Eoghan Ó Ceannabháin and Ultan O’Brien – Solas an Lae (Watercolour Music 2020)

Eoghan Ó Ceannabháin e Ultan O’Brien sono due dublinesi con relazioni musicali, rispettivamente, nel Connemara e nella contea di Clare. Insieme hanno suonato negli Skipper’s Alley. Il primo proviene da una famiglia di cantanti dello stile sean-nós (il Connemara è una roccaforte di questa forma di canto a capella caratterizzato da melismi, variazioni di intervalli e di portamento ritmico). suona pure flauto e harmonium ed è un attivista del partito People Before Profit; il secondo, di formazione classica, imbraccia violino e viola, è uno strumentista sperimentatore, impegnato in diversi progetti musicali (Slow Moving Clouds, Tulca e altro ancora) e ha ricevuto un riconoscimento come compositore emergente dal Contemporary Music Centre Irlandese. In più, il produttore Nick Turner contribuisce con suoni ambientali e droni in questo debutto della coppia intitolato “Solas an Lae” (“La Luce del Giorno”), registrato nelle Highlands di Scozia, mentre partecipavano al progetto gaelico mannese-scoto-irlandese Aon Teanga (Una Lingua). “Mo Mhúirnín, We’ll go Far Away” è un ottimo biglietto da visita di questo album del duo in cui il violino raddoppia il canto di Ó Ceannabháin nel riadattamento della poesia di Pádraic Colum “The Beggar’s Child”. Come spiegano i musicisti nel booklet: “La voce umana e il suono sono a volte pensati come cugini musicali. “Solas an Lae” è un’esplorazione di questa relazioneuno sforzo per far rimbalzare canzoni e corde l’una sull’altra per vedere cosa potrebbe emergere”. Presto detto, perché il tradizionale “An Sceilpín Draighneach” è un’altra notevole combinazione voce-strumento. Il brano proviene dal repertorio di Colm Ó Caoidháin (cantante e storyteller) di Glinsce, conosciuto e registrato da Séamus Ennis. Intro di viola solitaria, con l’ingresso della voce di Ó Ceannabháin, O’Brien provvede ad accompagnare, contrappuntare o fornire un bordone di appoggio alle decorazioni del canto, segue un break strumentale (flauto e viola) prima del rientro della voce accompagnata dalle ornamentazioni strumentali della viola che agisce da seconda voce. Droni ed effetti elettronici si uniscono in “Tá na Páipéir Dhá Shaighneáil”, uno dei motivi più toccanti del lavoro, ambientato nel XIX secolo: la storia della partenza e separazione di un soldato dall’amata. Sotto il titolo “Spikey Flynn”, invece, è raccolta una coppia di tunes (“Spike Island lasses/ Bridget Flynn”). Il disco prosegue con “Òran A’ Cheannaiche”, in cui la viola di O’Brien è grande protagonista: si tratta di un adattamento strumentale di una song del repertorio della cantante scozzese Mary Ann Kennedy che sfocia nel tema “Caisleán an Óir” (scritta da Junior Crehan). La successiva “All Our Lonely Ghosts” è musicata da Eoghan Ó Ceannabháin su liriche dello stesso Eoghan e di Ciarán O’Rourke. È la canzone più drammatica dell’album, che esalta la tessitura vocale del cantante, mentre la viola produce frasi minimali, zigzaganti e spettrali, agendo da seconda voce “piangente” in questo canto di denuncia. Difatti, “i fantasmi solitari” non sono soltanto donne e bambini e quanti altri non hanno avuto voce nel passato a causa delle istituzioni totali dirette dalla pervasiva chiesa cattolica, ma sono anche i diseredati di oggi che pagano le politiche neoliberiste dell’Irlanda contemporanea. Il medley “Máirseáil na Sióg/Johnny from Grandsey/Rip the Calico” offre un’eccellente prova di lilting (canto di sillabe convenzionali non sense a mo’ di strumento) contemporaneo combinato con il timbro scuro della viola. In “Bríd Ní Ghaora” – canzone che Eoghan ha appreso da suo padre – il canto si poggia su un ostinato di corde pizzicate. La successiva composizione “Cúirt Bhaile Nua”, canzone su un amore non corrisposto, proviene dal repertorio della cantante Treasa Ní Mhiolláin. Qui la viola fornisce un’errabonda linea melodica sulle ornamentazioni vocali, mentre l’harmonium apre squarci sonori inusitati: una meraviglia, che sfocia in “My Brother Tom”, un jig dove si ripropone il gioco esemplare tra lilting e archetto. Il duo chiude con “The Light of the Day”, episodio costruito sull’uso di dissonanze e sulla continua tensione tra voce e strumento. Disco da non perdere, che potete trovare su Bandcamp


Ciro De Rosa

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