Bongeziwe Mabandla – iimini (Black Major, 2020)

Definito un “miracolo moderno” da Radio France Internationale (RFI) e come “lo spirito enigmatico dell’anima africana” dalla critica, Bongeziwe Mabandla ha debuttato nel 2012 con “Umlilo”, segnalandosi per la sua capacità di incrociare la musica tradizionale africana con il folk urbano, modernizzandola con arrangiamenti moderni, il tutto impreziosito da testi in lingua xhosa. Nel 2017, il suo secondo album “Mangaliso” gli ha fruttato un ampio apprezzamento della critica e il premio come miglior album di musica alternativa ai South African Music Awards del 2018. Parallelamente molto intensa è stata anche la sua attività dal vivo con concerti in solo e con la band che gli ha consentito di allargare sempre di più il suo pubblico, anche grazie ai tanti concerti in Europa dove, nel 2019, si è esibito al Reeperbahn Festival in Germania, al Womex in Finlandia, all’Afrovibes Festival nei Paesi Bassi e all’Oslo World Festival in Norvergia. Poco tempo prima che esplodesse la pandemia da COVID-19 in tutto il mondo, Bongeziwe Mabandla ha dato alle stampe “iimini”, il suo terzo album registrato, tra Johannesburg e Maputo, nel corso di ventuno giorni di sessions nel 2019 insieme al musicista, cantautore e produttore mozambicano Tiago Correia-Paulo con il quale aveva collaborato già nel disco precedente. “Le registrazioni sono state fatte molto d’istinto”, sottolinea il produttore, “Lavorare in questo modo ha davvero tirato fuori il meglio di Bongeziwe. Abbiamo registrato molte parti vocali e di chitarra sul mio telefono e abbiamo finito per usare nell’album oltre dieci di queste incisioni”. Rispetto a “Mangaliso”, questo nuovo album prosegue il cammino tracciato ampliando le esplorazioni sonore verso i territori della musica elettronica. Il falsetto venato di soul di Mabandla si esalta nelle suggestive architetture sonore costruite dalla chitarra di Correia-Paulo e sostenute dalle sperimentazioni ritmiche con le percussioni e i pattern elettronici che si sovrappongono. Dal punto di vista del songwriting, emergono molteplici addentellati con la tradizione africana, un riferimento importante dal punto di vista ispirativo come evidenzia lo stesso artista sudafricano: “Ho sempre amato ascoltare i testi. I sudafricani amano raccontare una canzone e io sono guidato dal desiderio di far parte di quella tradizione quando scrivo”. Come lascia intendere il titolo che in italiano vuol dire giorni, i dodici brani in scaletta compongono un concept album che ruota intorno ad una storia d’amore raccontata, dal primo incontro alla sua triste conclusione, come spiega Mabandla: “L'album inizia con l'incontro con qualcuno e come i sentimenti si evolvono verso l’amore, e poi il dolore e l'angoscia di stare con qualcuno. Le ultime canzoni parlano della fine della relazione e del taglio dei legami, e fondamentalmente della separazione di persone che prima erano incomplete l’una senza l’altra. “iimini” riguarda il tempo e il modo in cui le cose alla fine si svolgono. Il tempo può cambiare così tanto". Aperta dal crescendo di “mini esabibana ngayo (#001)” (“Il primo giorno che ci siamo incontrati”) con l’intreccio di voci sostenuto dalla chitarra e dalle percussioni, il disco ci regala una delle sue perle con il ritmo afro-pop radio-friendly della brillante “masiziyekelele (14.11.16) a cui segue l’elegante melodia di “salanabani”. La ritmata “ndanele” ci introduce al sinuoso ritmo di “zange” con l’elettronica e i synth che incorniciano il cantato perfetto di Mabandla prima che il breve frammento strumentale “(9.2.17)” chiuda la prima parte del disco. L’introspettiva “khangela” e il climax trascinante di “jikeleza” aprono la strada alle sperimentazionidi “ukwahlukana” il cui groove quasi trap si sposa perfettamente con il featuring dello statunitense Son Little. Le riflessioni sul rapporto di coppia e i motivi che portano a mettere in discussione il fatto di stare insieme di “bambelela kum (4.6.18)” ci accompagna verso il finale con la sofferta “isiphelo (#untitled)” e l’addio di “ndiyakuthanda" che chiude un disco pieno di poesia e belle intuizioni musicale. Da ascoltare con attenzione. 
 

Salvatore Esposito

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