Taraful Bucureştilor – La musique des lăutari tsiganes de Bucarest (Inedit, 2020)

Sono molti i motivi che ci fanno apprezzare questo album dei romeni Taraful Bucureştilor. Anzitutto, la sua pubblicazione segna il ritorno discografico dell’etichetta Inedit associata all’istituzione parigina Maison des Cultures Du Monde, che vanta un catalogo di più di centocinquanta dischi dedicati unicamente ad espressioni musicali d’arte e popolare. In secondo luogo, questa registrazione del 2018, effettuata al Théâtre de l’Alliance française nel corso del parigino Festival de l’Imaginarie, raccoglie una delle ultime compagini che interpretano il repertorio acustico dei lăutari rom, così come era suonato tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso, considerato il periodo di massimo splendore di questa espressione musicale. “Lăutar” in rumeno significa “suonatore di lauta”, ma per estensione indica qualsiasi musicista che suona o canta in eventi sociali festivi è conosciuto come lăutar. I repertori eseguiti da questi musicisti professionisti e semi-professionisti sono esito di un lungo processo di incorporazione e di coalescenza di forme musicali urbane e rurali preesistenti, sottoposte a rielaborazione, in cui confluivano canzoni rom, musiche e canti basati su componenti modali greche e turche, musiche colte, danze popolari contadine, temi ebraici, romance e motivi del tempo che erano di moda, canti e danze dei coscritti, canti di malavita, serenate e danze dei secoli precedenti. Dobbiamo parlare di “casta” privilegiata di mediatori di culture musicali diverse, ingaggiati per intrattenere cortigiani e boiardi. Gradualmente le musiche sono diventate l’accompagnamento sonoro dei ricevimenti nuziali romanes. Da emblema dei musicisti Rom delle regioni della Muntenia, Oltenia, Moldavia e Dobrugia questi repertori nel loro processo di circolazione e di successivi adattamenti hanno raggiunto gli ambienti cittadini dove borghesi e artigiani divennero i nuovi clienti per i lăutari, che iniziarono a vivere in città, in quartieri poveri periferici, i mahala (“quartiere di città” in turco), da cui la nuova denominazione di “muzică de mahala”, anche se molti musicisti insediati nelle campagne ai margini delle città prestavano servizio per le comunità contadine. Come detto, la musica dei lăutari raggiunge il periodo d’oro per l’appunto nella seconda metà del XX secolo. In tempi più recenti si è assistito a un depauperamento delle pratiche esecutive per l’utilizzo di forme standardizzate delle improvvisazioni, eccessive forme di armonizzazione, sostituzione dei timbri acustici con strumenti elettronici. Tuttavia il taraf (le orchestrine a geometria variabile) che suona in questo album si impone per la capacità di tracciare la linea di continuità con il passato. Come sempre la confezione del disco è accompagnata da un corposo booklet bilingue (francese e inglese), in cui l’etnomusicologa romena Speranţa Rădulescu traccia con dovizia la storia della pratica musicale dei lăutari e presenta le venti tracce suonate dal mirabile piccolo complesso dei Taraful Bucureştilr che fu messo insieme nel 2007 in occasione di un tour nei teatri italiani e francesi e costituito da artisti di lungo corso, che hanno iniziato ad esibirsi nell’era gloriosa di questa musica con i maestri del genere, a cominciare dalla cantante Gabi Luncă (scomparsa da poco). Del quintetto, sorta di “Lăutari social club” romeno, fanno parte il grande primaș, cantante e chitarrista George “Gicu” Petrache, purtroppo anche egli scomparso di recente, Nicu Ciotoi (violino e voce), considerato uno degli ultimi violinisti della capitale romena a conoscere la “vera” musica zigana, Ştefan Ionel Ioniţă “Cinoi” (fisarmonica e voce), anch’egli proveniente da una prestigiosa famiglia di strumentisti e cantanti, Gheorghe Raducanu (cimbalom), musicista eccellente e sensibile, capace di adattare il suo stile di accompagnamento, e Gheorghe Petrescu (contrabbasso), soprannominato “Coadă”, ossia coda, notabile per la sua precisione ritmica e armonica. Questi custodi indiscussi mettono in fila un gran bel susseguirsi di canzoni epiche, tragiche, romantiche e satiriche, cantate in romeno e romanes, strutturate su strofe narrate da una voce solista o in dialogo a più voci e da danze (hora e sârbā). Il tutto caratterizzato da ritmi liberi, da intarsi e abbellimenti, dalla variazione dei timbri vocali e dai consueti passaggi dal pianissimo al fortissimo. Dall’introduzione che apre il recital alla “Lăutarescă hora”, dall’estratto dalla canzone epica “Doi tovarăşi am la drum” alla corale “Nu ştiu, Doamne, cum să fac”, dalla classica “Mămăliga brâzali”, dove si alternano strofe in romeno e romanes, all’altrettanto umoristica “Tachere cu Tucun”, dai rimproveri di una moglie al marito che torna a casa sbronzo della canzone “Zori de ziuă se revarsă” all’overture nuziale strumentale fino ai guizzi dello strumentale “Trandafir de pe Răzor”, variazione su una danza proposta in due versioni differenti, è un ascolto che riserva sorprese per le virtù performative di questi inimitabili musicisti. 


Ciro De Rosa

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