismo è “Ninar” con il lungo solo di quena, suonata magistralmente dal fiatista argentino, a cui si aggiunge nella seconda parte la trama tenue intessuta dalla fisarmonica. La brillante melodia de “Trama della Natura” con la fisarmonica e il sax che si inseguono lungo la linea melodica, ci introduce al fascinoso crescendo di “En mi” e alla riflessiva “2 de Abril”. Se “Fuga a Sud” e “Impressioni di Puglia” sono un omaggio di Abbracciante alla sua terra, “Pango” e “Aramboty” sono intrise di suoni e colori dell’Argentina e brillano di vibrante vitalità. Chiudono il disco la travolgente “Soprano” e la già citata rilettura di “L'ultima chance” di Luis Bacalov che suggellano un disco ispirato ed affascinante nel quale i suoni del Mediterraneo incontrano quelli del Sud America.



Salvatore Esposito

1 Commenti

  1. Bellissimo articolo! La volevamo ringraziare ma non abbiamo recapiti oltre questo. Un saluto Maggie e Javier Girotto

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