Akutuk – Akutuk Sessions part 1 (Autoproduzione, 2020)

L’Akutuk viene dal Camerun ed è praticata esclusivamente dalle donne che, in gruppo, suonano percussivamente con le mani l’acqua del fiume ricavandone suoni a tre diverse altezze. Da alcuni anni, Loïs Zongo, ha ripreso questa pratica tanto a Parigi dove vive parte dell’anno, che in Camerun, dove è nata e dove torna regolarmente. “Sono nata nell’Akutuk, non ricordo un momento preciso in cui io abbia scelto di diventare artista. Ricordo quando ho deciso di insegnarlo fuori dalla famiglia. Fino ad allora, per me, si era trattato di una pratica familiare. Mi trovavo in Guadalupe e mi sentivo triste perché non potevo praticare l’Akutuk. Il solo modo di star meglio era entrare nell’acqua e suonare. A casa mia la musica accompagna tutte le attività della vita quotidiana. Nella mia famiglia di pescatori pagaiamo cantando. Quando coltiviamo e raccogliamo cantiamo. Cantiamo la nascita, il matrimonio, la morte”. L’Akutuk, in particolare, praticato nel fiume diventa metafora della vita: parte dalla sorgente e va verso l’oceano. Alla nascita ci si trova da una parte del fiume (“yom”), il luogo dove gli umani si ritrovano per scambiarsi racconti. Non sempre si comunica parlando, anche gesti e segni comunicano, per scambiarsi esperienze, per affrontare insieme gli eventi, per respirare insieme. Morire equivale a ri-attraversare il fiume per giungere dalla parte dei saggi (“bayom”), il luogo dove c’è piena coscienza della vita, dopo aver reso l’ultimo respiro. “Nell’acqua, il movimento parla della materializzazione del nostro pensiero e delle nostre azioni nel tempo e nello spazio, dalla sorgente alla foce, da una sponda all’altra. Ma anche nelle direzioni dall’interno del nostro corpo, dal presente - che prende dal passato - per manifestarsi nel futuro”. Suonare insieme nell’acqua del fiume diviene un momento per praticare l’ascolto ed esprimere gratitudine nei confronti della natura (“Akiba”), “L’ascolto riguarda soprattutto la precisione del movimento e come la percepiamo interiormente. Nelle poliritmie è fondamentale ascoltare le altre. Penso questa sia un’idea condivisa con mia madre. Quando ero piccola, se intendeva farci riascoltare qualcosa, ci chiedeva ‘hai sentito?’, ma quando si trattava di Akutuk domandava ‘avete percepito?’". In Italia abbiamo avuto un parziale assaggio di quest’arte durante “Bari in Jazz” a luglio 2019, sia con il duo che ha visto dialogare Loïs Zongo e Gaetano Partipilo, sia con lo spettacolo “Tempo d’eau”, in collaborazione con Binda Ngazolo dove Loïs Zongo e Odile Barlier uniscono alle percussioni acquatiche e alla loro voce anche flauti d'acqua. E poi nei seminari tenuti nel 2019 e nel 2020 da Loïs Zongo a Ca’ Roman (Venezia) e ad Abano. Ora quest’arte viene per la prima volta condivisa attraverso un EP registrato nelle foreste del Camerun meridionale a gennaio 2019 da Loïs Zongo insieme alla madre, Akomo Marie-Marthe, e alla cugina, Atem Marie-Thérèse. Cinque brani testimoniano forme di espressione rituali ed iniziatiche che restituiscono l’acqua del fiume come vero e proprio tamburo con le sue diverse altezze e specificità timbriche, sapientemente intersecate attraverso poliritmie e cambi di tempo. Alle percussioni acquatiche si accompagnano le voci che si chiamano una con l’altra ed esprimono nei versi il senso del suonare e cantare insieme: “Le suffle que t’anime c’est le souffle que m’anime, nous sommes les meme”, il respiro che ti anima è il respiro che anima anche me, siamo lo stesso respiro. 


Alessio Surian

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