Helene Blum & Harald Haugaard Band – Strømmen (Pile House Music, 2020)/Himla – Himla (Go’ Danish Folk Music, 2021)/Sofia Talvik – Paws Of A Bear (Makaki Music, 2020)

Ancora un’infornata di succulente recenti uscite discografiche dalla prospera scena musicale scandinava, con precedenza ai danesi e soprattutto a due personaggi particolarmente in vista quali sono Helene Blum e Harald Haugaard. Compagni nella vita oltre che in musica, i due coniugi hanno collaborato fra loro ad almeno una decina di album eppure, sorprendentemente, questo è il primo lavoro accreditato ad entrambi. Per chi non li avesse mai incontrati prima d’ora, entrambi provengono dalla musica tradizionale ma Helene, pur senza mai smarrire la via, è diventata un’apprezzata cantautrice, riuscendo perfino a scalare le classifiche locali (una carriera parallela a quella di una sua collega svedese, Sofia Karlsson, molto popolare in patria ma purtroppo pressoché sconosciuta da noi). Suo marito invece, oltre a realizzare diversi album – sia a proprio nome che in coppia con un altro stimato architetto della scena folk danese, il chitarrista e cantante Morten Alfred Høyrup – è un superbo violinista che spesso si è messo al servizio degli altri come musicista di studio, compositore, arrangiatore, produttore e finanche insegnante. Da anni è alla guida della Band che da lui prende nome e di cui ne sono componenti ottimi strumentisti, il cui contributo fornito a questo lavoro è stato nondimeno rilevante per il suo esito finale: Kristine Elise Pedersen (violoncello), Mikkel Grue (chitarra e cori), Sune Rahbek (percussioni) e Tapani Varis (contrabbasso e scacciapensieri). Ci sono anche alcuni ospiti, fra i quali il chitarrista Rasmus Zeeberg (Jansberg Band e Zaar), mentre Harald ovviamente si è dedicato da par suo, ovvero più che brillantemente, al suo strumento preferito, mentre Helen, che pure sa imbracciare il violino, si è limitata qui a suonare il pianoforte in alcuni brani ma soprattutto a indorare con la sua voce celestiale le canzoni, diverse delle quali frutto della sua stessa penna. Diverse melodie di “Strømmen” tuttavia provengono dalla tradizione e fra questi spicca “En Yndig Og Fridefuld Sommertide”, un poemetto romantico trasposto in musica e molto popolare in tutta la Danimarca. Un paio di tracce si basano su melodie attribuite all’autorevole ed influente Rasmus Storm, violinista e maestro di danze che intorno al 1760 ha trascritto e raccolto numerosi motivi di origine varia e incerta ponendo le basi e codificando i canoni della musica folk danese: fra questi c’è “Angst”, a cui per l’occasione sono state aggiunte liriche composte nel XIX secolo dal poeta Emil Ærestup, e “Vær Tålmodig” il cui testo deriva da una lettera dello scrittore e poeta austriaco Reiner Maria Rilke. Il momento in assoluto più sorprendente di tutto il disco è però di certo “Dansevise”, una canzone in concorso per la Danimarca all’Eurovision Contest del 1963 che è stata trasformata in una delicata e intensa ballata folk, a dimostrazione che anche al nord, come in diversi altri paesi del Continente (esclusa forse l’Italia, pur con qualche eccezione) la musica pop abbia pur sempre radici nella tradizione locale. Perfettamente bilanciato fra brani cantati e strumentali, suonato in maniera impeccabile e arrangiato con altrettanta abilità, “Strømmen” rappresenta indubbiamente uno dei momenti più elevati nella già più che onorevole carriera dei due coniugi nonché uno degli dischi più rimarchevoli rilasciati dalla prolifica scena musicale scandinava negli ultimi anni! 
L’etichetta Go’ Danish Folk Music, la cui produzione discografica è stata di frequente segnalata in queste pagine, pare avere una particolare predilezione nel lanciare nuove formazioni, meglio se, come in questo caso, caratterizzate da una folta presenza femminile. Ultima arrivata in tal senso è il trio danese-norvegese Himla, formato dalla cantautrice Adine Fliid, la violoncellista Oda Dyrnes (anche nei gruppi Over Sundet e Bark&Blik) e la clarinettista Siri Iversen (Crush String Collective e EPLI). La loro musica va ben oltre la semplice canzone d’autore nella più tipica tradizione nordica, nonostante tutti i brani siano composizioni originali, perché appare piuttosto come il frutto di una inusuale miscela di pop, folk, musica da camera e persino sonorità più avant-garde. La voce della Fliid, diafana e penetrante, segna in modo indelebile ciascuna melodia ed è sempre sostenuta da ricercati e complessi