E tre! Dopo “Ela” (2013) e “Soyo” (2015), Dominique Pinto torna ad ammaliarci con un album che ribadisce e trasforma al tempo stesso il suo registro minimalista, intimo, poetico a cavallo fra le sue tre lingue madri: il portoghese di Porto Alegre (dov’è nata), il francese di Parigi (dove è cresciuta ed è tornata a vivere) e lo spagnolo di Buenos Aires dove si è formata musicalmente studiando violoncello con Christine Walevska e dove le hanno regalato il nome d’arte Dom La Nena.
Ad Atwood Magazine ha confidato come “Tempo” sia la prima occasione in cui, a trentuno anni, si sia sentita di poter registrare a suo nome brani strumentali davvero riusciti, come “Valsa”: “Forse, venire dalla musica classica e aver lavorato come violoncellista su tanti capolavori della musica strumentale ha fatto sì che per molto tempo io non mi sia sentita ‘autorizzata’ a comporre musica strumentale. Ma cominciando a lavorare a ‘Tempo’ ho cercato di concentrarmi quanto più possibile sul canto e sul violoncello, cercando di andare oltre i limiti, farlo suonare in modi diversi, portarlo altrove. Mi sono divertita molto a trovare modi di piegare, distorcere, sbucciare il suono e da questo laboratorio sul suono ho imparato molto”.
Nel frattempo, ha anche trovato lo spazio per rinnovare la collaborazione con Rosemary Standley nel duo Birds on a Wire che ha dato vita allo splendido “Ramages” (pubblicata da Air Rytmo, a sei anni dal disco di debutto), con un repertorio che spazia da Cohen a Gilberto Gil, da Violeta Parra a Lucilla Galeazzi, e canzoni anche in russo, bretone, italiano e catalano (“El Cant dels Ocells”). “Rosemary Standley ed io abbiamo dato vita a Birds on a Wire nel 2012, in parallelo al mio primo album solista. L’evoluzione di questi due progetti è avvenuta in modo naturale, in parallelo: continuiamo a suonare molto dal vivo e ad allargare il repertorio”.
In “Tempo” Dom La Nena rinnova la magia del duo vocale femminile con “Quién Podrá Saberlo” insieme alla cantante messicana Julieta Venegas e con il violoncello che funge anche da percussione. Oltre al brano che da il titolo all’album e al romantico “Vejo passar”, questo canto a due voci – con due declinazioni tanto diverse dello spagnolo e tanto affini nel registro melodico – va dritta al cuore del “tempo” con una serie di domande (“Todos los que pasan por mí ¿A dónde van, a dónde van? No hay nadie / Lo que un día quise decir ¿A dónde va, a dónde va mi miedo? ¿Quién podrá saberlo?” Dove andranno tutti quelli che mi attraversano? non c’è nessuno. Dove sarà andato quel che un giorno ho cercato dire, la mia paura? Chi lo sa?), ma anche con un messaggio di speranza (“Tú y yo tenemos tanta suerte, tanto tiempo / Tantos sueños inmortales / Tú y yo tenemos tanta historia, tantas ganas / Y el amor que es inmortal”, Tu ed io abbiamo molta fortuna, molto tempo, tanti sogni immortali. Tu ed io abbiamo molta storia, tanti desideri. E l’amore, che è immortale).
Tutto l’album sa giocare con la serietà del tema attraverso brani brevi e lievi che si muovono agili fra lingue e stili diversi: dal portoghese cameristico e intimo di “Samba Para Você” alle sognanti “Milonga”, in spagnolo, e “Doux de Rêver”, in francese. C’è il dolore per quel che sta attraversando il suo paese natale in “Todo Tiene Su Fin” e c’è l’incanto del far volare i brani con misuratissime pennellate, un velo o un riflesso di piano acustico che illumina di luce differente versi che arrivano al cuore e restano nella testa, primi fra tutti quelli di “Teu Coração” e di “Oiseau Sauvage” dove le lingue e le metafore si mescolano, amplificate in video dal lavoro immaginifico di Jeremiah e degli “spiriti” creati da Etienne Saglio.
Alessio Surian
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