Café Türk – Café Türk (Zel Zele, 2020)

Tornano gli anni ’80. Un po’ li riconoscerete subito, un po’, forse, non saranno di immediata lettura. In quindici brani, questa raccolta ripercorre la storia del gruppo turco-svizzero Café Türk. Sette anni, fra l’83 e il ’90 fra Schaffhausen e Kars, attraversando Anatolia, Caucaso e scenari urbani europei. Un disco da annoverare fra le innumerevoli scorribande sonore dei Grup Ses, qui in collaborazione con il fondatore dei Café Türk, Metin Demiral, cresciuto a Kars - nella parte nordorientale della Turchia, all’incrocio di genti e lingue azere, curde, russe – e poi trasferitosi in Svizzera. Nel 1984 Metin Demiral vinse un concorso aperto ai gruppi “turchi” residenti in altri paesi europei, lanciato dall’etichetta tedesca Türküola (quella di Cem Karaca, Selda Bağcan, Barış Manço…). Fu l’occasione per mettere insieme i Café Türk e dar vita ad un album con registrazioni realizzate fra il 1983 e il 1985 a Zurigo e Schaffhausen negli studi Line In, Sound Concept e Picar. L’album di debutto, “Pizza Funghi”, mostra influenze new wave, disco, reggae, turche ed azere. Ed è stato motivo di litigio con l’etichetta: Metin Demiral preferì rifiutare la distribuzione Türküola, stampò autonomamente mille copie che distribuì con la sua Sound Concept recandosi da solo nei negozi di dischi fin su a Berlino. Il porta-a-porta funzionò e da Norimberga li invitarono a suonare per il sindacato locale, in buona parte formato da lavoratori immigrati dalla Turchia. I cinque anni successivi continuarono i tour in tutta Europa, nei festival, ma anche accanto ai lavoratori e alle comunità di immigrati. Diversa (s)fortuna ebbe il disco in Turchia, dove non venne mai messo in onda dalla TRT, la radio nazionale, avversa a brani che mescolassero musiche “turche” e musiche “occidentali”. Da “Pizza Funghi” questa nuova raccolta ha selezionato cinque energetici brani: “Şamil”, “Kaç Kaç”, “Kimin İçin”, “Yalvarış” e la funkettara “Haydi Yallah” che apre la scaletta. È questo anche il primo brano cui collaborò il pianista e vibrafonista Stefan Tevfik Bittlinger. “Zeynep” e “Ali Baba from Istanbul” testimoniano il sette pollici inciso nel 1987, e della seconda viene offerta in chiusura di scaletta anche un’inedita incisione solo strumentale. Sono brani ben diversi che mostrano le polarità che caratterizzano l’attività del gruppo: da una parte l’esplorazione acustica delle ballate e degli andamenti ritmico-melodici turchi (“Zeynep”); dall’altra un rock attento agli impasti timbrici e alla profondità dei contributi percussivi che fanno da controcanto alla voce solista e ai cori in tedesco. Tre i brani selezionati dall’ultimo album, “Giriş Serbest”, del 1989: “Üzüm”, “Ali Baba” e “Outro”. Qui gioca un ruolo chiave la tradizione azera e la curiosità di Metin Demiral che da Kars aveva avuto la possibilità di ascoltare la radio azera trasmessa dalle stazioni che allora si trovavano in Unione Sovietica. Una memoria sedimentata nel tempo e rispolverata proprio in chiusura della parabola creativa del gruppo, dopo cinque anni abbondanti di concerti. I tre brani da “Giriş Serbest” mostrano facce ben diverse dei Café Türk: rilassati, plurilingue e sperimentali in “Outro”, epici e narrativi con “Ali Baba” (con l’alternanza di segmenti quasi parlati e melodiose risposte corali che è una delle loro cifre stilistiche), fulminanti in “Üzüm”, tempo sostenuto, stacchi, idee assortite, cambi di passo timbrici e strumentali. Ma la raccolta è anche interessante e divertente grazie agli inediti: “Yıldızlar”, che non era mai stata pubblicata, pur incarnando a meraviglia la personale vena new wave del gruppo; e tre versioni che vennero scartate di brani poi ri-registrati per l’album di debutto, “Şöyledir”, “Baycan”, e un’ottima “Şamil”, acida traccia strumentale in cui brilla alle percussioni nientemeno che Burhan Öcal – e con lui sono tutti da scoprire la quindicina di musicisti presenti in questo disco. 


Alessio Surian

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