Afrika Mamas – Ilanga/The Sun (ARC Music, 2021)

Votate a quello che con in inglese è definito “edutainment “, le Afrika Mamas, nate nel 1998, sono un sestetto sudafricano di vocalist residenti a Durban. Madri single, donne indomite di forte temperamento, sono guidate dalla fondatrice Ntombifuthi Lushaba, la cui voce è definita come tenore, la quale canta e compone insieme a Sinegugu Khoza (soprano), Zukiswa Majozi (soprano), Patricia Bhe Shandu (contralto), Sibongile Nkosi (basso) e Nomvula Dlamini (basso). Co-prodotto da Xolani Majozi dei Ladysmith Black Mambazo, il loro quinto album è imperniato sulle loro formidabili armonie vocali nello stile zulu a cappella chiamato “isicathamiya”. Questo è il codice canoro che hanno adottato per parlare di piccole e grandi storie d’Africa, ma la loro azione di folk-tale group (come si definiscono) si inscrive in un progetto culturale più vasto, teso a promuove istruzione, salvaguardia dei diritti umani ed emancipazione femminile. “Hlonipha” e “Tshelamina” portano la firma di Thulani Shabalala , figlio di Joeph (1940-2020), il compianto leader degli Ladysmith, la prima canzone parla di rispetto verso l’umanità, la seconda chiede a un assassino seriale come possa riposare tranquillo la notte. Nella bluesy “Wangishiyelani” una donna supplica il fidanzato di tornare in modo che possano sistemare la loro relazione. Composta da Patricia Bhe Shandu, “Isilingo” racconta di un uomo inaffidabile che continua a fare proposte a diverse donne. Ha un sapore gospel “Ibhodwe” (scritta da Sibongile Nkosi), dove si parla di una grade pentola da cucina, simbolo centrale per una tradizione matrimoniale in cui prima di una cerimonia lo sposo chiede alla sposa di unirsi alla sua famiglia per saziarsi con l’assicurazione che la loro pentola è molto grande. Non sorprende che l’ecumenismo solidale e la parola cantata abbia portato le Mamas a impossessarsi di messaggio universalista della lennoniana “Imagine”, alla quale hanno aggiunto un verso zulu in cui cantano l’unione tra “bianchi e neri”. La gentile title track “Ilanga” (significa sia “Sole” che “Giorno”) è invece opera di Sibongiseni, altro figlio di Shabalala, dalla cui penna proviene anche “Sithwele Kanzima”, brano che dà voce alla sofferenza delle donne. Le note del booklet che accompagna il lavoro menzionano alcuni episodi cruenti nei confronti di giovani donne della recente storia sudafricana. La struttura call & response di “Isuka Kude” è la celebrazione dello stile vocale isicathamiya, sviluppatosi nel secolo scorso, fondendo gli elementi tradizionali zulu e le espressioni corali cristiane dei protestanti anglo-sassoni. Questo motivo, così come il successivo “Uzitshela Ukuthi Uyazi”, che chiude l'album e che parla di pettegola locale che ama sparlare diffondendo notizie false, sono stati composti dal chitarrista Maqhinga Rabele, altro nome altisonante della musica sudafricana. Se da una parte l’album non è portatore di novità sul piano musicale, dall’altra ci consegna storie universali che hanno tanto da insegnarci, eseguite in forma polifonica da queste sei magnifiche artiste, le quali manifestano un grande senso di condivisione e si fanno portatrici di vibranti messaggi sociali. 


Ciro De Rosa

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