Tündra – Voces del Desarraigo: Músicas de la España Vaciada (Nada Producciones, 2020)

Dalla Spagna proponiamo un disco di brani tradizionali della Serranía Celtibérica, una vasta area al centro-est della penisola iberica, reinterpretati in chiave folk-rock. “Voces del Desarraigo” è il terzo lavoro in studio della band Tündra che aveva precedentemente realizzato due album strumentali, “Folk Ancestro Sideral” (2013) e “Bastardüs” (2017). La grande novità di quest’ultimo lavoro è l’introduzione di un nuovo membro, il cantante Rubén Ezquerro, il quale compare in sette brani cantati e si fa da parte nei cinque strumentali. Il sound della band gioca sulla contrapposizione di strumenti tradizionali alla melodia e contemporanei nella sezione ritmica, dove la batteria di Jorge Garrido prende le redini per quanto concerne il ritmo mentre la chitarra elettrica di Francisco González crea un tappeto sonoro con un abile gioco di effetti. Tra i fiati, nelle mani sapienti di Ignacio Benito, sentiamo due tipologie di flauto, la cornamusa e l’alboka basco, Rafael Martín alterna invece tra la ghironda e la nyckelharpa. Il risultato di questi accostamenti è decisamente originale, una rivisitazione creativa di brani tradizionali in chiave moderna. Se da una parte la semplicità melodica, da aspettarsi quando si lavora col folk tradizionale, crea occasioni di ridondanza, la verticalità timbrica, derivata dalla vasta gamma strumentale, rende gli arrangiamenti accattivanti e mai noiosi. Questa è forse la più grande qualità della band: ricollocare brevi melodie e motivi tradizionali in un contesto contemporaneo, col duplice vantaggio di preservare un patrimonio storico culturale senza rinunciare ad un’interpretazione creativa e personale. Il disco contiene molti brani in 5/8 e 7/8, tempi molto utilizzati nel folklore della zona, appartenenti alla famiglia dei ritmi aksak, dove celle rimiche semplici di 2 o 3 si alternano regolarmente a creare una pulsazione dispari (per esempio, il 5/8 può essere presentato come 2+3 o come 3+2, il 7/8 come 3+2+2 o 2+2+3). Le danze di Burgos o le charradas di Salamanca sono alcune delle danze che utilizzano ritmi quinari, mentre brani per cornamusa nella provincia di Zamora sono spesso divisi in 7. La natura dispari di questa musica la rende particolarmente accattivante e la contraddistingue dalla stereotipica immagine del folk europeo in 3 o in 4. Il disco si apre proprio con uno di questi ritmi quinari in “El cantarero”, dove la voce si snoda in un leggero rubato su un tappeto strumentale introdotto dalle percussioni. Nelle sezioni strumentali le dinamiche impennano con l’ingresso dei tamburi e di una melodia minore suonata all’unisono. “Ruedas de Burgos y Soria” si sviluppa sulla stessa struttura ritmica, ma presenta caratteri decisamente più epico-drammatici. Particolarmente interessante la scelta degli effetti di chitarra in questo brano, dove l’octaver e il delay regalano reminiscenze organistiche. “Lamento de almas”, in 7/4, e “Danzas de Mansilla” in 7/8, il primo cantato e il secondo strumentale, sono invece due rappresentanti dei ritmi in 7 menzionati sopra. L’anima rock si fa più forte in “Las escardadoras”, complice sicuramente la melodia vocale minore, preceduta da un’introduzione strumentale dove il tema della ghironda è accompagnato da una batteria pesante e da una chitarra distorta. Ma la punta di diamante è “Entrante Alboguero”, uno strumentale in tonalità minore che funziona particolarmente bene con l’accompagnamento moderno. Il brano è composto da Miguel Nava, che compare come ospite suonando l’albogue. Il lavoro della band Tündra è ottimo, soprattutto per l’impegno verso la preservazione e l’efficacia degli arrangiamenti. L’esperienza dei lavori precedenti ha decisamente consolidato il quartetto strumentale, che si mostra solido, capace e creativo nell’interpretazione delle melodie e degli accompagnamenti. Il punto debole, se dobbiamo per forza trovarlo, è probabilmente la voce. Non certo per inabilità, sia chiaro, ma il background strumentale del complesso si fa sentire e ci lascia intendere che il quintetto deve ancora trovare la propria identità sonora con la nuova formazione. I momenti più efficaci sono infatti quelli strumentali: a quelli vocali, seppur piacevoli, manca ancora quella sicurezza che la band dimostra quando non è capitanata dal cantante. “Voces del Desarraigo” è comunque un buon disco, intraprendente, originale e decisamente degno di attenzione. 


Edoardo Marcarini

Posta un commento

Nuova Vecchia