contrappunti di violoncello e clarinetto (e talvolta clarinetto basso). Contrariamente a quanto sarebbe lecito supporre, la chitarra acustica appare in pochi momenti, fra i quali l’iniziale “Flo og Fjære” e “Fra den Grønne Port” in cui la cantautrice sfoggia un pregevole arpeggio; in “Jeg Kalder Ham Min”, traccia forse non a caso scelta come singolo, l’uso del plettro e di più voci infondono un po’ di vigore, specialmente nel finale in cui l’aggiunta di alcuni effetti sonori porta anche una maggior senso di pienezza. In generale, però, il clima appare sempre molto rarefatto e fragile, talvolta anche lievemente cupo, come sospeso nelle infinite profondità proprie dei paesaggi scandinavi. L’ascolto, anche per questo motivo, non è sempre né facile né immediato anche se va detto che le melodie sono in linea di massima piuttosto accessibili e comunque l’album ha il pregio di essere estremamente distinguibile e creativo. Anche Sofia Talvik è una cantautrice, e anche veramente molto brava, ma la sua principale fonte d’ispirazione non consiste tanto nella musica della sua terra quanto piuttosto in quella d’oltreoceano; in tutti i paesi scandinavi infatti esiste una consistente schiera di solisti e gruppi che si dedicano alla musica americana, dal blues al country, passando attraverso folk e rockabilly. 
Sofia ovviamente è parte di questa sorta di congregazione, di cui ne rappresenta uno dei migliori esponenti, ed ama definire la sua musica “Americana/Folk with Swedish roots”; difatti , come lei stessa sostiene, essendo nata in Svezia, è cresciuta inevitabilmente a stretto contatto con la cultura del suo paese ma, dopo diversi viaggi negli Stati Uniti (in cui ha persino vissuto per qualche tempo, in quel di Orlando) le sue canzoni hanno assorbito in misura sempre più crescente il linguaggio musicale di quella terra, specialmente per quel che concerne il folk contemporaneo e la canzone d’autore. Nel corso della sua carriera, partita più di quindici anni fa, ha dato alle stampe circa una ventina di dischi, fra singoli, EP ed album, uno dei quali registrato dal vivo proprio durante una serie di concerti sull’altro lato dell’Oceano Atlantico. L’ultimo suo lavoro “ufficiale”, l’ottavo nella sua discografia, risulta “Paws Of A Bear” del 2019, un lavoro leggermente più scarno rispetto a quelli che l’hanno preceduto, e rappresenta un buon viatico per cominciare a conoscere il suo talento (insieme allo stupendo “When Winter Comes” uscito due anni prima, un disco natalizio sui generis poiché contiene esclusivamente nuove composizioni originali). Durante il tour di presentazione negli USA di quel lavoro l’avvenente artista svedese è rimasta bloccata lì dalla pandemia e ha cominciato ad esibirsi da sola in rete con una considerevole frequenza, un’attività che la vede impegnata regolarmente ancora in questi giorni. Al ritorno in patria infine, avendo ancora tempo libero, come purtroppo la maggior parte dei suoi colleghi di tutto il continente, e soprattutto su richiesta dei suoi fans, ha pensato di ripubblicare “Paws Of A Bear” in una versione “unplugged”. Non è la prima volta a dire il vero che la Sofia compie una tale operazione perché qualcosa del genere era già accaduto con il disco concepito durante il suo soggiorno in terra americana, non a caso intitolato “Florida” (2010); anche in questa occasione la cantautrice ha dunque ripreso le tracce del suo predecessore ripresentandole esattamente nello stesso ordine per affidarle unicamente all’accompagnamento della sua chitarra acustica (ma è bene precisare che non si tratta di semplici demo perché sono tutte nuove registrazioni). Come spesso si dice, quando una canzone è bella non sempre necessita di un sostegno strumentale particolarmente sostanzioso e questo vale senz’ombra di dubbio per le composizioni della svedese poiché, oltre a godere di melodie forti ed incisive, si giovano della sua voce pura e cristallina nonché del suo agile e delicato finger-picking, quanto basta per far brillare nuovamente ogni singolo episodio della seconda edizione di “Paws Of A Bear” (inizialmente edita solo in digitale ma da qualche settimana disponibile anche su CD). Inutile qui segnalare qualche episodio in particolare, gli ascoltatori che avranno voglia di scoprire una cantautrice così dotata potranno scegliere da quale momento ricavare le emozioni più intense che qui, è garantito, sono dispensate a piene mani. 


Massimo Ferro

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