Rina Durante, La Malapianta. Nuova edizione a cura di Massimo Melillo, AnimaMundi Edizioni 2020, pp.256, Euro 15,00

Scrittrice, giornalista e ricercatrice, Rina Durante (1928-2004) è considerata una delle maggiori intellettuali espressi dalla cultura salentina e pugliese nel Novecento, avendo dedicato alla sua terra quasi tutte le sue opere, nonché l’attività di ricercatrice ed agitatrice culturale. Formatasi a contatto con la lezione meridionalista, culturale e politica di Vittorio Bodini, Rocco Scotellaro, Oreste Macrì, Vittorio Pagano, Gaetano Salvemini e Vittore Fiore, esordì nel 1951 con la raccolta di poesie “Il tempo non trascorre invano” e successivamente, fra il 1961 e il 1966 fu segretaria di redazione della rivista giuridico-letteraria “Il Critone” sulle cui pagine pubblicò alcuni racconti tra cui “Il Tramontana” da cui fu tratto il film omonimo diretto da Adriano Barbano. “Narratrice prima di tutto”, come amava definirsi, Rina Durante nelle sue opere è sempre tangibile l’impegno militante in favore delle classi più deboli ed oppresse, ed in particolare il mondo contadino. Allo stesso modo la necessità di riscoprire le radici storico-culturali, la portò ad ampliare il raggio delle sue ricerche verso lo studio del tarantismo, inserendosi nel solco degli studi di Ernesto de Martino, e quelli sulla tradizione musicale sulle orme di Gianni Bosio e Giovanna Marini. Divenne, così, una delle figure di riferimento del movimento di riproposta della musica popolare salentina e, nel 1975, fondò il Canzoniere Grecanico Salentino e curò la pubblicazione, nel 1977, del primo album “Canti di Terra d’Otranto e della Grecìa salentina” per la Fonit Cetra. Nel corso degli anni, coniugò l’insegnamento con l’attività di giornalista con diverse collaborazioni con la RAI, oltre che con quotidiani e riviste. Tra i diversi volumi pubblicati, vanno certamente ricordati “Dopo Da Verga a Balestrini. Antologia della condizione meridionale” (Saedi, 1975), “Tutto il teatro a Malandrino” (Bulzoni, 1977), “Il sacco di Otranto” (Adda, 1977) e “Gli Amorosi Sensi” (Manni, 1996), ma anche lo spettacolo teatrale “Ballata Salentina”, portato in scena qualche anno fa da Daniele Durante e da cui è tratto il disco omonimo. L’opera più emblematica della sua produzione letteraria è “La Malapianta”, l’unico romanzo scritto in carriera e che fu pubblicato per la prima volta nel 1964 dalla Rizzoli e che le valse nel 1965 il Premio Salento. Da lungo tempo fuori catalogo, il libro è stato ristampato dalla casa editrice ed etichetta salentina AnimaMundi in una nuova versione curata da Massimo Melillo e che inaugura la collana “Opere di Rina Durante”, volta a valorizzare l’importante lascito culturale della scrittrice salentina attraverso la ristampa dei suoi testi più significativi. A riguardo il curatore scrive “Con Rina avevamo sempre pensato ad una ripubblicazione de “La malapianta” e sollecitata a riprendere in mano la questione veniva però sopraffatta da altri innumerevoli impegni, che mettevano da parte l’ambito progetto editoriale che prevedeva, tra l’altro, la riedizione di altre sue importanti opere e saggi. Ora che senza di lei La malapianta rivede la luce sarà come averla ancora di più tra di noi, suscitando quella struggente commozione, che ci assale ogni qualvolta i pensieri ci riportano quotidianamente agli anni di una stagione indimenticabile della nostra vita”. La nuova versione del romanzo, oltre alla curatissima veste grafica, presenta il testo originario arricchito dalla illuminante introduzione di Antonio Lucio Giannone che ricostruisce la biografia e l’opera di Rina Durante, oltre che da una corposa appendice in cui trovano posto un intervento della stessa scrittrice salentina del 2003 su “La cultura che cambiò il Salento” e i contributi del giornalista Massimo Melillo, dell’antropologo Luigi Lezzi e dello scrittore Francesco Guadalupi. Per quanti non hanno avuto la fortuna di immergersi prima nella lettura di questo romanzo, questa pubblicazione rappresenta una occasione importante per scoprire un’opera di rara intensità poetica e narrativa. Come scrive Melillo nel suo contributo: “Rina era legata a La malapianta perché raccontava della sua antica terra, che da sempre è rimasta centrale nella sua ricerca dell’anima popolare salentina. Un ritratto vivido di un tessuto sociale scomparso, un lavoro di scavo incessante e mai interrotto per ricomporre, come in un intenso lessico, i valori collettivi di una produzione culturale consapevole della propria dignità, che incarna la storia di un luogo dell’anima chiamato Salento”. Nella lettura de “La Malapianta” si coglie però un significato ancor più profondo. Se, infatti, per caratteristiche quali l’ambientazione e la scelta del contesto sociale in cui si muovono i personaggi, il romanzo sembra inserirsi nel filone del neorealismo, pagina dopo pagina si ci accorge che temi come la miseria, la fame e la fatica del lavoro nei campi non sono nient’altro che la cornice di una più profonda riflessione sulla solitudine dei personaggi, sul disagio esistenziale che li accomuna, un malessere profondo che si concretizza, come scrive Giannone nell’introduzione nella “solitudine, incomunicabilità, inettitudine, alienazione, aridità interiore: nessuno di essi sembra sfuggire a questo male oscuro”. Le vicende sono ambientante, negli anni Quaranta, in una “periferia infinita dall'atmosfera sonnolenta di una provincia stregata dal suo passato” ovvero nell’area compresa tra Melendugno, Cannole e Calimera dove vanno in scena le vicende della famiglia Ardito, di Teta, di Rosa e dei loro figli. Le loro esistenze lacerate dalla povertà in una alienante resa alla vita sembrano lontane dalla nostra contemporaneità, eppure nell’ordito narrativo si scorgono addentellati di pressante attualità. Insomma, questa nuova edizione de “La Malapianta” rappresenta un operazione editoriale importante che si inserisce perfettamente nell’unicità di AnimaMundi, realtà da sempre impegnata nella valorizzazione della cultura salentina. 

Salvatore Esposito

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