La centralità di un canto in un territorio contenuto come la Sardegna, sebbene l’isola rappresenti un giacimento musicale sempre vivo e in ebollizione, non può che porre interrogativi allo studioso di fatti musicali. Così Marco Lutzu si è messo a indagare i processi di diffusione, le diverse modalità espressive e le significazioni di “Deus ti salvet Maria”, conosciuta anche come L’”Ave Maria” sarda, che è tra i canti in limba più eseguiti nell’isola, dove ha assunto una pregnanza identitaria oltrepassando la motivazione devozionale che l’ha originata, ed è un motivo molto conosciuto anche di là del mare. Curatore del volume, Lutzu, docente di etnomusicologia all’Università degli Studi di Cagliari, non è nuovo a studi che ricostruiscono genesi, circolazione e orizzonti di senso a un artefatto musicale: si pensi alla pubblicazione per lo stesso editore del testo sulla canzone “A Diosa”, più conosciuta come “Non potho reposare”.
Lo studioso ha necessariamente adoperato una cornice teorica e un approccio metodologico pluridisciplinari (p. 7 , pp. 11-13) in cui convergono etnomusicologia, musicologia storica e studi di popular music. Con tale proposito di interazione si è creato un gruppo di lavoro di cui fanno parte Roberto Mileddu, Diego Pani, Luigi Oliva e Roberto Caria, i cui saggi contribuiscono alle oltre trecento pagine dell’opera.
Il testo di “Deus ti salvet Maria”, ascrivibile alla categoria della pregadorias, è la traduzione di una parafrasi mariana attribuita al gesuita Innocenzo Innocenzi nel XVII secolo, elaborata per favorire la diffusione della dottrina cristiana. Necessario, pertanto, scendere sul terreno della ricostruzione storica a partire dalle origini del testo, analizzando le fonti documentarie d’archivio per delineare il contesto e le figure che concorrono a plasmare e a diffondere il canto in Sardegna, come avviene nel puntuale saggio di Roberto Milleddu, “Appunti per una storia”. Nel successivo intervento, Lutzu riannoda le fila a partire dall’istituzione del Pontificio Seminario Regionale di Cuglieri, dove è sancito un modello melodico e armonico a tre voci, e che diviene il centro da cui “Deus ti salvet Maria” si irradia nell’isola. L’analisi si interseca per forza di cose con la nascita dell’industria discografica, con la prima registrazione del canto, datata 1938, ad opera del cantadore Giovanni Cucurru (che si può ascoltare nella prima traccia del CD allegato al volume) e con le ricerche etnomusicologiche e antropologiche della seconda metà degli anni ‘60 del Novecento che impegnano in Sardegna Diego Carpitella e Clara Gallini, i quali registrano a Mamoiada Michela Gregu, una donna che, oltre a formule rituali e preghiere, intona una versione del canto (l’esecuzione si può ascoltare per mezzo del codice QR nelle pagine del libro). La logica modulare, ossia la possibilità di eseguire testi diversi sulla stessa forma melodica conduce a discutere documenti relativi a ricerche sul campo posteriori, come quella di Piero Sassu (“Lu pardhonu” sassarese di Graziella Pasca, 1963) fino alle versioni con modalità di canto a quattro (Santu Lussurgiu, Bosa) e poi quelle adattate alle corali polifoniche. Qui, si inquadra uno snodo fondamentale nelle dinamiche del canto, che dal contesto devozionale allarga la sua presenza nell’ambito artistico, si ibridizza con forza laddove in passato le rielaborazioni avevano assunto o modelli e procedure chiesastiche o quelli riconducibili al canto a chiterra.
Insomma, da qui parte il viaggio formidabile del “Deus” nelle voci femminili del folk revival locale e nazionale (Maria Teresa Cau, Maria Carta, Giovanna Marini), nella canzone d’autore contemporanea (Mark Harris, Fabrizio De André), nel neo folk sardo di sapore sudamericano (Is Cantores), nelle ispirate spinte world e jazz (Andrea Parodi, Elena Ledda, Paolo Fresu), fino all’ambito colto (Clara Murtas ed Ennio Morricone) e a quello di strumentisti e voci straniere (Paul Mc Candless, Savina Yannatou). Ma ce ne sono altri ancora, tra cui la versione del tenore Francesco Demuro, proposta durante il lockdown del 2020. Il docente di teologia morale sociale Roberto Caria si occupa nelle sue “Brevi note teologiche” di approfondire le forme di devozione mariana in Sardegna. Con “Percorsi storico-analitici” di nuovo Lutzu produce un’attenta analisi formale, rivolta sia al testo (forma metrica, schemi accentuativi, varianti testuali) che alla fisionomia musicale (melodia, armonia e forma), dando conto delle varianti performative e mettendo, infine, in relazione testo e musica tramite dello studio della forma poetico-musicale.
Passo successivo è la “Guida all’ascolto, curata da Diego Pani e Luigi Oliva, i quali passano in rassegna le sedici tracce fissate nel CD audio allegato al libro, una bella raccolta di interpretazioni del “Deus ti salvet Maria”, che oltre alla valenza documentaristica si segnala per la qualità delle esecuzioni, un’autentica parata di stelle, e si configura come un possibile percorso nella storia musicale del canto (si ascoltano: Giovanni Cuccurru, Maria Teresa Cau, Maria Carta, Coro di Nuoro, Is Cantores, Fabrizio De André, Savina Yannatou, Clara Murtas ed Ennio Morricone, Paolo Fresu ed Elena Ledda, Andrea Parodi e i Khorakhané, Antonella Ruggiero, Luigi Lai, le donne di Bosa, i Cantori di Santa Croce di Castelsardo, Andhira, Tenores di Neoneli), proponendo sia note formali a carattere musicale sia contestualizzando le proposte all’interno del percorso artistico dei diversi esecutori. Mauro Aresu si è occupato di censire meticolosamente l’apparato discografico elencando la miriade di incisioni della pregadorias. Come già accennato, attraverso i codici QR è possibile accedere a ulteriori documenti sonori.
Arrivati fino in fondo al volume, si conviene sul fatto che il confronto raggiunto intrecciando diverse prospettive di studio produce un’osservazione approfondita, tale da restituire la complessità dell’oggetto sonoro “Deus ti salvet Maria” con una trattazione che ben si adatta anche ai lettori non specialisti e che rappresenta un modello di indagine da perseguire anche altrove.
Ciro De Rosa